Davoli, sopralluogo di Tansi sui luoghi dell'alluvione

Sopralluogo del capo della protezione civile regionale, Carlo Tansi, oggi a Davoli, sui luoghi dell'alluvione del 6 ottobre scorso.

Accompagnato dal sindaco, Giuseppe Papaleo, Tansi ha voluto verificare personalmente il disastro provocato dall'esondazione del torrente “Roella”.

Una fiumara apparentemente innocua cui è bastata una notte di intensi temporali per mettere in ginocchio un intero quartiere. Case allagate, scantinati invasi dal fango, mobilia ed elettrodomestici distrutti o inutilizzabili, cancelli divelti, finestre sfondate: questo lo scenario che ancora oggi si presenta nel centro jonico, dove i cittadini e l'amministrazione comunale adesso sono alle prese con la conta dei danni.

Una residente, in lacrime, ha raccontato i momenti drammatici vissuti la notte dell'alluvione, chiedendo interventi immediati a sostegno della popolazione locale.

Carlo Tansi ha ribadito la sua posizione sul tema della prevenzione: “Noi interveniamo nell'emergenza, ma non ci sarebbe emergenza se gli enti preposti agissero con responsabilità”. Non crede, dunque, alle teorie delle “bombe d'acqua” o della “fatalità” il capo delle protezione civile regionale, secondo cui “bisogna darsi da fare prima del danno”. C'è poi da “semplificare e annullare la confusione sulle competenze, a cominciare da chi deve avere compiti specifici sulla pulizia degli alvei fluviali”.

Un tema particolarmente “caldo” a Davoli, proprio perché il sindaco già in estate aveva sollecitato un intervento della Regione sul torrente “Roella”, invaso da arbusti e canneti. Intervento successivamente programmato da “Calabria Verde”, dopo continui solleciti, per la fine di ottobre. Evidentemente, troppo tardi.

Tansi ha elogiato l'operato del sindaco Papaleo per quanto ha fatto sia durante la notte dell'alluvione che nei giorni seguenti e ha invitato i cittadini a predisporre tutta la documentazione necessaria per richiedere il rimborso dei danni subiti. 

Filogaso: l'alluvione del 1951 e la rivolta dell'acqua

Una foto in bianco e nero un pò sgualcita ed incartapecorita per il  passare degli anni, presa dal fornito archivio  dell’ing. Teti per la pubblicazione del libro sulla storia di Filogaso, rievoca un episodio importante, simile a  quello della rivolta e dell’incendio del municipio e del ritrovamento delle monete romane, caduto in oblio o quasi rimosso dalla memoria collettiva.

Nella foto si vedono alcune donne, che portano in testa su un pezzo di stoffa avvolto a mo’ di corona un capiente recipiente  in coccio  “a cortara” , ferme dinanzi ad un’autobotte dei vigili del fuoco arrivata da Vibo Valentia, in attesa di approvvigionarsi d’acqua. Apparentemente sembrano in paziente attesa del loro turno, in realtà, capeggiate dalla donna (in primo piano nella foto insieme ad un vigile del fuoco) (individuata come la mamma della signora Marietta Nano) protestano perché i rifornimenti sono scarsi ed insufficienti per le provviste familiari.

La protesta, che durò per molto tempo fino a quando le autorità preposte non si decisero ad inviare scorte d’acqua sufficienti per l’intera popolazione, ebbe una vasta eco perché a ribellarsi per la prima volta erano delle donne decise e determinate a far valere le loro ragioni in un paese in cui il ruolo femminile era relegato prevalentemente allo svolgimento dei lavori domestici.

L’episodio della protesta risale a ottobre del 1951.Quell’anno c’era stata prima l’alluvione in Polesine e poi in Calabria, dove furono colpiti 67 comuni, tra cui Filogaso.

La pioggia in quei giorni  fu cosi abbondante e copiosa che fece tracimare tutti gli argini dei fiumi , devastò intere zone abitate, le strade e le ferrovie erano impercorribili. Segui un dissesto idrogeologico che costrinse intere popolazioni ad abbandonare i loro centri abitati.

