Un collaboratore di giustizia: "La 'ndrangheta ha dato soldi per costruire una chiesa"

"Per la costruzione della chiesa la 'ndrangheta ha messo dei soldi"- La dichiarazione è stata resa di fronte a Paolo Sirleo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, le parole, pronunciate e messe a verbale il 25 agosto dello scorso anno, sono di Antonio Femia, noto come "Titta", collaboratore di giustizia. La parrocchia in oggetto sarebbe quella di Sant'Antonio, realizzata al termine dello scorso millennio presso la frazione Pisdarello, a Gioiosa Ionica. Si tratta di rivelazioni fatte in relazione alla posizione che avrebbe Nicola Antonio Simonetta nel contesto dell'organizzazione criminale della 'ndrangheta. "Fa parte della 'ndrangheta - è quanto ha detto Femia quando gli è stata mostrata la fotografia di Simonetta - nel locale di Prisdarello. Presso un capannone vicino alla sua proprietà facevamo riunioni di 'ndrangheta. Nel suo ristorante abbiamo fatto delle mangiate. So che il ristorante era una scuola e che è stato dato dal Comune. So che Simonetta aveva sostanzialmente gratis questa struttura –  - che poi lui ha trasformato. Per la costruzione della chiesa la 'ndrangheta - secondo quanto raccontato dal pentito - ha messo dei soldi".

Ai domiciliari esponente di spicco della 'ndrangheta

I Carabinieri hanno tratto in arresto un 34enne elemento di spicco della cosca Molè, per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, in esecuzione all’ordine di detenzione domiciliare, emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria. Antonio Stanganelli, di Gioia Tauro, dovrà espiare una pena residua di 5 mesi e 16 giorni di reclusione presso la propria abitazione. 

'Ndrangheta. Era ricercato da 4 anni: latitante catturato in Spagna

Personale del Servizio centrale operativo della Polizia, insieme ad agenti della Squadra Mobile della Questura di Roma, con la collaborazione dei colleghi spagnoli hanno messo fine alla latitanza di Antonio Gallace. Latitante dal 2012, 46 anni, è stato individuato e catturato ieri sera allo scalo aeroportuale di Valencia. E' considerato  è uno degli affiliati di spicco del clan "Gallace" di Guardavalle, in provincia di Catanzaro. 

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'Ndrangheta e sanità: confiscati beni per 45 milioni di euro ad un imprenditore

Beni il cui valore ammonta complessivamente ad una cifra vicina ai 45 milioni di euro sono stati confiscati nelle prime ore della giornata odierna da militari del Nucleo della Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Firenze e di Pistoia e da personale della Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria. Oggetto del provvedimento è un patrimonio formato da automobili, aziende, immobili, rapporti finanziari e società e riconducibile ad un  imprenditore che opera, sulla base di quanto emerso nel corso dell'attività d'indagine, "in maniera occulta" nel comparto immobiliare, in Calabria e Toscana, e nella sanità privata. Gestisce in questa regione case di cura e strutture di riabilitazione. I particolari dell'inchiesta saranno resi noti nel corso di un incontro con i giornalisti in programma alle 10 presso gli uffici della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. 

 

 

Operazione "Helvetia". Tentacoli della 'ndrangheta di Fabrizia in Svizzera: nomi degli arrestati e dettagli

