Catturati presunti affiliati alla 'ndrangheta

Eseguendo un provvedimento richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia, alcuni presunti affiliati al clan Piromalli, dominante nella Piana di Gioia Tauro,  sono stati arrestati dai Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Il blitz odierno è strettamente connesso all'operazione condotta meno di un mese addietro ed i reati, aggravati dalle modalità mafiose, contestati a vario titolo agli indagati vanno dall'associazione mafiosa al concorso in omicidio e tentato omicidio pluriaggravato, dal danneggiamento all'estorsione ed al porto e detenzione illegale di armi.

'Ndrangheta, operazione "Il Principe": fermati cinque presunti affiliati alla cosca De Stefano

E’ in corso dalle prime ore di questa mattina un’operazione congiunta della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri di Reggio Calabria per l’esecuzione di cinque fermi di indiziato di delitto emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti di alcuni esponenti della cosca De Stefano di Reggio Calabria. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria alle ore 11.30.

'Ndrangheta, processo "Aemilia": 145 rinviati a giudizio, c'è anche Vincenzo Iaquinta

Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bologna ha rinviato a giudizio 145 indagati nell'ambito del processo "Aemilia". Due i non luoghi a procedere, per reati di scarsa entità, decisi dal magistrato all'epilogo dell'appuntamento odierno. L'inchiesta, che ha messo nel mirino gli interessi criminali della 'ndrangheta del Crotonese in Emilia Romagna, ha dunque superato un altro passaggio, celebratosi, in assenza di pubblico, dentro l'aula bunker ricavata in un padiglione della Fiera di Bologna. Il dibattimento processuale avrà inizio il 23 marzo del 2016 a Reggio Emilia. Molto prima, già l'11 gennaio, comincerà, invece il rito abbreviato che si snoderà lungo un percorso rapido: tutte le settimane saranno celebrate tre udienze. Tra gli imputati figurano  Nicolino Grande Aracri, dagli inquirenti considerato il "mammasantissima" dell'omonima cosca di Cutro, Roberta Tattini, fiscalista di Bologna, l'ex centravanti della Nazionale Vincenzo Iaquinta ed il padre Giuseppe.  Sulla base di quanto ricostruito in sede d'indagine, la consorteria criminale, tramite il racket del "pizzo" ed atti intimidatori, riusciva ad avere il controllo delle gare d'appalto e di diverse, quanto redditizie, attività economiche sull'intero territorio emiliano. 

Arrestato presunto affiliato alla 'ndrangheta

In esecuzione all’ordine di sostituzione di misura cautelare, emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, a seguito di una condanna alla pena di dodici anni di reclusione, i Carabinieri hanno tratto in arresto Filippo Gironda, 40 anni, di Reggio Calabria, già noto alle forze dell'ordine, per i reati di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. In particolare, Gironda è stato ritenuto intraneo alla 'ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca Tegano, nonché di essersi attivato per ottenere la restituzione del tritolo sequestrato nell’aprile 2012, dello stesso tipo di quello rinvenuto nelle stive della nave Laura C, affondata durante l’ultimo conflitto mondiale nei fondali antistanti Saline Joniche, provento di un furto ai danni dell’indicato sodalizio.  

 

Carcere duro per il presunto boss vibonese Salvatore Tripodi

E' stata accolta la richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro: il presunto boss Salvatore Tripodi è stato spedito al 41 bis. Tre mesi fa il regime del carcere duro era stato applicato al fratello Nicola. Considerato tra i personaggi al vertice dell'omonima cosca attiva a Vibo Marina, il 44enne Salvatore Tripodi l'estate scorsa era finito in manette. Per diverso tempo si era dato alla latitanza: era destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dalla DDA di Catanzaro che gli imputa i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, detenzione abusiva di armi e omicidio.

'Ndrangheta, colpi di pistola contro la pizzeria della famiglia di un collaboratore di giustizia

Un'intimidazione è stata compiuta mercoledì sera ai danni di un esercizio commerciale gestito dai familiari di Roberto Violetta Calabrese, che da tempo ha avviato una collaborazione con i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia. Sette i colpi di pistola che hanno centrato la pizzeria, che si trova in piazza Loreto, nel cuore di Cosenza. Gli inquirenti non hanno dubbi e sono convinti si sia trattato di un atto intimidatorio indirizzato al pentito la cui testimonianza ha consentito di penetrare all'interno delle dinamiche criminali della cosca Rango-Zingari. Non più tardi di qualche ora prima, del resto, Pierpaolo Bruni, rappresentante della pubblica accusa per conto della DDA,  si era pronunciato in aula richiedendo che diversi soggetti considerati affiliati al clan venissero condannati ad oltre mezzo secolo di prigione. 