Filogaso, in quel periodo, non era dotato dei servizi primari principali quali strade, luce, rete fognaria. Era stata realizzata da poco dall’amministrazione Gallippi ( sindaco dal 1948-1951) la rete idrica. La condotta di adduzione principale veniva dalla vicina montagna, attraversava il fiume “Fellà” e giungeva fino al serbatoio di distribuzione ubicato in contrada “Pagliocastro”. Dal serbatoio si dipartiva la condotta di distribuzione che arrivava in paese dove erano state realizzate lungo le strade principali delle fontane pubbliche e degli abbeveratoi per gli animali.

L’alluvione provocò gravi danni alle già precarie strutture esistenti. Molte abitazioni furono evacuate, le strade, non asfaltate, per l’abbondante pioggia, divennero delle pozzanghere impraticabili, il fiume “Fella” aveva tracimato e divelto in più punti la condotta d’ adduzione dell’acquedotto appena costruito, lasciando l’intera popolazione senz’acqua. Le sorgenti  vicine al paese che alimentavano le fontane “Calè “e “ Zufrò “,  un tempo utilizzate dai cittadini per rifornirsi d’acqua, erano irraggiungibili e l’unico approvvigionamento era dato dal servizio di autobotte dei vigili del fuoco di Vibo Valentia. Il servizio insufficiente dei soccorsi esacerbò l’animo, già esasperato per le precarie condizioni di vita, per i disagi e per i danni provocati dall’alluvione. In tale contesto le donne diedero vita a quella protesta così eclatante.

 

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Serra San Bruno e l'alluvione del 21 novembre 1935

Il 21 novembre 1935 sembra un giovedì come tanti altri. Il cielo è un po’ grigio, all’orizzonte si staglia qualche nuvola nera carica di pioggia, ma tutto sembra rientrare nella normalità.I Serresi sono presi dalle loro faccende, la preoccupazione tutt’al più è rivolta altrove.

Da più di un mese e mezzo, infatti, l’Italia ha dichiarato guerra al Negus. In Abissinia, a riscattare l’onta di Adua, ci sono molti fanti calabresi. A Serra quindi, non ci si cura molto delle condizioni climatiche. Non c’é, ancora, l’allerta meteo e la pioggia, in fondo, non fa paura. Ogni cosa procede secondo un preciso ordine. Uomini e donne sono alle prese con le loro occupazioni.

Nessuno immagina che quel 21 novembre è destinato ad entrare negli annali, come il giorno del “Dilluvioni”, ovvero qualcosa di più di una normale alluvione.

La giornata sembra, ormai, instradata sul binario della consueta normalità quando, verso le 16, le nubi iniziano a farsi minacciose. Sta per arrivare la pioggia, ma a Serra non è certo una notizia. Nessuno ci bada più di tanto. Verso le 17, inizia la salva di tuoni e fulmini che sembrano voler squarciare il cielo.

Intanto, con il buio è arrivata anche la pioggia la cui intensità inizialmente non lascia presagire cosa sta per accadere. All’improvviso, però, arriva quella che oggi definiremmo una bomba d’acqua. In poche ore cadono 509 mm di pioggia. Chi si trova per strada cerca scampo dove può, nella speranza si tratti di un normale temporale.

Ma quel giorno, di normale non ha proprio nulla. La furia della pioggia e del vento sono tali che iniziano a cadere gli alberi, qualcuno finisce nell’Ancinale. Nei punti in cui l’argine è più stretto, complice la presenza di qualche ponte, i tronchi si mettono di traverso e creano un effetto diga.

Il fiume tracima ed inizia ad invadere il centro abitato. Le zone più esposte sono le botteghe artigiane che sorgono sul Garusi e la zona abitata che sorge su corso Umberto I, attorno alle chiese Matrice ed Addolorata.

Il livello dell’acqua sale rapidamente, chi non ha fatto in tempo a scappare cerca scampo sui tetti. Le donne recitano il Rosario, gli uomini non credo ai loro occhi. Nessuno ricorda niente del genere. Dai tetti delle case che si affacciano attorno al Monumento lo spettacolo è desolante. Tutto è stato travolto e sommerso.

Corso Umberto I ha le sembianze di un lago. Le ore passano, la situazione non migliora. A molti sembra di trovarsi davanti ad una riedizione del diluvio universale. A rendere l’atmosfera ancora più lugubre, le tenebre che avvolgono il paese dopo che l’acqua ha trascinato via i pali della luce e della rete elettrica.

