Scoperta coltivazione con oltre 3 mila piante di marijuana, una denuncia

Una piantagione, composta da oltre tremila piante di marijuana, è stata scoperta dai finanzieri di Lamezia Terme.

La coltivazione è stata trovata in un vivaio lametino dove, fra le ordinarie coltivazioni, sono state individuate due grosse serre industriali, complete di impianto d'irrigazione automatizzato, nelle quali erano state messe a dimora circa tremila piante di marijuana, buona parte delle quali pronte per essere lavorate e poste in vendita.

I militari hanno, quindi, posto sorto sequestro sia le piante che le serre.

Infine, i baschi verdi hanno denunciato il vivaista, con l’accusa di coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti.

 

Scoperto supermercato che ha evaso il fisco per oltre 1,7 milioni di euro

I finanzieri del Comando provinciale di Cosenza hanno scoperto un evasore totale, che dal 2014 non ha presentato alcuna dichiarazione dei redditi pur avendo conseguito ricavi per oltre 1,7 milioni di euro.

Durante un'attività di polizia giudiziaria, diretta dal Procuratore capo della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni e dal sostituto Teresa Valeria Grieco, che ha portato anche all’esecuzione di misure cautelari personali e sequestri nei confronti di diversi persone accusate di intestazione fittizia, le fiamme gialle della Compagnia di Paola hanno smascherato una società “fantasma”, attiva nel settore dei supermercati.

Rilevata la falsa intestazione della società, i militari hanno avviato una verifica fiscale sull’attività, scoprendo che nel corso degli anni i titolari, sia fittizi che effettivi, non avevano mai presentato dichiarazioni fiscali né pagato imposte.

I finanzieri hanno, quindi, ricostruito le vendite e gli utili dell’impresa, constatando la mancata dichiarazione di ricavi per 1,7 milioni di euro ed imposte per oltre 120 mila euro.

 

'Ndrangheta, beni per sei milioni di euro sequestrati a noto chirurgo

Sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, i finanzieri del locale Comando provinciale, supportati dagli uomini del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata e del Ros dei carabinieri, hanno eseguito il sequestro di rapporti finanziari e bancari, per un valore di circa sei milioni di euro, a carico del medico chirurgo Francesco Cellini.

Il provvedimento, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale reggino, segue il sequestro, effettuato nel marzo scorso, di un patrimonio da 19 milioni di euro, ubicato a Roma e nella provincia di Reggio Calabria, riconducibile a Cellini ed al suo nucleo familiare.

Le misure traggono origine dalle risultanze investigative condotte dall’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione “Sansone” e concluse nel 2016 con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali, cautelari e reali, nei confronti di 53 presunti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta “Condello” di Reggio Calabria e “Zito- Bertuca”, “Imerti – Buda” di Villa San Giovanni (RC).

Nel relativo procedimento, Cellini è stato imputato per concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, poiché in qualità di medico responsabile e legale rappresentante della cooperativa "Anphora" che gestisce la clinica “Nova Salus”, ubicata nella frazione di Cannitello di Villa San Giovanni (RC), avrebbe manifestato, "in virtù dei rapporti di costante e reciproco scambio intrattenuti con il capo cosca Pasquale Bertuca", la disponibilità al ricovero presso la struttura sanitaria di mafiosi vicini a Bertuca, "consentendo loro di accedere a trattamenti penitenziari meno afflittivi della detenzione carceraria".

Il medico avrebbe, inoltre, prestato assistenza sanitaria ai latitanti Pasquale e Giovanni Tegano.

Una volta delineato il profilo di pericolosità sociale di Cellini, "in quanto soggetto gravemente indiziato di contiguità alla ‘ndrangheta", l’attività investigativa si è concentrata sulla ricostruzione della capacità reddituale e del complesso dei beni nella disponibilità del professionista e del suo nucleo familiare.

Per gli investigatori, gli investimenti effettuati da Cellini, sarebbero da considerarsi sproporzionati rispetto alle risorse lecite del nucleo familiare.

