Amministratori sotto tiro: una minaccia ogni giorno. I sindaci calabresi fra i più colpiti

Gli amministratori locali sono sempre più sotto tiro. Auto incendiate, lettere contenenti minacce e proiettili, spari alle abitazioni, uso di esplosivi, sempre più aggressioni verbali e fisiche. Tentati omicidi. Alcuni sindaci, anche del Nord, costretti a vivere sotto scorta. Altri che si sono dimessi per paura o pensano di farlo perché avvertono un profondo senso di solitudine e la lontananza delle istituzioni. Il rapporto 2014 di “Avviso Pubblico” presenta dati agghiaccianti relativamente alle intimidazioni e alle minacce a cui sono soggetti tante donne e uomini che ricoprono un incarico pubblico su mandato dei cittadini.

Sono 361 gli atti di intimidazione e di minaccia nei confronti di amministratori locali e funzionari pubblici censiti da “Avviso Pubblico” per l’anno 2014, il 3% in più rispetto al 2013. Un numero impressionante. Una media di 30 intimidazioni al mese. Praticamente una ogni 24 ore. E questi, sono soltanto i fatti di cui si è venuti a conoscenza consultando una molteplicità di fonti di stampa, sia nazionale che locale. Il fenomeno, per l’anno 2014, ha interessato 18 regioni, 69 province e 227 comuni, a dimostrazione di come, seppur in modo quantitativamente differenziato, quello delle minacce e delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali e del personale della PA sia un fenomeno che ha assunto un carattere nazionale.

È ancora una volta il Sud d’Italia con il 74% dei casi – sommando anche il dato delle isole – l’area geografica dove gli amministratori locali e il personale della PA risultano maggiormente esposti. Segue l’area del Nord Italia con il 14% dei casi – ottenuto sommando Nord Est e Nord Ovest – e il Centro Italia con il 12% dei casi. A livello regionale, il primato degli atti intimidatori e minacciosi nei confronti degli amministratori locali e del personale di PA per il 2014 spetta alla Sicilia – 70 casi, pari al 20% del totale – seguita dalla Puglia – che l’anno scorso aveva il primato della classifica e che nel 2014 ha fatto registrare 54 casi, pari al 14% del totale – dalla Calabria e dalla Campania, entrambe con 52 casi, pari al 14% del totale. Seguono le regioni del Centro-Nord, tra cui: il Lazio (8%), la Lombardia (4%), il Veneto e la Liguria (3%). La Sardegna si colloca al sesto posto della classifica nazionale con il 6% del totale dei casi censiti, rispetto al quarto posto registrato nel 2013. A livello provinciale, il primato degli amministratori sotto tiro spetta ad una provincia campana, quella di Napoli (29 casi), seguita da quella di Palermo (28 casi), Cosenza e Roma (19 casi), per concludere con quella di Foggia (15 casi). 

In relazione alle tipologie di minacce e intimidazioni, come avvenuto per le passate edizioni del Rapporto, si è operato una distinzione tra minacce dirette e indirette. Le prime sono da intendersi come rivolte direttamente alle persone che in un determinato periodo storico della loro vita ricoprono un incarico politico o amministrativo. Le seconde, invece, sono riferite a mezzi e strutture pubbliche ovvero a parenti e collaboratori di persone colpite direttamente. 