Verso la 22, sembra essere arrivato il miracolo che tutti hanno invocato, la pioggia cala d’intensità e le acque iniziano a defluire. Il tappo, di alberi e terra, che ha ostruito l’Ancinale è saltato.

Ciò che per Serra rappresenta la salvezza, per altri è l’inizio della tragedia. I paesi situati a valle del fiume vengono, infatti, travolti dall’onda d’acqua. A Spadola il ponte che collega a Brognaturo viene abbattuto. Le conseguenze più disastrose le subisce Cardinale, dove la parte bassa dell’abitato viene trascinata via insieme a 44 persone.

Passata la piena, i serresi scendono dai tetti. L’entità del disastro, però, sarà chiara solo alle prime luci dell’alba, quando gli effetti devastanti della tragedia saranno visibili nella loro interezza. I danni materiali sono ingentissimi. L’acqua, il cui livello ha raggiunto i due metri d’altezza, ha trascinato con sé ogni cosa. Strade e case sono invase da fango e detriti.  Il cumulo di terra e sabbia, in alcuni punti, supera i tre metri.

Ma non è tutto. Alla disperazione di chi ha perso soldi e beni, in alcuni casi una vera e propria fortuna, si unisce il dramma di chi ha perso la vita. La pioggia non ha fatto distinzioni di età, sesso o condizione sociale. L’acqua ha trascinato tutto ciò che ha incontrato sul proprio cammino, compresa la vita di 18 persone.

Nella giornata del 22 verranno recuperati i primi 8 corpi, 5 uomini e 3 donne. Per gli altri dieci bisognerà aspettare i giorni successivi.

Tra le vittime della tragedia, il più anziano è un vegliardo, Giuseppe Muzzì che probabilmente, raggiunta la veneranda età di 88 anni, non si sarebbe mai aspettato di dover morire in quel modo.

I devastanti effetti dell’alluvione trovano ospitalità sulle cronache nazionali. La Stampa di Torino, nell’edizione del 23 e del 24 novembre, riporta ciò che è accaduto segnalando Serra San Bruno tra i “comuni più danneggiati”.

A distanza di più di 80 anni, di quella tragedia rimane soltanto una lontana eco. Altrettanto sbiadito è il ricorso di quella canzone scritta, con il tipico spirito canzonatorio dei serresi che riescono a burlarsi anche delle sventure e della quale ricordiamo, solo alcuni versi: “Lu 21 di novembri vinna lu dilluvioni/ mu si leva d’arriedi la chiesa chidha massa d’imbroglioni”.

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Danni maltempo in Calabria: Protezione Civile commenta stanziamento di quasi 12 milioni di euro