‘Ndrangheta, confiscati beni per 2,2 milioni di euro ad un imprenditore

Gli uomini del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, hanno eseguito un provvedimento di confisca, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, che ha riguardato un ingente patrimonio riconducibile a un imprenditore reggino, ritenuto contiguo al sodalizio criminale ‘ndranghetistico noto come “cosca Pesce” di Rosarno, egemone nella Piana di Gioia Tauro, con importanti e radicate ramificazioni operative su tutto il territorio nazionale ed estero. L’imprenditore è stato già condannato in primo grado alla pena di 16 anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e di 5 anni di reclusione per intestazione fittizia, aggravata dalle finalità mafiose, in due distinti procedimenti penali ed è stato, altresì, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di 3 anni. A seguito di una mirata attività investigativa e di analisi economico- finanziarie, gli uomini della Guardia di Finanza hanno accertato una palese sproporzione tra l’ingente patrimonio individuato e i redditi dichiarati dal soggetto investigato, tale da non giustificarne la legittima provenienza. In particolare, sono stati confiscati le quote sociali e il patrimonio aziendale (comprensivo dei conti correnti) di 2 società di trasporti nonché quote di un fondo comune di investimento mobiliare del valore complessivo stimato di oltre 2,2 milioni di euro.

'Ndrangheta, operazione "Saggio compagno": dettagli e nomi dei 36 arrestati

L’operazione "Saggio compagno" è stata così denominata in quanto trae origine dall’appellativo con cui il principale indagato, Giuseppe Ladini, si rivolgeva a colui che gli inquirenti considerano il suo più fidato sodale, Leonardo Tigani.  L’indagine è stata avviata nel novembre 2013 dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova, sulla base di alcuni sviluppi dell’operazione "Vittorio Veneto" (conclusa nell’estate dello stesso anno), che già a suo tempo aveva permesso di trarre in arresto a Cinquefrondi 8 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi. Tra questi figurava infatti anche Rocco Francesco Ieranò, 43 anni, personaggio considerato dagli investigatori di indiscussa valenza nell’ambito della 'ndrangheta cinquefrondese (cui era attribuita la carica del "Vangelo"), che dopo aver inizialmente tentato invano di sottrarsi alla cattura nell’estate 2013, aveva poi intrapreso anche un percorso di collaborazione con la giustizia. L’attività investigativa ha quindi consentito di ricostruire e disarticolare la composizione (anche nella sua evoluzione a seguito della stessa operazione "Vittorio Veneto") della "locale" di Cinquefrondi, che storicamente imperversa nell’omonimo centro ed in quello limitrofo di Anoia, in provincia di Reggio Calabria; riscontrare le attività illecite del sodalizio che, dopo l’arresto di Ieranò, faceva capo, sostengono i Carabinieri, a Giuseppe Lidini,37 anni, già noto per i suoi precedenti penali e di polizia per associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ricettazione e riciclaggio. Primi riscontri dell'indagine erano già stati, tra marzo ed aprile 2014: l’arresto di  8 persone (Antonella Bruzzese, 33 anni, moglie di Giuseppe Ladini;  Lorenzo Bruzzese, 33 anni; Emanuele Papaluca, 24 anni; Leonardo Tigani, 32 anni; Antonio Raco, 29 anni e Antonio Valerioti, 51 anni), a carico delle quali erano già emerse presunte responsabilità in merito al traffico di armi: tra questi vi erano infatti anche lo stesso Giuseppe Ladini, che aveva manifestato la propria intenzione di rendersi irreperibile per il sospetto di essere monitorato dalle Forze di Polizia, oltre che Ettore Crea, 43 anni, personaggio sospettato di essere contiguo all’omonima cosca di 'ndrangheta operante a Rizziconi, che è stato trovato in possesso di un fucile mitragliatore di provenienza illecita acquistato, affermano gli inquirenti, da Giuseppe Ladini; il sequestro di numerose armi e munizioni da guerra e comuni, oltre che di un chilogrammo di cocaina, rinvenuti in un rudere abbandonato prospiciente all’abitazione di Giuseppe Ladini, che