Alla luce di tali risultanze, su richiesta della stessa Direzione distrettuale antimafia, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto, il sequestro del patrimonio riconducibile a Cellini ed al suo nucleo familiare, stimato in circa 19 milioni di euro, costituito da quote sociali, patrimonio aziendale, rapporti finanziarità, due fabbricati ed un terreno.

Le attività connesse alla ricerca delle disponibilità finanziarie riconducibili a Cellini ed al suo nucleo familiare, hanno determinato, inoltre, il sequestro di rapporti finanziari e bancari per ulteriori sei milioni di euro.

Complessivamente, il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonta a circa 25 milioni di euro.

 

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Sedici lavoratori irregolari scoperti in una ditta di costruzioni

I finanzieri del Comando provinciale di Cosenza, nel corso di un controllo ad una ditta di costruzioni, hanno scoperto la presenza di 16 lavoratori in nero.

L'attività ispettiva è stata condotta dalle fiamme gialle della Compagnia di Paola e della Tenenza di Amantea, nel territorio Amanteano.

Le violazioni sono state, quindi, verbalizzate al fine di applicare le sanzioni che, in caso di impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione da parte del datore di lavoro, prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa che va da 1.500 euro a 9 mila euro per ciascun lavoratore irregolare che non abbia superato, però, i 30 giorni di effettivo lavoro. Le sanzioni, invece, possono arrivare fino a 36 mila euro per ciascun lavoratore, se impiegato per oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

La società controllata, inoltre, è stata “diffidata”, alla regolarizzazione delle inosservanze riscontrate, entro i previsti termini e i lavoratori riconducibili a tali imprese dovranno essere assunti per almeno 3 mesi. 

Scoperta evasione di canoni demaniali per oltre 2,2 milioni di euro

Un'evasione dei canoni per le concessioni demaniali, per un valore di oltre 2,2 milioni di euro.

È quanto hanno scoperto i finanzieri del Comando provinciale di Cosenza, nel corso di una serie di controlli che hanno interessato 52 lidi balneari beneficiari di concessioni demaniali in vari comuni delle costa tirrenica cosentina.

Durante l’attività ispettiva, le fiamme gialle hanno rilevato la mancata corresponsione, per oltre 2.216.000 euro, di canoni demaniali ai comuni ed alla Regione Calabria.

I controlli effettuati dai militari sono stati finalizzati al recupero delle somme non corrisposte ed all'eventuale applicazione della disciplina relativa al Codice della navigazione, che prevede la decadenza dalla concessione demaniale, nel caso di mancato pagamento del canone.

 

Vibo Valentia: Sequestrati un’autocisterna modificata e gasolio di illecita provenienza

Nel corso di un controllo effettuato su un'autobotte, i finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia hanno scoperto la presenza di carburante trasportato senza la prescritta documentazione di accompagnamento, prevista dal Testo unico accise.

In particolare, durante una verifica tecnica svolta sull’autobotte le fiamme gialle hanno rilevato la presenza di quantitativi di gasolio (quasi 250 litri) privi della prescritta documentazione di accompagnamento.

I militari hanno, inoltre, riscontrato anomalie e manomissioni ai sistemi di conteggio del carburante ed alle pompe.

Gli ulteriori accertamenti hanno, quindi, permesso ai finanzieri di scoprire che il mezzo aveva appena effettuato un trasporto di gasolio da riscaldamento destinato ad un ente pubblico e che, quindi, la manomissione dei sistemi di conteggio installati, avrebbe falsato il computo del gasolio erogato, consentendo l’illecito trattenimento del prodotto petrolifero rivenuto sulla cisterna durante il controllo.

Immediato, dunque, è scattato il sequestro del gasolio di illecita provenienza e dell'autocisterna, nonché la denuncia all’autorità giudiziaria di due persone, ritenute responsili dei reati di contrabbando di prodotti petroliferi, frode nell’esercizio del commercio e truffa ai danni di un ente pubblico.