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 3 marzo scorso, ha dichiarato lo stato di emergenza, relativamente agli eventi meteorologici eccezionali che nei giorni dal 30 ottobre al 2 novembre 2015 hanno colpito il territorio delle Province di Catanzaro, di Cosenza e di Reggio Calabria, ed in particolare l’intero territorio del comprensorio della Locride, provocando una drammatica alluvione che, purtroppo, ha provocato danni ingenti (completamente distrutte e interrotte la ferrovia Jonica e la Strada Statale 106). Sono 11.800.000,00 euro gli stanziamenti concessi. L’intero fabbisogno economico quantificato! "E’ la prova – ha detto il Responsabile dell’Uoa "Protezione civile" regionale Carlo Tansi – della condivisione e dell’apprezzamento del Dipartimento di Protezione Civile Nazionale del lavoro di ricognizione e valutazione tecnica svolto. E’ bene precisare, anche per evitare ingiustificate aspettative, alimentate in passato da scriteriate interpretazioni dei dispositivi commissariali, che i fondi stanziati per il superamento dell'emergenza sono esclusivamente finalizzati alla copertura di: interventi realizzati dagli enti locali nella fase di prima emergenza rivolti a rimuovere le situazioni di rischio, ad assicurare l'indispensabile assistenza e ricovero delle popolazioni colpite dai predetti eventi calamitosi; attività poste in essere, anche in termini di somma urgenza, inerenti alla messa in sicurezza delle aree interessate dagli eventi calamitosi; interventi urgenti volti ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose”. Tenendo ben presenti tali stringenti condizioni, nella fase immediatamente successiva agli eventi alluvionali, la protezione Civile regionale ha avviato una dettagliata e minuziosa attività di ricognizione tecnica, in collaborazione con l’Autorità di Bacino Regionale, i Centri di Competenza CAMILAB-Unical e CNR IRPI, nonché con tutti gli enti locali coinvolti. I severi eventi alluvionali della Locride, paragonabili per intensità alle grandi alluvioni che hanno interessato la provincia di Reggio Calabria negli anni 1951 e 1953, e che, purtroppo, provocarono decine di morti e dispersi, hanno rappresentato un duro banco di prova per il quale oggi possiamo dire di essere riusciti a dare risposte adeguate. A testimonianza di quanto affermato rileviamo le attestazioni di apprezzamento e stima di numerosi sindaci del comprensorio della Locride. Al riguardo – comunica il Dipartimento della Protezione civile regionale - si è svolta a Staiti , lo scorso ventinove febbraio, la cerimonia di consegna degli attestati di benemerenza alle istituzioni ed alle persone che hanno supportato l’Amministrazione durante i drammatici eventi alluvionali del 29-30 ottobre e 1-2 novembre 2015. In tale circostanza il Sindaco ha voluto evidenziare in modo particolare il prezioso ruolo svolto dalla Protezione Civile Regionale e di tutti i suoi tecnici ed operatori che durante l’emergenza hanno affiancato e supportato la struttura comunale prestando soccorso alla popolazione e facendo tutto quanto possibile per fronteggiare la calamità in atto. Consapevoli di aver fatto esclusivamente il nostro dovere, non possiamo che essere particolarmente compiaciuti di tali manifestazioni di consenso che ci confortano e ci danno la misura della valenza del nuovo modello organizzativo della Protezione Civile Regionale che, tra mille difficoltà e non poche resistenze, stiamo cercando di proporre. Una Protezione Civile snella ed efficiente, con tecnici ed operatori qualificati in grado di attivarsi prontamente in caso di emergenza e fornire tutto il supporto necessario agli Enti locali coinvolti". "A riprova di ciò – ha aggiunto Tansi - riteniamo opportuno, inoltre, informare che, in un incontro ufficiale tenutosi a Roma lo scorso diciassette febbraio, abbiamo illustrato al Capo Dipartimento Nazionale, Fabrizio Curcio, il processo di profonda riorganizzazione della Protezione Civile regionale avviato, ricevendo dallo stesso pieno apprezzamento e la garanzia di un sostanziale supporto. I risultati raggiunti, di cui diamo conto nella presente nota, ci stimolano a perseguire con ancora più forza gli ambiziosi obiettivi che ci siamo dati e, al tempo stesso, ci convincono della necessità improcrastinabile di continuare l’azione di riordino amministrativo e trasparenza già avviata da Ernesto Forte, Dirigente del Settore protezione Civile regionale fino al diciotto novembre scorso, e che oggi inizia a dare frutti tangibili". 

