Il Corpo forestale sequestra una discarica abusiva nel Parco del Pollino

Gli uomini del Corpo forestale dello Stato di Morano Calabro, in collabborazione con i reparti di S.Agata, Grisolia e Saracena hanno posto sotto sequestro una discarica abusiva ubicata in località "Olivaro" del Comune di Orsomarso. Situata all'interno di un terreno boschivo ricadente nel perimetro del Parco del Pollino, la discarica in questione è composta da un ingente quantitativo di rifiuti indifferenziati smaltiti illecitamente dopo essere stati compattati e in parte triturati. In particolare, gli uomini del Corpo forestale hanno  rinvenuto "ingombranti, divani e mobilia in truciolare, plastica varia e un numero illimitato di buste piene, poliuretano espans,o ferrosi di vari tipi proveniente dalle strutture di materassi,  hard disk  , solidi urbani, radiatori per termoconvettori, copertoni, grucce per vestiti, tubi in pvc, tapparelle in plastica, metalli di varia natura e tipologia, rotoli di erba sintetica, materassi, passeggini, ed altri rifiuti non individuabili oltre a  numerose grucce in plastica". L'area di proprietà di Enel è stata, pertanto, sottoposta a sequestro. Al fine di risalire ai responsabili, gli investigatori stanno esaminando alcuni documenti rinvenuti tra i rifiuti

 

 

"Grave inquinamento di mare e fiumi, Calabria terra di nessuno"

"E’ disarmante il modo in cui la Regione sta fronteggiando il grave stato di inquinamento marino e delle foci dei torrenti, contrariamente alle rassicuranti dichiarazioni rilasciate dal presidente Oliverio non più tardi di qualche settimana addietro all’inserto di approfondimento di un grande quotidiano nazionale". Lo afferma in una nota il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Campanella, Alessandro Nicolò. "Gli inefficaci controlli sui pochissimi impianti di depurazione attivi sul territorio regionale e sulla sicurezza dei greti di fiumi e torrenti ormai diventati aree di scarico utilizzati da gente senza scrupoli che considera la Calabria 'terra di nessuno', gettano un’ombra sinistra non solo sulle prospettive del turismo, ma sulla stessa sicurezza sanitaria della nostra popolazione. Gli sforzi degli apparati dello Stato per prevenire l’aggressione dei nostri territori – prosegue ancora Alessandro Nicolò – necessitano quindi di un forte aiuto da parte delle istituzioni regionali e locali calabresi per fronteggiare il continuo attacco cui sono sottoposti aree di pregio di questa nostra regione. Interi comuni del Tirreno cosentino e della provincia di Reggio Calabria – ricorda Nicolò – sono come dentro un incubo a causa delle quotidiane segnalazioni di 'mare sporco' che puntualmente giungono dai cittadini e dai turisti, che testimoniano lo stallo di una situazione che si protrae da troppo tempo e senza soluzione di continuità. La Calabria, così, si allontanerà ulteriormente dai 'desiderata' dei vacanzieri, sempre di meno, a causa del ripetersi di situazioni negative sotto il profilo ambientale come se si trattasse di un inevitabile destino cinico e baro che rema contro di noi. Sappiamo invece – evidenzia Alessandro Nicolò - che non di questo si tratta e che il fato c’entra poco in una situazione tutta umana, ovvero, risolvibile nella misura in cui si avvieranno le dovute e necessarie iniziative politico-amministrative  per dire basta, una volta e per sempre, a chi inquina e distrugge la nostra terra ed il nostro mare. Non è questione di mera repressione – dice Alessandro Nicolò – ma di iniziative di controllo da parte della Regione e dei suoi enti strumentali per stroncare all’origine il verificarsi di problematiche, come l’inquinamento, che pregiudicano sul nascere ogni tentativo di programmazione turistica e di rilancio delle bellezze della nostra regione. Credo che su questioni di tale portata – asserisce Nicolò -  non possano riscontrarsi divisioni tra le forze politiche in Consiglio regionale, anzi, potrà essere una ulteriore occasione per fare il punto sullo stato delle cose e riprogettare il futuro di una terra che della sua bellezza faccia un input di sviluppo a beneficio soprattutto delle generazioni a venire". 