Dall’analisi degli episodi riportati nella cronologia del Rapporto è risultato che la maggior parte delle minacce e delle intimidazioni sono soprattutto dirette – 83% dei casi – ed hanno come bersaglio gli amministratori locali – 73% dei casi – e, tra questi, in particolare: i Sindaci (47% dei casi), seguiti dagli assessori (25%) dai consiglieri (19%) – in particolare, capigruppo di forze politiche – per finire con i vice Sindaci (5%) e i presidenti/vice Presidenti dei consigli comunali. Nell’analisi dei dati, si è potuto constatare come ad essere oggetto di atti intimidatori siano stati non solo amministratori locali di città di medio-piccole dimensioni, ma anche Sindaci di città capoluogo come: Catania (Enzo Bianco), Livorno (Alessandro Cosimini), Lucca (Alessandro Tambellini), Monza (Roberto Scanagatti), Palermo (Leoluca Orlando). A Firenze, è stato colpito l’allora Vicesindaco e attuale primo cittadino Dario Nardella; a Venezia il Vicesindaco, Sandro Simionato. Un atto intimidatorio è stato compiuto anche nei confronti del Presidente della Provincia di Salerno, Antonio Iannone e di quello della Provincia di Barletta-Andria-Trani, Francesco Spina. Tra il personale non politico minacciato direttamente, il 13% dei casi riguarda dirigenti, funzionari e impiegati della PA. Si tratta, in particolare, di comandanti e agenti di Polizia municipale; di responsabili degli uffici tecnici, del personale, dei servizi di fornitura dell’acqua e della raccolta e trattamento rifiuti; di assistenti sociali; di commissari prefettizi che amministrano comuni sciolti per mafia; di commissari straordinari e presidenti di enti; di responsabili degli uffici stampa.

Nel corso del 2014, la principale forma di intimidazione e di minaccia a cui si è ricorso contro gli amministratori locali e il personale della PA è stato l’incendio – 31% dei casi – così come nel 2013. Nella maggior parte dei fatti censiti, le fiamme sono state appiccate di notte ed hanno distrutto automobili di proprietà personale (64% dei casi), oltre che mezzi dell’amministrazione pubblica (17%), strutture e uffici pubblici (10%). A fuoco sono andate anche abitazioni di amministratori, attività commerciali e aziende di loro proprietà (9%). Gli incendi non solo hanno causato dei danni ingenti ma, in alcuni casi, hanno messo in pericolo la vita di persone che vivevano in abitazioni sotto le quali erano state parcheggiate le auto oggetto degli atti vandalici, generando paura e terrore non solo per i diretti interessati ma, altresì, per la popolazione che abita nelle vie o nei quartieri dove i fatti sono avvenuti. Insieme al fuoco, si è ricorsi a danneggiamenti delle auto di proprietà personale, mediante il taglio degli pneumatici, la rottura della carrozzeria oppure sono stati tagliati alberi da frutto situati in terreni di proprietà privata. Sono stati danneggiati e saccheggiati palazzi pubblici – com’è accaduto a Palagonia (Ct) – e sono state redatte delle scritte minacciose sui muri di palazzi pubblici. Un’altra modalità a cui si è ricorso per minacciare e intimidire amministratori locali e personale della PA è quella che abbiamo definito “minacce scritte”. In questa categoria, rientrano le lettere contenenti minacce, anche di morte (46% dei casi); lettere che, insieme ad uno scritto, contengono anche dei proiettili (calibro 7,65, 38, 357 magnum, pallottole di fucile, ecc.), o delle polveri – a ricordare il pericolo antrace durante gli attacchi terroristici dei primi anni 2000 – o una foto della persona che si vuole minacciare con segni (es. croci) e simboli (32% dei casi); lettere diffamatorie; messaggi minacciosi e intimidatori inviati via fax o postati sui profili Facebook. 

Rispetto al 2013, lo scorso anno sono quadruplicati i casi di aggressione fisica (12%), che si sono tradotti in agguati compiuti soprattutto da parte di singole persone che hanno dato schiaffi, tirato pugni, bastonate e spintoni agli amministratori locali, non solo in luoghi pubblici – lungo strade, vie o piazze, magari al termine di un comizio pubblico – ma anche all’interno degli uffici comunali. Raddoppiati rispetto al 2013, risultano i casi in cui si è fatto ricorso ad armi e ordigni (8% dei casi). Per quanto concerne le armi, queste sono state impiegate per sparare contro case e auto personali, contro mezzi e uffici pubblici (es. Municipi). Gli ordigni impiegati sono stati di vario tipo: bottiglie molotov, petardi, bombe carta, veri e propri esplosivi, come avvenuto nel caso di un assessore del Comune di S. Vito dei Normanni (Br). L’uso di ordigni si è registrato in Calabria (provincia di Cosenza), Campania (provincia di Napoli e Caserta, in particolare, in quest’ultimo territorio, contro la Sindaca di Recale) e Puglia (in provincia di Brindisi e di Taranto).