Serra: 80 anni fa l'alluvione del 21 novembre 1935

Il 21 novembre 1935 sembra un giovedì come tanti altri. Il cielo è un po’ grigio, all’orizzonte si staglia qualche nuvola nera carica di pioggia, ma tutto sembra rientrare nella normalità. I Serresi sono presi dalle loro faccende, la preoccupazione tutt’al più è rivolta altrove. Da più di un mese e mezzo, infatti, l’Italia ha dichiarato guerra al Negus. In Abissinia, a riscattare l’onta di Adua, ci sono molti fanti calabresi. A Serra quindi, non ci si cura molto delle condizioni climatiche. Non c’é, ancora, l’allerta meteo e la pioggia, in fondo, non fa paura. Ogni cosa procede secondo un preciso ordine. Uomini e donne sono alle prese con le loro occupazioni. Nessuno immagina che quel 21 novembre è destinato ad entrare negli annali, come il giorno del “Dilluvioni”, ovvero qualcosa di più di una semplice alluvione. La giornata sembra, ormai, instradata sul binario della consueta normalità quando, verso le 16, le nubi iniziano a farsi minacciose. Sta per arrivare la pioggia, ma a Serra non è certo una notizia. Nessuno ci bada più di tanto. Verso le 17, inizia la salva di tuoni e fulmini che sembrano voler squarciare il cielo. Intanto, con il buio è arrivata anche la pioggia la cui intensità inizialmente non lascia presagire cosa sta per accadere. All’improvviso, però, arriva quella che oggi definiremmo una bomba d’acqua. In poche ore cadono 509 mm di pioggia. Chi è per strada cerca scampo dove può, nella speranza si tratti di un normale temporale. Ma quel giorno, di normale non ha proprio nulla. La furia della pioggia e del vento sono tali che iniziano a cadere gli alberi, qualcuno finisce nell’Ancinale. Nei punti in cui l’argine è più stretto, complice la presenza di qualche ponte, i tronchi si mettono di traverso e creano un effetto diga. Il fiume tracima ed inizia ad invadere il centro abitato. Le zone più esposte sono le botteghe artigiane che sorgono sul Garusi e delle quali non rimarrà niente e la zona abitata che sorge su corso Umberto I, attorno alle chiese Matrice ed Addolorata. Il livello dell’acqua sale rapidamente, chi non ha fatto in tempo a scappare cerca scampo sui tetti. Le donne recitano il Rosario, gli uomini non credo ai loro occhi. Nessuno ricorda niente del genere. Dai tetti delle case che si affacciano attorno al Monumento lo spettacolo è desolante. Tutto è stato travolto e sommerso. Corso Umberto I ha le sembianze di un lago. Le ore passano, la situazione non migliora. A molti sembra di trovarsi davanti ad una riedizione del diluvio universale. A rendere l’atmosfera ancora più lugubre, le tenebre che avvolgono il paese dopo che l’acqua ha trascinato via i pali della luce e della rete elettrica. Verso la 22, sembra essere arrivato il miracolo che tutti hanno invocato, la pioggia cala d’intensità e le acque iniziano a defluire. Il tappo, di alberi e terra, che ha ostruito l’Ancinale è saltato. Ciò che per Serra rappresenta la salvezza, per altri è l’inizio della tragedia. I paesi situati a valle del fiume vengono, infatti, travolti dall’onda d’acqua. A Spadola il ponte che collega a Brognaturo viene abbattuto. Le conseguenze più disastrose le subisce Cardinale, dove la parte bassa dell’abitato viene trascinata via insieme a 44 persone. Passata la piena, i serresi scendono dai tetti. L’entità del disastro, però, sarà chiara solo alle prime luci dell’alba, quando gli effetti devastanti della tragedia saranno visibili nella loro interezza. I danni materiali sono ingentissimi. L’acqua, il cui livello ha raggiunto i 2 metri d’altezza, ha trascinato con sé ogni cosa. Strade e case sono invase da fango e detriti.  Il cumulo di terra e sabbia, in alcuni punti, supera i tre metri. Ma non è tutto. Alla disperazione di chi ha perso soldi e beni, in alcuni casi una vera e propria fortuna, si unisce il dramma di chi ha perso la vita. La pioggia non ha fatto distinzioni di età, sesso o condizione sociale. L’acqua ha trascinato tutto ciò che ha incontrato sul proprio cammino, compresa la vita di 18 persone. Nella giornata del 22 verranno recuperati i primi 8 corpi, 5 uomini e 3 donne. Per gli altri dieci bisognerà aspettare i giorni successivi. Tra le vittime della tragedia, il più anziano è un vegliardo, Giuseppe Muzzì che probabilmente, raggiunta la veneranda età di 88 anni, non si sarebbe mai aspettato di dover morire in quel modo. I devastanti effetti dell’alluvione trovano ospitalità sulle cronache nazionali. La Stampa di Torino, nell’edizione del 23 e del 24 novembre, riporta ciò che è accaduto segnalando Serra San Bruno tra i “comuni più danneggiati”. A distanza di 80 anni, di quella tragedia rimane soltanto una lontana eco. Altrettanto sbiadito è il ricorso di quella canzone scritta, con il tipico spirito canzonatorio dei serresi che riescono a burlarsi anche delle sventure e della quale ricordiamo, solo alcuni versi: “Lu 21 di novembri vinna lu dilluvioni/ mu si leva d’arriedi la chiesa chidha massa d’imbroglioni”.