 

La Calabria al quarto posto nella classifica del "mare illegale"

E’ impietoso il rapporto “Mare Monstrum” 2016 pubblicato da Legambiente. Il documento che descrive la situazione delle coste italiane, traccia un quadro a tinte fosche soprattutto per la Calabria, posizionata al quarto posto nella poco lusinghiera graduatoria del “mare illegale”. Le sanzioni accertate, culminate in 1.830 arresti o denunce, sono state 1.838, ovvero il 10% del totale nazionale. Peggio della Calabria hanno fatto solo il Lazio (1.920 infrazioni), la Sicilia (3.021 infrazioni) e la Campania (3.110 infrazioni). Ancor più allarmante il dato relativo alla cementificazione (il primato spetta alla Campania) dove, con 593 violazioni  pari al 13,2% del totale, la Calabria ha conquistato il secondo gradino più alto del podio. Nella gran parte, i reati legati alla cementificazione, che hanno portato all’arresto o alla denuncia di 560 persone, sono stati compiuti per costruire case, stabilimenti turistici, hotel, villaggi vacanza ed altre infrastrutture private sul demanio marittimo o in aree vincolate. Tra i casi che, su scala nazionale, occupano i primi 5 gradini  dell'abusivismo edilizio, Legambiente inserisce l’area del parco archeologico di Capo Colonna, a Crotone, “dove – si legge nel rapporto - ci sono 35 costruzioni abusive. si tratta di case sotto sequestro dalla metà degli anni novanta che sopravvivono indisturbate alle ruspe e la loro presenza, oltre a impedire l’estensione del parco a tutto il sito archeologico, testimonia l’inerzia della pubblica amministrazione che, nonostante la confisca definitiva, non si decide a buttarle giù. Già nel 2009 la Goletta verde di Legambiente ha consegnato al sindaco la Bandiera nera, il vessillo che ogni anno assegna ai ‘pirati del mare’, coloro che a vario titolo si rendono colpevoli o complici di gravi vicende di illegalità ai danni delle coste e del mare. Neanche questo è servito a riportare giustizia in quell’angolo di Calabria: uno dei peggiori sfregi al paesaggio, alla storia e alla cultura italiana è ancora lì. Una vicenda giudiziaria che inizia nel 1995, quando il pretore dispose il sequestro di centinaia di metri cubi in cemento armato sorti su una delle aree archeologiche più vaste d’Europa nel silenzio degli amministratori locali. Nel febbraio del 2004 la prima sentenza nei confronti di 35 proprietari: assoluzione per prescrizione del reato, ma confisca 12 degli immobili. Quelle case, dunque, sono e restano abusive. Il lungo iter giudiziario si è concluso, ma la vergogna di cemento, fatta di villette, condomini, scalinate a mare e cortili resta intatta. Il problema, secondo il Comune, starebbe nel fatto che le case sono abitate e l’intervento delle ruspe creerebbe problemi di ordine pubblico. Un alibi che suscita non poche perplessità. Soprattutto se si considera che ad aprile del 2012 lo stesso sindaco che teme i disordini nella zona archeologica, dopo 14 anni dalla confisca, ha fatto sgomberare coattivamente una palazzina - sempre a Capo Colonna - di proprietà di una famiglia della ‘ndrangheta. Un intervento riuscito impiegando uno squadrone composto da carabinieri, polizia, vigili urbani e vigili del fuoco. Dopo aver fatto uscire gli occupanti, ha addirittura provveduto alla rimozione di mobili e suppellettili con una ditta di traslochi e fatto staccare elettricità e acqua dalle aziende fornitrici. Non è certo mancata la resistenza delle famiglie, ma in poche ore tutto si è risolto come deciso. Un miracolo? Un colpo di fortuna? Ci piacerebbe che il primo cittadino tentasse la sorte anche con lo sgombero delle vergognose ville nel Parco archeologico”.

“Il dossier dell'Iss e l’elevata mortalità nelle Serre”: il Comitato torna in piazza

“Pur essendo Serra San Bruno in piena campagna elettorale per le prossime Amministrative, riteniamo che sia doveroso da parte nostra informare i cittadini di quanto è riportato nel dossier ‘Studio epidemiologico dei siti contaminati della Calabria’ realizzato dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con l’Arpacal”. È quanto afferma in una nota il Comitato civico Pro Serre che aggiunge: “il rapporto dell’Iss esamina, per la prima volta, l’incidenza di determinate malattie in zone ritenute ad alto rischio ambientale e sanitario a causa della potenziale presenza di siti contaminati da rifiuti o sostanze inquinanti e pericolose. In una regione come la Calabria, e in una provincia come quella di Vibo, in cui, al di là dei soliti annunci, il registro tumori rimane un’utopia, i primi dati ufficiali relativi all’incidenza di tumori in determinate zone rappresentano una novità storica. Una novità che, purtroppo, come temevamo, non è per niente rassicurante, visto che gli allarmi che abbiamo ripetutamente lanciato in solitudine nel corso di questi anni sono stati confermati dai dati scientifici. Per queste ragioni – viene specificato - mentre politici e aspiranti tali sono impegnati in una guerra elettorale combattuta esclusivamente sulle spalle dei cittadini, sentiamo il bisogno di tornare in piazza, con un’assemblea popolare che si terrà venerdì 27 maggio alle 19 in piazza Monumento, per mettere in guardia i serresi sui pericoli che incombono sulla salute pubblica e sulle responsabilità del sistema di potere che negli ultimi 20 anni ha svenduto il nostro territorio”.