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Mettevano in vendita merci contraffatte, chiusi 10 mila negozi online

Sono diecimila i negozi online chiusi, perché mettevano in vendita merci contraffatte.

Il provvedimento è stato attuato nell’ambito della più grande operazione europea di contrasto, rivolta al mondo mondo dei social network.

Indagini congiunte dell’Intellectual property crime coordinated coalition di Europol, della Guardia di finanza italiana e delle autorità di polizia di nove Stati membri dell'Unione europea, hanno portato al sequestro di ventimila prodotti contraffatti ed alla chiusura di oltre mille conti.

Le piattaforme interessate dal provveimento vendevano di tutto, articoli sportivi, medicine, telefoni cellulari, borse, gioielli, occhiali da sole, abbigliamento, orologi, profumi, cosmetici, etc..

L’operazione, denominata Aphrodite, gestita con la collaborazione di Belgio, Bulgaria, Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna e Regno Unito, ha portato all'individuazione di oltre 250 persone, un centinaio delle quali denunciate, dedite alla commercializzazione di merci contraffatte e contenuti pirata.

Numerose sono le indagini ancora in corso, finalizzate a delineare compiutamente i contorni di un fenomeno proliferato grazie alla rete.

Del resto, internet continua ad essere un importante veicolo per la commissione di reati contro la proprietà intellettuale, in quanto utilizza nuovi ed emergenti piattaforme, come i social media, che hanno semplificato e velocizzato la pubblicazione e la condivisione delle offerte di prodotti contraffatti e pirata ad un pubblico sempre in maggiore espansione.

Scoperta maxi frode fiscale, sequestrati beni per 1,6 milioni di euro

I finanzieri del Gruppo di Sibari, in esecuzione di un provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca anche per equivalente, emesso dal gip presso il tribunale di Castrovillari, hanno sottoposto a vincolo cautelare beni e disponibilità finanziarie, nei confronti di una società, operante nel settore dei trasporti, del suo legale rappresentante (B.C. di 30 anni) e del consulente fiscale e depositario delle scritture contabili (F.D. di 67 anni).

Il sequestro, operato presso le due sedi aziendali di Cassano allo Ionio (CS) e San Stino di Livenza (VE), rappresenta la conseguenza di una complessa e articolata attività di polizia economico – finanziaria, nel corso della quale le fiamme gialle hanno scoperto una consistente frode fiscale caratterizzata, in particolare, dall’utilizzo di crediti Iva fittizi o inesistenti, precostituiti e utilizzati in compensazione di imposte e contributi Inps dovuti.

Gli accertamenti, condotti dai finanzieri di Sibari hanno consentito, infatti, di rilevare come la frode sia stata attuata all’indomani dell’avvio dell’attività imprenditoriale, avvenuta nel mese di dicembre 2012, e portata avanti nel corso delle successive annualità d’imposta, grazie ad una serie di annotazioni contabili inesistenti, realizzate anche attraverso l’utilizzo di false fatturazioni

Al termine dell’attività, il legale rappresentante della società è stato denunciato a piede libero per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indebita compensazione di crediti Iva inesistenti.

Denuncia a piede libero, anche, per il consulente fiscale, accusato di dichiarazione infedele e indebita compensazione.

Il giudice per le indagini preliminari, accogliendo le richieste del pubblico ministero, ha emesso il decreto di sequestro, finalizzato alla “confisca diretta”, nei confronti della società, nonché “per equivalente”, nei confronti degli indagati, di beni mobili, immobili, denaro ed altre utilità nella loro disponibilità, per un ammontare complessivo di oltre 1,6 milioni di euro.

Le attività di sequestro, che hanno interessato le province di Cosenza, Salerno, Venezia e Treviso, hanno coinvolto 28 automezzi (autovetture, motrici e semirimorchi), 2 unità immobiliari (una villetta ed un terreno), quote societarie e conti correnti.

Gli indagati rischiano ora una condanna fino a sei anni di reclusione.

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