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Isola pedonale h24 questa sconosciuta: a Serra il turismo è solo un'idea trascurabile

Ovunque, ma non a Serra San Bruno. Vagare per l'Italia è condizione sufficiente per rimanere sconcertati davanti alla miopia di Amministrazioni Comunali che, pur nella diversità di "colore", condividono la medesima impostazione confermata negli anni: l'isola pedonale h24 non s'ha da fare. Quel che conta è vendere fumo in campagna elettorale, del resto spruzzare qua e là qualche schizzo astratto sotto il mantello protettivo della parola "turismo" è a costo zero e non presenta gli effetti collaterali prodotti da una decisione che, banale e doverosa per quanto sia, avrebbe il pessimo retrogusto di causare mal di pancia a qualche commerciante. E  Dio non voglia che questo succeda: potrebbero venire a galla debolezze e frizioni polemiche da evitare come la peste. Era il 19 agosto dello scorso anno quando pubblicammo un articolo (leggi qui), accompagnato da una foto eloquente: pensieri ed immagine che servivano, era questa l'illusione, per dare uno scossone preventivo a chi, premiato dalle urne, si sarebbe trovato, da lì a qualche mese, nella posizione di gestire le sorti della cittadina bruniana. E anche questo, aggettivo, dai chiari connotati religiosi, che siamo abituati pigramente ad utilizzare, appare sempre meno adatto a descrivere le caratteristiche reali di Serra San Bruno. Già qualche decennio addietro, giunta al bivio tra due possibili strade da percorrere, ha scelto di infilarsi lungo quella sbagliata, un percorso di banale normalizzazione che l'ha progressivamente svuotata delle sue suggestioni culturali e naturali. Eppure, coloro che coltivano l'ambizione e l'incoscienza di porsi a guida di una comunità, piccola o grande che essa sia, hanno un unico dovere: essere illuminati da una visione che li porti per mano verso il raggiungimento degli obiettivi, a breve, medio e lungo termine. Affinché quest'idea s'inveri nell'azione quotidiana, però, è indispensabile che il faro del sogno rimanga acceso giorno e notte. Spegnerlo per la paura di rimanerne accecati non è un atteggiamento prudente, ma il segno, evidente, di mancanza di coraggio. Il sentiero da battere, quello legato alla ferma volontà di incrementare le presenze turistiche e presentarsi con "l'abito buono" agli ospiti, è rimasto, invece, desolatamente sconosciuto. Per undici mesi Serra San Bruno dovrebbe vivere programmando, ideando le forme più adatte per riempire di turisti ogni vicolo del centro storico, ogni metro quadrato della strada che conduce alla Certosa, a Santa Maria. Quello che è stato fatto nel corso del tempo è stato l'esatto contrario: svuotare le campagne da rimpinzare con cemento fino alla nausea e, contemporaneamente, assistere con un moto di passiva rassegnazione, all'abbandono irresponsabile di edifici ormai diroccati e prossimi a trasformarsi in macerie. Mai qualcuno, nemmeno fra gli amministratori appena insediatisi, che abbia elaborato ed attuato un piano organico per rendere desiderabile la permanenza nella città della Certosa. Già, della Certosa e, nonostante la magnificenza, simbolica ed architettonica della "casa dei monaci" e delle chiese che arricchiscono il cuore di Serra San Bruno, è l'estemporaneità a spadroneggiare. "Chi vuole venga, le porte sono aperte, ma è non affar nostro, non siamo mica tour operator". Nessuno ha pronunciato queste parole, ma nella sostanza è come se lo facesse ogni giorno. Indipendentemente dalle emergenze quotidiane che tolgono il respiro con una manovra a tenaglia prodotta dalla penuria di risorse economiche e dall'incapacità nefasta delle gestioni precedenti, è gravissimo che, nei fatti, non si colga l'importanza di individuare quello estivo come il periodo in cui fare cassa a beneficio dell'intera popolazione. Come sia possibile non capirlo resta un mistero insondabile: Serra, proprio per i gioielli, naturali ed opera dell'uomo di cui si fregia, non può e non deve essere considerato un paese come tanti altri in cui può rivelarsi sufficiente un'azione amministrativa di piccolo cabotaggio. Si lasci ad altre località, vicine e lontane, la possibilità di limitarsi ad affrontare le contingenze di scarso valore strategico. Sottrarsi al destino di essere, per sorte, su un gradino di alterità, è colpa imperdonabile. Perseverare nell'errore, per calcoli di basso profilo, di non qualificare degnamente la propria vetrina, sarebbe uno scarabocchio confuso, non un biglietto da visita da esibire a testa alta. Liberare per l'intera giornata la stretta via che raccoglie migliaia di persone nelle affollate settimane a cavallo di Ferragosto dal giogo incivile delle lamiere di auto inquinanti è un dovere ineludibile verso la Bellezza. Alla responsabilità che grava in capo al sindaco Luigi Tassone non è possibile sottrarsi neanche facendosi scudo con il goffo palliativo di impedire l'accesso nel "salotto buono" a motori e gas di scarico per qualche ora serale o nei giorni immediatamente a ridosso del 15 agosto. E' urgente un colpo di reni che dia il senso visibile della discontinuità. Rendere il Corso Umberto I accogliente e piacevolmente fruibile durante il prossimo mese sarebbe l'abbrivio migliore per guadagnare consensi nell'opinione pubblica, in dosi ben più massicce delle lamentele che ne deriverebbero.

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