Ottengono buoni spesa per il coronavirus con dichiarazioni false, scoperti 86 "furbetti"

Ancora indagini sulle indebite richieste delle elargizioni sociali. Anche in questo periodo di difficoltà dovuto all’emergenza coronavirus, nell’ambito dei sussidi sociali, non di rado, false certificazioni e truffe, consentono a persone prive dei requisiti di ottenere denaro pubblico, con evidente danno economico e sociale per la collettività, sottraendo le risorse a chi ne avrebbe veramente bisogno. L’attività di controllo e verifica dei carabinieri in tale delicato settore,  resa particolarmente efficace dalla capillarità delle Stazioni sul territorio, si è rivolta, in ultimo, nella destinazione dei cosiddetti “buoni spesa covid”, ovvero un aiuto straordinario introdotto dal governo per questo periodo di emergenza sanitaria ed erogati direttamente dai Comuni persone e famiglie in difficoltà economica per acquistare alimenti, farmaci e altri beni di prima necessità.

In tal senso, i carabinieri della Compagnia di Taurianova (Rc), grazie al lavoro delle Stazioni presenti in vari Comuni della Piana di Gioia Tauro, in particolare Taurianova, Molochio, San Giorgio Morgeto e Polistena, hanno svolto un’ attività di controllo e verifica delle istanze prodotte per ottenere i “buoni spesa”, al fine di verificare la regolarità delle attestazioni prodotte e quindi dell’effettivo possesso dei requisiti.

Da tale operazione, denominata “Dike 2”, che segue analoghi accertamenti sui percettori del reddito di cittadinanza svolti nel maggio scorso, sono emerse una serie di irregolarità a carico di ben 86 cittadini - di cui 61 solo nel Comune di Taurianova e 14 nel Comune di Molochio - con un danno erariale complessivo stimato in circa 25 mila euro, che i carabinieri hanno segnalato all’autorità giudiziaria di Palmi.

 Le principali irregolarità emerse negli accertamenti riguardano, da un lato la falsa attestazione sulla residenza e l’indicazione dei componenti del nucleo famigliare (essendo l’elargizione  anche connessa all’effettivo stato di bisogno della famiglia), dall’altro l’omessa o falsa indicazione di ricevere, nel medesimo periodo, altri sussidi sociali, circostanza nei casi analizzati ostativa al recepimento, come la disoccupazione, periodi retribuiti di malattia dei c.d. “braccianti agricoli”, pensioni di invalidità ed anche  l’indennità di maternità e lo stesso reddito di cittadinanza.

L’attenta analisi documentale, corroborata e rafforzata da una profonda conoscenza del territorio e delle persone da parte dei carabinieri, ha consentito di scoprire i "furbetti" che hanno percepito il sussidio senza averne diritto.

Armi da guerra e munizioni nascoste in terreni privati, due arresti

Armi, munizioni ed una granata. E’ quanto hanno rinvenuto durante una serie di perquisizioni, i carabinieri della Compagnia di Taurianova (Rc) e dello Squadrone eliportato “Cacciatori”.

In particolare, in un terreno privato ubicato nel centro di Taurianova, i militari hanno rinvenuto, in alcuni barattoli nascosti sotto terra ai margini del muro perimetrale, una granata di produzione Est-europea e 30 munizioni di vario calibro.

Gli utilizzatori del terreno, ovvero A. A., di 31 anni e l’omonimo nonno paterno, di 72 anni, sono stati tratti in arresto in flagranza per possesso illecito di munizioni e materiale esplodente da guerra.

Durante un’altra attività condotta nelle stese ore in un terreno utilizzato da un altro taurianovese F.A., di 38 anni, i militari hanno rinvenuto due giubbotti antiproiettile ed alcune cartucce calibro 12.

 Inoltre, in un terreno contiguo, i carabinieri, grazie al’uso di un metal detector, hanno rinvenuto, parzialmente interrati, due fucili mitragliatori Ak-47 “Kalashnikov”, un fucile Beretta calibro 12 a canne sovrapposte, con matricola abrasa e diverse munizioni dello stesso calibro.

Tutte le armi e le munizioni sono state sequestrate e saranno sottoposte ad analisi tecniche, anche al fine di verificare l’eventuale utilizzo in episodi di cronaca.