quest’ultimo, unitamente ai suoi sodali, avrebbe utilizzato come deposito per tutto il materiale smerciato nel corso delle sue presunte contrattazione illecite. Le articolate attività tecniche compiute prima, durante e dopo gli arresti, unite poi agli innumerevoli riscontri eseguiti sul territorio ed agli approfondimenti investigativi del caso, hanno poi permesso di accertare, dichiarano i Carabinieri, che Giuseppe Ladini, benché sottoposto a detenzione domiciliare anche per reati in materia di criminalità organizzata, avvalendosi innanzitutto della stretta collaborazione morale e materiale di tutto il suo nucleo familiare, ed in particolare della moglie Antonella Bruzzese e del figlio minore: aveva costituito di fatto e stava consolidando a Cinquefrondi una nuova articolazione della 'ndrangheta sotto la sua guida, cui facevano capo gli appartenenti alle preesistenti cosche Ladini, Petullà e Foriglio; intratteneva presso la propria abitazione, con evidente disinvoltura e padronanza, tutta una serie di rapporti con numerosi pregiudicati, facenti capo non solo al contesto delinquenziale di Cinquefrondi, ma anche ad altre aree della province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, dando quindi prova della sua presunta caratura criminale e dell’importanza del sodalizio che faceva capo alla sua persona; nell’ambito di tali rapporti, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, esercitava, secondo quanto ricostruito dai militari dell'Arma, un vero e proprio controllo del territorio, sfruttando le risorse economiche della zona mediante il compimento di una serie indeterminata di delitti in materia di armi e stupefacenti, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, con riferimento anche al settore degli appalti boschivi. A conclusione di tale attività, alle prime luci dell’alba di oggi, nelle province di Reggio Calabria, Roma, Verbania e Vibo Valentia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con l’ausilio di personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori, hanno quindi dato esecuzione ad un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nell’ambito del quale sono state: tratte in arresto 36 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, furto, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate, danneggiamento seguito da incendio, tutti aggravati dal metodo mafioso ( Costantino Tripodi, 70 anni, già presunto capo della locale di Cinquefrondi; Michele Ierace, 57 anni;  Antonio Petullà, 66 anni; Antonio Napoli, 58 anni; Saverio Napoli, 51 anni;  Rocco Iannizzi, 44 anni; Vincenzo Zangari,42 anni; Orazio Ierace, 37 anni; Michele Ierace, 24 anni; Raffaele Bruzzese, 63 anni; Domenico Ladini, 60 anni;  Renato Fonti, 51 anni; Fabio Ierace,47 anni; Girolamo Primerano, 41 anni;  Gaetano Migliaccio, 38 anni; Fabio Porcaro, 39 anni; Maurizio Monteleone, 39 anni; Rocco Petullà, 49 anni; Angelo Petullà, 24 anni; Raffaele Petullà, 23 anni, Maria Polsina Bruzzese, 22 anni; Saverio Foriglio, 52 anni; Rocco Foriglio, 20 anni; Salvatore Cuturello, 45 anni; Attilio Giorgi, 31 anni; Francesco Giorgi , 40 anni; Renato Iannone, 45 anni; Nicodemo Lamari, 57 anni;  Francesco Longordo, 36 anni;  Saverio Napoli, 30 anni;, Fabio Papaluca, 29 anni; Maurizio Pronestì, 40 anni; Rocco Varacalli, 28 anni; Giuseppe Vigliante, 29 anni; Michele Vomera, 24 anni; Pasquale Zaita, 24 anni; deferire ulteriori 41 persone, in stato di libertà o comunque già detenute a seguito delle risultanze investigative; sono stati sottoposti a sequestro un’impresa di rifornimento carburanti, un ristorante, otto beni immobili, tra terreni e fabbricati, ventuno tra conti correnti e rapporti bancari ed una quota societaria, relativa ad un’azienda di trasporti, riconducibili ad alcuni degli indagati per un valore stimato di oltre cinquecento mila euro; effettuate ulteriori 10 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati nel medesimo procedimento. Nella circostanza sono state rinvenute e sottoposte a sequestro 3 pistole, 2 fucili e 218 cartucce di vari calibri.

 

  • Published in Cronaca
Subscribe to this RSS feed