In data odierna, la Polizia Cantonale Svizzera, su ordine del locale Ufficio Federale di Giustizia, ha arrestato 12 presunti appartenenti alla ‘ndrangheta, accusati di associazione di tipo mafioso. Si tratta, in particolare, di soggetti già destinatari di decreto di fermo di indiziato emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti di 18 presunti affiliati alla ‘ndrangheta nell’ambito dell’operazione cosiddetta "Helvetia" condotta Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, di cui già 2 catturati dagli stessi Carabinieri il 22 agosto 2014. Tutti gli indagati sono tutti ritenuti componenti dell’articolazione territoriale denominata "Società di Frauenfeld (Svizzera)" – dipendente dal “Crimine di Polsi” con collegamenti alla "Società di Rosarno" ed alla "Locale di Fabrizia", in provincia di Vibo Valentia–  considerati responsabili di associazione di tipo mafioso, aggravata dalla transnazionalità in quanto sarebbe stato commesso in Italia e Svizzera da un sospetto gruppo criminale organizzato, impegnato in attività criminali in più di uno Stato. Le indagini, avviate dai Carabinieri di Reggio Calabria nel gennaio del 2012, hanno consentito di confermare l’esistenza e l’operatività – già dagli anni settanta - della “Locale” di Frauenfeld, alla cui testa vi sarebbe Antonio Nesci, e di individuarne, secondo gli inquirenti, gli associati, i ruoli e le cariche e soprattutto di verificarne la dipendenza al "Crimine" calabrese, per il tramite di Giuseppe Antonio Primerano, la cui figura era stata riconosciuta sia in Calabria, ove era “accreditato” presso il “Crimine” sia all’estero, in Germania e in Svizzera. Significativa della funzione baricentrica di Primerano sarebbero poi i contatti pregressi, già registrati durante l’attività d’indagine  “Il Crimine” dalle quali emergeva, a parere degli investigatori, il suo ruolo apicale e la sua influenza nella risoluzione delle controversie criminali, anche internazionali; proprio Primerano si sarebbe rivelato personaggio cui Antonio Nesci, sostengono i titolari dell’inchiesta, doveva far riferimento per ottenere l’autorizzazione ad estendere il dominio territoriale oltre che in Svizzera anche in altre località tra cui Singen – comune tedesco del Baden – Wuttemberg. Primerano, nel luglio 2013 è stato condannato alla pena di 13 anni di reclusione poiché ritenuto colpevole del delitto di associazione di tipo mafioso proprio a seguito dell’operazione “Il Crimine” venendo valutate a suo carico innanzitutto la posizione direttiva rivestita in seno all’organizzazione, la sua frequentazione con Domenico Oppedisano, 86 anni, con il quale si intratteneva durante il summit di Polsi nonché il ruolo ricoperto in seno alla compagine di appartenenza che lo rendeva - diretto referente anche delle locali radicate in Germania. Antonio Nesci il 23 ottobre 2015 è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Reggio Calabria alla pena di 14 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso, mentre la pena comminata a Raffaele Albanese è di 12 anni di reclusione. L’analisi complessiva delle risultanze investigative ha consentito per la prima volta in assoluto, di apprendere dettagli e caratteristiche del contesto criminale elvetico con riguardo alla struttura di 'ndrangheta in quel territorio. Il dato essenziale appurato – sino ad ora inedito -  riguarda la piena operatività da circa 40 anni dell’articolazione di ‘ndrangheta insediata in territorio elvetico ed in particolare nella città svizzera di Frauenfeld ("… la nostra società è formata da 40 anni …") con la piena e diretta rispondenza alla terra d’origine degli affiliati ("… Gli ho detto…gli ho detto che il “locale” è da 40 anni che “risponde” a Fabrizia …").  Le investigazioni dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria si sono avvalse del contributo dell’Ufficio Federale di Polizia della Confederazione Svizzera, in relazione alle attività svolte in territorio elvetico, per l’utilizzo delle quali, il 17.Aprile 2013, è stato siglato a Milano, presso gli uffici del Comando Provinciale Carabinieri, un “accordo su indagini collegate tra il Ministero Pubblico della Confederazione Svizzera - Divisione Protezione dello Stato - Reati Speciali e Criminalità Organizzata e la Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria”. In ordine agli odierni provvedimenti restrittivi eseguiti in Svizzera, L’UFG ha ordinato gli arresti sulla base delle richieste d’estradizione presentate dalle