Ballottaggi in Calabria: Falcomatà a Reggio Calabria e Vincenzo Voce a Crotone. Il centrodestra vince a Taurianova, Cirò Marina e San Giovanni in Fiore

Giuseppe Falcomatà a Reggio Calabria e Vincenzo Voce a Crotone.

Sono loro i sindaci indicati dagli elettori in seguito al turno di ballottaggio che ha interessato i due capoluoghi di provincia calabresi.

 Nella città dello Stretto, Falcomatà - sostenuto dal Pd e da altre 11 liste – è riuscito a strappare la riconferma imponendosi, con il 58,36 per cento, su  Antonino Minicuci (41,64 per cento), candidato sindaco indicato dalla Lega e sostenuto dal centrodestra e da alcune liste civiche.

 A Crotone, invece, il 63,95 per cento degli elettori ha accordato la propria fiducia a Vincenzo Voce che, a capo di quattro liste civiche, è riuscito a sbaragliare Antonino Manica (36,05 per cento), sostenuto da dieci liste tra cui Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia.

Oltre ai due capoluoghi di provincia, il turno di ballottaggio ha interessato altri quattro Comuni calabresi con popolazione superiore ai 15 mila abitanti: Castrovillari, San Giovanni in Fiore, Cirò Marina e Taurianova.

A Taurianova, si è imposto, con il 59,18 per cento, Rocco “Roy” Biasi, sostenuto dalla Lega e da due liste civiche. Battuto Fabio Scionti, candidato del Pd e di una lista civica.

A Cirò Marina ha vinto Sergio Ferrari (centrodestra), che ha ottenuto il 56,52 per cento dei voti, contro il candidato del centrosinistra e segretario del Pd, Giuseppe Dell’Aquila.

Vittoria del centrodestra anche a San Giovanni in Fiore, dove Rosaria Succurro, con 54,06 per cento dei consensi, ha avuto la meglio su Antonio Barile.

Infine, a Castrovillari si è confermato per la terza volta Mimmo Lo Polito che, con il 53,20 per cento dei voti, ha battuto Giancarlo Lamensa che si è fermato a 46,80 per cento.

Donna minaccia il sucidio, bloccata dai carabinieri sul ciglio di un dirupo

Una concitata telefonata al “112” di una donna in lacrime, che preannuncia di essere in procinto di togliersi la vita lanciandosi da un dirupo, forse un ultimo tentativo di cercare aiuto prima dell’estremo gesto, non avvenuto anche grazie all’attento, reattivo e professionale intervento dei carabinieri della Compagnia di Taurianova (Rc).

Il disperato racconto telefonico di una cinquantenne della Piana di Gioia Tauro, in forte stato di agitazione, è stato ascoltato da un operatore della Centrale operativa di Taurianova che, compresa la gravità della situazione, ha iniziato una lunga conversazione con toni pacati e sereni, rassicurando l’interlocutrice, riuscendo a prendere tempo e a farsi dire dove si trovasse, dove stesse andando e con quale mezzo.

Appena compreso che l’interlocutrice si stava dirigendo in una zona dell’Aspromonte alla guida della propria autovettura, il centralinista, senza mai perdere il contatto telefonico, ha fatto convergere sul luogo – a quel punto già individuato – una pattuglia della Stazione carabinieri di Cittanova.

Una volta arrivati, i militari hanno individuato la donna oltre la strada asfaltata, in una zona boschiva proprio sul ciglio di un dirupo alto una decina di metri.

I due carabinieri hanno iniziato un dialogo al fine di tranquillizzare la donna, la quale però, ha intimato loro di non avvicinarsi, altrimenti si sarebbe gettata nel vuoto.

La grande pazienza e la prontezza di intervenire in un momento di distrazione della donna, ha consentito ai militari di raggiungerla e portarla in sicurezza.

Poco dopo, i locali servizi sociali e sanitari sono giunti sul posto e la cinquantenne, che non ha riportato ferite, ha ricevuto tutte le cure del caso.

