"Le cose che restano": presentata la collana di racconti di Lorenza Rodio

Nel 2009 aveva già dato alle stampe la raccolta di poesie "L’amore va oltre" e il romanzo "Il fiore della passione" insignito del Premio “Autori italiani 2009”.  In questo inizio di anno nuovo ci ha deliziato di una collana di racconti "Le cose che restano",  per la Casa Editrice di Castellana Grotte dello scorso mese di novembre e presentata a Crotone, domenica 3 gennaio, presso la Sala Meeting del Best Western Hotel San Giorgio, durante un piacevole ed edificante incontro di conversazione coordinato da Pina Cimino, docente di Lingua e Letteratura straniere. Sto dicendo del pregevole lavoro, frutto di una proficua, intensa e coinvolgente gestazione durata tre anni, della giovane poetessa e scrittrice crotonese Lorenza Rodio. La sua formazione ha origini legate al mondo della poesia e molto giovanili e, come mi ha confidato in una conversazione del 1997, "ho sempre amato la poesia, ma quando ero a scuola mi colpivano maggiormente i poeti esclusi dai programmi scolastici, sono schiava dei versi passionali di Pablo Neruda". E "Le cose che restano" sono racconti scritti con l’anima e il linguaggio della poesia ispirati dall’emotività e dalla riflessione su qualsiasi evento della quotidianità o da un semplice elemento della natura. I racconti della Rodio sono davvero poesia sentita e vissuta come “fragilità di un petalo, /fortunato e superstite,/ di un’adolescenza/ che da lontano mi saluta.”  Così “le cose che restano possiedono nuova vita e magicamente si moltiplicano. Non hanno colori netti ma sfumature, sono i trucioli più che la scultura stessa, sono i particolari più che gli accadimenti narrati. Sono la sintesi di un percorso lungo una vita e quel preciso istante in cui si decide di prendere in mano la propria esistenza e conoscere gli altri, il mondo e la bellezza”, come la stessa Lorenza ci evidenzia in quarta di copertina. I suoi personaggi: Ilda, la sorella Marisa, Daria, Amalia, Anna, Agnese, Lucio, Tommaso, Manuel, Amir ed altri, protagonisti del lavoro editoriale, interpretano “gli altri, il mondo e la bellezza”attraverso continue emozioni, simbologie e metafore, a volte con prosa scherzosa, spumeggiante e scanzonata, storie bene orchestrate ed ambientate e con impalcatura coinvolgente. Ed ancora. Tra i protagonisti spicca la bella e serena figura di nonno Anselmo del racconto “Isabì” il quale colloquia con semplicità di maniere ed espressioni con la nipotina Isabella, appunto Isabì. La conversazione tra le due generazioni verte sulla questione femminile, sul ruolo delle donne nella società, oggetto di un tema da svolgere a scuola, che il nonno tratta non sulla “straordinarietà” come vorrebbero certi canoni scolastici e non solo, ma sulla "ordinarietà" delle sue donne: la mamma e  la moglie Adele le quali con poco pane e tanto sudore hanno costruito il benessere della famiglia. Altro che donne straordinarie la cui storia magari è da ricercare sulle fredde pagine di Internet. Inoltre, Padre Ernesto del racconto "Simulacri" ispirato da un articolo del direttore responsabile de ilredattore.it, Bruno Vellone, apparso sul Quotidiano della Calabria nel 2014 che riferisce della vicenda umana e religiosa del portoghese fra’ Paolo, "chiamato" in Certosa a Serra San Bruno, vecchio campione di calcio nello Sporting di Lisbona e amico-rivale del mitico Eusebio, del Benfica. Padre Ernesto, così pacioccone, tutto bontà e sorriso,  è amato e apprezzato dai moltissimi suoi fedeli perché affollano “le sue celebrazioni e i giovani lo vanno a trovare per un confronto, un consiglio, uno scappellotto, un sorriso ve infonde speranza e qualche volta calcio al pallone” ma… ma è oggetto di invidie e però lui "tace e agisce, ormai". Sono esperienze – diario di vita, attraverso le quali si continua la profonda ricerca, anche filologica, d’identità che attraverso un dettato incisivo e non formale, acquisisce una grazia squisitamente femminile per lasciare intravedere uno spirito pieno di luce nell’attesa di un segno carico di speranza nel senso di tendere verso. Non siamo di fronte ad espressioni estemporanee, ma a pagine legate l’una all’altra da motivi sottintesi che bisogna scoprire fra le righe in quanto fra esse c’è il dono di una speranzosa unità. È un itinerario poetico e umano non ribelle, ma di donna giovane e del nostro tempo, ferma ai suoi convincimenti ed in cerca di qualcosa di duraturo che possa resistere allo sfacelo. Ovviamente è un itinerario non ammantato di troppo ermetismo o barocchismo, come fanno spesso molti poeti e scrittori dei nostri tempi, ma di un linguaggio libero da fronzoli che va diritto al cuore del lettore comune. Esprimendosi in forma moderna, attuale, la nostra Autrice giunge all’animo dell’uomo comune che lo comprende e resta conquistato dalle immagini, dai pensieri chiari, appassionati, densi di emotività. È un diario col quale la nostra scrittrice avverte la sacralità della vita e la pienezza del dono, recupera la sua voce per farsi testimone responsabile di un ampio processo di ricerca e di restauro. Insomma, leggendo qua e là attraverso gli undici racconti, la Rodio annuncia la sua verità e testimonia di un mondo che forse cambia, ma che, in fondo, rimane vivo in un processo di un dramma esistenziale che è quello del nostro tempo difficile.

 

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“Le cose che restano”: domenica la presentazione del libro di Lorenza Rodio

“Le cose che restano possiedono nuova vita e magicamente si moltiplicano. Non hanno colori netti ma sfumature, sono i trucioli più che la scultura stessa, sono i particolari più che gli accadimenti narrati. Sono la sintesi di un percorso lungo una vita e quel preciso istante in cui si decide di prendere in mano la propria esistenza e conoscere gli altri, il mondo e la bellezza”. È questo il senso del libro “Le cose che restano” che sarà presentato domenica 3 gennaio, alle 18, presso il Best Western Hotel San Giorgio di Crotone. All’evento sarà presente l’autrice Lorenza Rodio che fornirà ulteriori dettagli sul contenuto del volume.

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