autorità italiane, da cui risulta che gli indagati, domiciliati in maggioranza nel Canton Turgovia, siano indiziati di appartenere alla “locale” di Frauenfeld della ‘ndrangheta. Sulla scorta delle risultanze investigative assunte,  l’UFG è giunto alla conclusione che i fatti esposti nelle richieste siano punibili a priori anche in Svizzera secondo l’articolo 260ter CP (organizzazione criminale) e che quindi è adempiuta la condizione d’estradizione della doppia punibilità. Per quanto riguarda la procedura di estradizione, in linea di massima, il procedimento del Ministero pubblico della Confederazione (MPC) per lo stesso reato avrebbe la precedenza rispetto ad un’estradizione. Tuttavia la legge sull’assistenza internazionale in materia penale consente – tra l’altro per motivi di economia processuale – di derogare a tale regola e di autorizzare l’estradizione in determinati casi. I reati perseguiti in Svizzera si sono rivelati rientrare nel quadro di indagini più ampie condotte dalle autorità italiane. Anche in ragione delle due richiamate condanne comminate a carico di Nesci ed Albanese, il MPC ha pertanto invitato l’UFG a privilegiare l’estradizione. Oggi stesso, su ordine dell’UFG, le autorità svizzere sentiranno le persone arrestate per conoscerne il parere in merito alle richieste d’estradizione. Il consenso all’estradizione immediata comporterà la procedura semplificata: l’UFG potrà autorizzare senza indugio l’estradizione all’Italia e disporne l’esecuzione. Se invece l’interessato si dovesse opporre all’estradizione, l’UFG deciderà in merito, fondandosi sulla richiesta italiana e il parere dell’estradando. Contro la decisione di estradizione dell’UFG è possibile ricorrere al Tribunale penale federale, la cui decisione è impugnabile dinanzi al Tribunale federale soltanto in casi particolari – segnatamente se sussistono indizi di gravi vizi procedurali all’estero. Oltre agli arrestati sono stati convocati per un interrogatorio altri due indagati. Essendo questi ultimi naturalizzati, non è stato possibile arrestarli in attesa di estradizione. In quanto cittadini svizzeri non possono infatti essere estradati in Italia senza il loro consenso. Gli arrestati sono: Rocco Antonio Cirillo, 61enne nato a Fabrizia; Giovanni Demasi, 39enne nato a Fabrizia; Nazareno Salvatore Demasi, 53enne nato a Fabrizia; Antonio Salvatore Greco, 64enne nato a Fabrizia;  Sandro Iacopetta, 38enne nato a Frauenfeld; Cosimo Laporta,  57enne nato a San Marzano; Francesco Lombardo, 44enne nato a Frauenfeld; Cosimo Montagnese, 61enne nato a Fabrizia; Raffaele Monteleone, 54enne nato a Fabrizia; Brunello Nesci, 50enne nato a Fabrizia; GiulioNesci, 49enne nato a Fabrizia;  Angelo Rullo, 57enne nato a Fabrizia. Sempre questa mattina, investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Torino e Verbania, coadiuvati dal Servizio per la Cooperazione Internazionale, hanno operato in territorio elvetico, procedendo alla localizzazione e cattura di Antonio Nucera, detto Ntonaci, di 60 anni e Franceco Nucera, di 34 anni, ritenuti esponenti di vertice della omonima cosca di Condofuri , in provincia di Reggio Calabria, latitanti dal 2013 ed indagati per associazione mafiosa, riciclaggio e reimpiego di beni di provenienza illecita dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, poi condannati in primo grado all’esito del giudizio abbreviato per il reato di associazione per delinquere ex art. 416bis del Codice Penale.. Nel corso dell’operazione, condotta insieme agli organismi della Polizia Federale svizzera e a quella cantonale dell’Oberwallis (Canton Vallese), sono state effettuate anche diverse perquisizioni nelle località elvetiche di Visp, Stalden e Saas-Grund, presso immobili riferibili al sodalizio indagato ovvero ai presunti favoreggiatori dei latitanti. L’inchiesta - coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria - è stata condotta sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta reggina nell’Alto Piemonte, con ramificazioni in territorio svizzero. In tale contesto, è stata accertata la presenza dei latitanti in argomento, appartenenti alla criminalità organizzata calabrese, operante nel Canton Vallese della Confederazione elvetica. La presenza dei Nucera in Svizzera è stata riscontrata grazie ad attività investigative congiunte, sviluppate nell’ambito di attività rogatoriali promosse dall’autorità giudiziaria reggina, d’intesa con la Procura Federale e il Ministero della Giustizia elvetico.