Si ringrazia per la collaborazione il personale dell'Ufficio anagrafe del Comune di Serra San Bruno nelle persone di Marinella Carè ed Emilio Stingi

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Alluvione nel Reggino, Santelli sui luoghi del disastro: "Situazione di incredibile difficoltà"

"L'alluvione che nei giorni  scorsi ha messo in ginocchio la costa jonica Reggina, ci obbliga ad affrontare al di là di ogni colore politico e con estrema urgenza la situazione di incredibile difficoltà in cui versano i 42 Comuni interessati." Lo afferma Jole Santelli, coordinatore regionale di Forza Italia, che ha effettuato un sopralluogo nei territori maggiormente colpiti dall'alluvione dei giorni scorsi. "Mi sono recata nei territori coinvolti, dove ho avuto modo di constatare - ha detto la parlamentare 'azzurra' - l'incredibile lavoro che stanno portando avanti le squadre di emergenza e le forze dell'ordine, e sono sempre più convinta che la gravità della situazione debba essere affrontata nella più totale sinergia tra tutti i sindaci. E' necessario che si intervenga al più presto con una proposta unitaria che tenga conto nell'immediato non solo del ripristino delle principali infrastrutture coinvolte, ma anche e soprattutto per garantire ai territori su indicati di poter tornare a fruire di condizioni di mobilità, assistenza e servizi pienamente efficienti". Ciò che serve adesso, al di là delle appartenenze, è - secondo Jole Santelli - un impegno forte ed unitario della politica perché si possano individuare al più presto tutte le azioni e gli interventi possibili per dare risposte concrete perché oggi più di ieri dobbiamo sentirci soprattutto calabresi". 

 

Danni maltempo: Chievo Verona in Calabria per una partita di beneficenza

Venerdì prossimo il Chievo Verona scenderà in Calabria per disputare una partita di beneficenza a Rossano finalizzata alla raccolta di fondi per consentire al Comitato locale della Croce Rossa comprare una tenda di Posto medico avanzato ed offrire sostegno all'Associazione "Vincenzino Filippelli" che si occupa di pazienti affetti da tumore al sangue. Sfideranno una selezione mista Rossano-Corigliano, un segno tangibile di vicinanza dopo i pesantissimi danni prodotti dal maltempo devastante che a metà agosto ha colpito l'area jonica del Cosentino. 

Maltempo, Riccardo Mauro: "Situazione disastrosa in provincia di Reggio, lavoriamo senza sosta"

"Quello che è avvenuto nelle ultime ore sul territorio della Città Metropolitana è un vero e proprio disastro. Solo il grande lavoro della Protezione Civile, delle Forze dell'Ordine e degli altri volontari ha evitato che ci fossero altre vittime. Il mio pensiero va alla famiglia di Salvatore Comandè, l'uomo rimasto ucciso a Taurianova per l'esondazione di un torrente, e a tutti i cittadini che in queste ore stanno subendo gli effetti nefasti di questa ondata eccezionale di maltempo". E' quanto dichiara in Consigliere delegato alla Città Metropolitana del Comune di Reggio Calabria Riccardo Mauro. "La chiusura al traffico in più punti della Ss 106 jonica, l'interruzione della linea ferroviaria, i disagi sulle strade della piana di Gioia Tauro e nell'area dell'Aspromonte, sono fatti che ci mettono di fronte alle condizioni drammatiche in cui versa la nostra provincia sotto il profilo dei rischi idrogeologici, con tutte le responsabilità che ne conseguono rispetto ad una classe politica che in questi decenni si limitata ad arginare il problema senza mai affrontarlo seriamente" ha aggiunto il consigliere Mauro. "Adesso continuiamo a lavorare senza sosta - ha concluso Mauro - a stretto contatto con l'Unità di crisi della Prefettura, la Protezione Civile e le Forze dell'Ordine, per tenere sotto controllo la situazione e rispondere a tutte le criticità che man mano si presentano. Quando saranno definitivamente scongiurati ulteriori rischi per la sicurezza dei nostri concittadini valuteremo il necessario per ripristinare rapidamente i collegamenti in tutte le aree della Città Metropolitana e ragionare sui correttivi necessari ad evitare disastri simili in futuro". 

 

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