Nella maggior parte dei casi è da sottolineare come siano rimasti ignoti i soggetti che hanno messo in atto gesti di intimidazione e minaccia verso amministratori locali e personale della PA. Questa situazione testimonia, da una parte, come l’impunità sia tutt’oggi un tratto distintivo di questo fenomeno e, dall’altra, come le modalità di protezione di donne e uomini che in certi contesti operano in qualità di amministratori pubblici sia da ripensare nelle sue forme e modalità di attuazione. Un altro dato che merita di essere portato all’attenzione è la ripetitività degli atti di intimidazione e di minaccia. Nello specifico, si fa riferimento al fatto che, in determinati territori – in particolare al Sud – alcuni amministratori locali sono diventati dei bersagli in più situazioni, sia durante il 2014 che nel passato. Analizzando i fatti riportati nella cronologia del presente Rapporto, si può constatare che quando le autorità competenti sono riuscite a rintracciare dei responsabili, si è trattato per lo più di persone che vivevano condizioni di vita particolari. Trattasi, ad esempio, di disoccupati o persone che hanno perso il lavoro e non riescono a ricollocarsi, persone che chiedono sussidi pubblici, tossicodipendenti, persone sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio, pregiudicati, sorvegliati speciali, soggetti che nutrono un sentimento di odio verso migranti o nomadi. A minacciare, in certi casi, sono stati anche dipendenti pubblici – o di imprese che avevano appalti con i Comuni – nei confronti dei quali si stavano per prendere, o sono stati presi, dei provvedimenti disciplinari. Minoritarie sono risultate le situazioni in cui è stato accertato, o è possibile ipotizzare, l’intervento di personaggi legati al mondo mafioso.

 

TIPOLOGIA DI MINACCE E INTIMIDAZIONI

MINACCE VERBALI

 

• Minaccia telefonica

• Minaccia verbale con arma in pugno (es. coltello)

• Insulto verbale in luogo pubblico (strada, bar, uffici, ecc.)

 

MINACCE SCRITTE

 

• Biglietto con minacce su parabrezza di auto personali

• Lettera con minacce (anche uso di espressioni dialettali locali)

• Lettera con minacce e proiettili (calibro 22, 38, 357 Magnum, scacciacani, da carabina) 

• Lettera diffamatoria

• Lettera con minacce e foto

• Lettera con minacce e polvere

• Minaccia mediante invio di fax

• Minaccia attraverso social network

• Scritte minacciose sui muri di abitazioni personali o di uffici pubblici

 

AGGRESSIONE FISICA

 

• Aggressione fisica (da parte di singoli o di gruppi di persone): calci, pugni, schiaffi, spintoni, bastonate, uso di coltelli, tentato investimento con auto

• Tentato omicidio (Accoltellamento, tentativo di investimento con auto)

 

USO DI ARMI DA FUOCO

 

• Spari a case e auto personali

• Spari contro edifici pubblici

• Spari contro mezzi pubblici

 

USO ORDIGNI 

 

• Uso di ordini: bottiglie molotov, petardi, bombe carta, esplosivi

 

 

INCENDI

 

• Incendio abitazione, attività, proprietà e auto personali

• Incendio auto di congiunti/parenti

• Incendio ufficio pubblico

• Incendio mezzo pubblico

• Incendio oggetti davanti abitazioni personali

• Incendio oggetti davanti edifici pubblici

• Incendio discariche

 

DANNEGGIAMENTI

 

• Danni alla carrozzeria di auto di proprietà personale

• Danni a edifici pubblici

• Taglio pneumatici auto personali o dell’ente 

• Taglio di piante da frutto di proprietà personale

 

ALTRO

 

• Affissione manifesti funebri con nome di amministratori viventi

• Busta con proiettili spedita via posta

• Busta con polvere spedita via posta

• Collocazione di proiettili in uffici pubblici (davanti e dentro)

• Collocazione di proiettili in uffici elettorali

• Deposito di animali morti, o di parti del loro corpo, davanti  ad abitazioni personali o uffici pubblici