 

 

 

 

Arrestati 15 presunti affiliati alla 'ndrangheta in Svizzera

Sono considerati tutti appartenenti alla 'ndrangheta i quindici soggetti catturati sulla scorta di quanto ordinato dal Ministero della Giustizia della Svizzera. Si tratta di persone di nazionalità italiana, arrestate in terra elvetica in quanto sospettate di essere affiliate ad un'organizzazione criminale con base a Frauenfeld. Dodici provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti a Thurgau, cantone a Nord, uno nel limitrofo cantone di Zurigo, due a Sud, nel cantone di Valais

 

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'Ndrangheta. Catturato un latitante: era ricercato dal 2011

Nel corso della mattinata di ieri, i Carabinieri, al termine di complessa ed articolata attività info-investigativa svolta direttamente dai militari dell'Arma del Gruppo di Locri e dai militari della Stazione di San Luca, hanno tratto in arresto - presso l’aeroporto di Roma  Fiumicino, dove era giunto poco prima con un volo internazionale proveniente dall’Australia - il latitante Antonio Vottari, 31 anni. L’uomo, condannato il 30 settembre 2015 alla pena definitiva di 7 anni e 6 mesi di reclusione, è ritenuto responsabile di aver partecipato ad una associazione finalizzata al traffico internazionale di ingenti quantitativi di cocaina, operante tra il Sudamerica, Olanda, Belgio, Germania e Italia, gestita dalle 'ndrine di San Luca.  Lo stesso, già condannato nel 2004 per reati in materia di stupefacenti, era ricercato dal 2011 poiché colpito dall’ordinanza di custodia cautelare in Carcere emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria per traffico internazionale di sostanze stupefacenti; nei suoi confronti era stato altresì emesso un mandato di cattura europeo. Al vertice dell’organizzazione di cui faceva parte il latitante, vi era Bruno Pizzata,  57 anni, anch’egli di San Luca - intercettato per diversi anni dalle Forze di Polizia italiane, dal BKA (Polizia Criminale Tedesca) e dalla Polizia Federale Olandese - noto per essere stato condannato alla pena complessiva di anni 30 di reclusione, in quanto ritenuto responsabile di aver promosso e capeggiato varie associazioni finalizzate al traffico internazionale di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti tra il Sudamerica e l’Europa.  Quest’ultimo, tra il 2010 ed il 2013, è stato destinatario di provvedimenti cautelari emessi nell’ambito delle operazioni antidroga convenzionalmente denominate "Overloading", "Imelda", "Revolution", "Dionisio" e "Cicala"  condotte dalle Direzioni Distrettuali Antimafia presso le Procure della Repubblica di Catanzaro e Reggio Calabria, nel corso delle quali sono stati sequestrati centinaia di chili di cocaina importata dal Centro e dal Sudamerica.

 

Il salto di qualità della 'ndrangheta, da organizzazione criminale a spregiudicata holding economico-finanziaria

"La 'ndrangheta conferma le sue peculiarità rispetto alle altre organizzazioni criminali mafiose nazionali. La flessibilità della struttura di tipo orizzontale, a base familiare, legata alla tradizione ma pronta all'aderenza ai più diversificati contesti, ha consentito alla criminalità organizzata calabrese di trasformarsi, nelle sue forme più evolute, in una dinamica e spregiudicata holding economico-finanziaria. Tale strutturazione rende la 'ndrangheta meno vulnerabile all'azione di contrasto rispetto alle organizzazioni di tipo verticistico e le assicura anche spiccate capacità di ingerenza politico-amministrativa". E' quanto emerge dalla "Relazione annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza" consegnata dai servizi segreti italiani alle Camere. A differenza di Cosa nostra "alle prese con il ricambio dei vertici delle famiglie" e della Camorra che presenta due facce, "gangster in azione nel napoletano, profilo imprenditoriale nell'hinterland", la 'ndrangheta è stata capace di assumere un'organizzazione tale che le ha consentito di diventare  "una spregiudicata holding economico-finanziaria" con interessi ramificati sia in Italia che all'estero.

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