 

Inquinamento ambientale. Francavilla Angitola, oltre 50 tonnellate di ferrame sul suolo: blitz della Finanza

Terreni adibiti a cimitero di mezzi agricoli, vetusti e fuori uso, all’interno dei quali venivano ammassati rifiuti speciali come: pneumatici usati, oli lubrificanti e ricambi di automezzi vari e materiale ferroso per oltre 50.000 kg nonché scarti di lavorazione edile, in parte utilizzati quale sottofondo per i tracciati percorribili all’interno degli stessi che consentivano l’ingresso a due distinti corpi di fabbrica destinati a civile abitazione e ricovero di animali. È  questo lo scenario che si è presentato agli occhi delle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Vibo Valentia all’atto dell’accesso eseguito presso due distinte aree, attigue tra loro, della superficie complessiva di oltre 2.000 mq, situate nel Comune di Francavilla Angitola. L’attività, condotta nell’ambito di controlli mirati alla prevenzione ed alla repressione dei reati in materia ambientale, è frutto di una prodromica ed accurata fase info-investigativa che ha consentito di portare alla luce un vero e proprio scempio ambientale, considerata sia la natura speciale dei rifiuti scoperti, che i danni ecologici che possono determinarsi da un loro mancato corretto smaltimento. I finanzieri hanno anche accertato che, in una delle due aree, erano stati realizzati due immobili, destinati a civile abitazione e ricovero di animali, senza nessuna concessione o autorizzazione da parte delle autorità competenti. Le aree in questione sono state sottoposte a sequestro, così come i due immobili realizzati abusivamente. Tre responsabili sono stati segnalati all’Autorità giudiziaria per violazioni alle norme previste in materia ambientale ed edilizia. La Guardia di Finanza ha provveduto ad informare le Autorità competenti per la bonifica dell’area e il suo recupero al fine di evitare un aggravamento della situazione ecologica della zona. Tale attività di servizio dimostra, ancora una volta, l’attenzione e la sensibilità che il Corpo quotidianamente rivolge alla tutela dell’ambiente ponendosi sempre quale sicuro ed immancabile punto di riferimento per la prevenzione ed il contrasto ad ogni forma di attività illecita.

Inquinamento: sequestrati due terreni accanto ad uno stabilimento

Due vaste porzioni di terreno, dell'ampiezza complessiva 20.000 quadri, e limitrofi all'impianto industriale dell'ex Legnochimica, a Rende, sono stati posti sotto sequestro da personale del Corpo Forestale dello Stato. Una porzione di territorio che era stata il terminale dei rifiuti industriali provenienti dallo stabilimento, inattivo da anni. La Procura della repubblica di Cosenza aveva sequestrato nella giornata di mercoledì la struttura alla luce della accertata presenza di materiale inquinante. Stamattina, addetti dell'Arapacal si sono recati sul posto per prelevare elementi depositati in diversi pozzi della fabbrica. 

 

 

"Apocalisse smog" in Cina

E' pesantissimo il prezzo pagato dalla Cina sull'altare dello sviluppo economico. Un prezzo salato, non solo in termini sociali, ma anche e soprattutto ambientali. Quanto gli effetti dell'industrializzazione selvaggia e senza regole abbiano minato la salubrità del Paese dei Mandarini lo stanno constatando, sulla loro pelle, quanti vivono nel nord est della Cina. I livelli di smog sono così elevati che si parla di "Apocalisse dell'aria". Secondo gli ecologisti, il livello di inquinamento rilevato nella metropoli di Shenyang è "il più alto che si sia mai registrato nel mondo". Che non si tratti di semplice allarmismo lo dimostrano i voli cancellati, le autostrade chiuse e la visibilità che non supera i 500 metri.

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