• Entrata in abitazione senza eseguire furto

• Escrementi nei pressi di uffici pubblici

• Falso allarme bomba comunicato a mass media in forma anonima

• Furto in uffici pubblici 

• Lumini cimiteriali lasciati davanti casa

• Manomissione di computer 

• Manomissione di mezzi pubblici (es. auto di rappresentanza del Sindaco) 

• Minaccia di utilizzare acido per sfigurare volto

• Pagine di giornale con disegnate bare e con scritti necrologi

• Scritta minacciosa su strisce pedonali

• Stalking

• Uso abusivo e illegale di microspie

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Arrestati ventidue esponenti della cosca "Valente - Stummo" di Scalea

Su richiesta della Procura distrettuale antimafia, i carabinieri del Comando provinciale di Cosenza hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale di Catanzaro, nei confronti di 22 persone ritenute "boss" o affiliati della cosca "Valente - Stummo" di Scalea. Le accuse sono di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, turbata liberta' degli incanti, favoreggiamento personale, traffico di tabacco lavorato estero, ricettazione, calunnia, intralcio alla giustizia e violazioni di domicilio, tutti aggravati dalle metodologie mafiose. Le indagini hanno consentito di delineare gli assetti dell’associazione che era in collegamento con la cosca Muto di Cetraro. L’inchiesta, denominata Plinius II, rappresenta la prosecuzione dell'attività investigativa condotta dai carabinieri della Compagnia di Scalea che, nel luglio 2013, aveva portato all'arresto di 39 persone tra cui il sindaco, cinque assessori ed il comandante della polizia municipale di Scalea. Sulla base delle indagini in merito al presunto condizionamento dell’Amministrazione comunale da parte della criminalità organizzata, il 25 febbraio 2014, il Presidente della Repubblica aveva emesso il decreto di scioglimento del Consiglio Comunale di Scalea, allo stato sottoposto a gestione commisariale.

 

'Ndrangheta: Anche le cosche vibonesi all'Expo? Nove, gli indagati

Da Mileto all’Expo. No non è una delle eccellenze della nostra regione in mostra nella vetrina internazionale che prenderà il via tra poco più di due mesi. Al contrario, si tratta di chi con l’Expo non avrebbe dovuto avere niente a che spartire. Ma l’Expo è un’occasione troppo ghiotta, con un giro di soldi che ha stuzzicato e stuzzica l’appetito di tanti. La ‘ndrangheta non fa eccezione, anzi.  Da quanto emerso da una lunga serie d’inchieste, con le loro innumerevoli diramazioni, i clan calabresi si sarebbero ritagliati un ruolo fondamentale nella gestione e nella conduzione degli appalti. Tra le famiglie coinvolte nell’infiltrazione dei lavori ci sarebbe, anche, il clan Galati di Mileto. A lanciare l’accusa, i pubblici ministeri della Dda di Milano, Ilda Boccassini, Paolo Storari e Francesca Celle che hanno chiuso le indagini relative all’inchiesta antimafia “Quadrifoglio”. L’indagine era entrata nel vivo il 28 ottobre 2014 quando erano stati effettuati numerosi arresti proprio ai danni del clan Galati, che per gl’inquirenti, sarebbe una diretta diramazione del cosca dei Mancuso, di Limbadi. Come riportato dal quotidianoweb.it, gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari, riguardano 9 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, falso, favoreggiamento, minacce aggravate ai danni del direttore di un carcere, detenzione illegale di armi.  Questi i nomi dei destinatari dell’avviso di conclusione indagini: Pino Galati, 44 anni, di San Calogero;  Fortunato Galati, 37 anni, di San Giovanni di Mileto (Vv), figlio del boss Salvatore Galati, 60 anni, condannato all’ergastolo per duplice omicidio; Fortunato Bartone, 41 anni, di Mileto; Francesco Barone, 42 anni, di San Calogero; Antonio Denami, 28 anni, di San Costantino Calabro (Vv); Francesco e Gerardo Sessa, di 58 e 50 anni, di Francica (Vv); Matteo Rombolà, 30 anni, di Seregno (Mb), Franco Monzini, 67 anni, di San Benedetto Po (Mn).

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