Truffa dello specchietto, manette per un 19enne

Ricercano e individuano la loro vittima, solitamente automobilisti anziani soli o comunque persone vulnerabili; lanciano qualcosa di “solido” sulla carrozzeria dell’autovettura del prescelto in modo da provocare un rumore più o meno percettibile; affiancano la macchina della vittima e, in modo più o meno minaccioso, lo accusano falsamente di aver rotto lo specchietto della propria auto con una manovra sbagliata, chiedendo in cambio una somma di denaro per evitare inutili trafile burocratiche, spesso convincendo lo spaventato guidatore.

È la celeberrima “truffa dello specchietto”, ormai nota e conosciuta in tutto Italia ma che, ancora oggi, coinvolge numerosi automobilisti.

Ed è proprio dopo alcune segnalazioni di analoghi tentativi di truffa, che i carabinieri della Compagnia di Taurianova (Rc) hanno avviato specifici servizi per la ricerca e individuazione dei responsabili che, nella giornata di ieri, hanno portato all’arresto in flagranza di Giuseppe Scafiri, diciannovenne residente a Noto (Sr), ritenuto responsabile del reato di truffa aggravata, ai danni di un 80enne taurianovese.

In particolare, i militari, dopo una segnalazione di una discussione tra un giovane ed un anziano in una piazzetta appartata di Taurianova, si sono messi subito alla ricerca dell’autovettura guidata dal giovane, una Volkswagen Polo di colore bianco, poco dopo notata e bloccata, nonostante un tentativo di allontanamento, sulla strada provinciale che porta a Gioia Tauro.

A bordo, gli uomini dell'Arma hanno identificato il giovane siciliano al quale hanno chiesto spiegazioni sul comportamento tenuto e, considerate le circostanze, lo hanno sottoposto a perquisizione personale, all’esito della quale è stato trovato in possesso di 870 euro in contanti in banconote di vario taglio, di cui non è riuscito a fornire una plausibile giustificazione.

Una volta condotto in caserma, i carabinieri hanno proceduto a immediati ed efficaci accertamenti investigativi che, grazie anche alla collaborazione di alcuni cittadini, hanno consentito d'individuare l’anziana vittima che nel frattempo era già tornata a casa spaventata, nonché ricostruire quanto poco prima accaduto.

Scafiri, infatti, dopo aver notato l’ottantenne, solo in macchina, uscire da un esercizio commerciale, avrebbe lanciato contro la carrozzeria della sua auto un oggetto solido, per poi inseguire la vittima fino ad una piazzetta più appartata, dove ne avrebbe bloccato la marcia.

Con fare minaccioso avrebbe quindi accusato il pensionato  di avergli rotto lo specchietto e, nonostante i tentativi di discolparsi dell’uomo, lo avrebbe accusato di avergli provocato un ingente danno, addirittura quantificato in quasi mille euro, chiedendo di consegnarli tutti i soldi che aveva in tasca.

L’ottantenne, confuso e frastornato, avrebbe deciso quindi di consegnare ben 870 euro in contanti, così da poter uscire dall’imbarazzante situazione.

Il giovane, dopo aver ricevuto i soldi, avrebbe intimato alla vittima di tornare a casa e non parlare con nessuno dell’accaduto, per poi dirigersi in auto verso la strada provinciale dove, fortunatamente, è stato individuato e bloccato.

Il giovane è stato quindi tratto in arresto in flagranza per truffa aggravata dalla minorata difesa della vittima e ristretto nelle camere di sicurezza in attesa del giudizio di convalida, all’esito del quale, su proposta della Procura di Palmi, il giudice, convalidando l’arresto, ha disposto per l’uomo il divieto di soggiorno in Calabria e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria del luogo di residenza.

Non si esclude che il giovane, verosimilmente insieme ad altri, fosse in “trasferta “nel territorio reggino per compiere in modo seriale questo tipo di reati, che colpiscono le persone più deboli e indifese.

Centro accoglienza migranti gestito in maniera sospetta, sindaco indagato insieme ad altre 5 persone

I carabinieri della Compagnia di Taurianova (Rc) hanno notificato l’avviso di conclusione di indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, nei confronti di 6 persone, tra le quali il sindaco di Varapodio, un incaricato di pubblico servizio gestore di una società cooperativa, due titolari di altrettante imprese d'abbigliamento e due funzionari della Prefettura di Reggio Calabria, variamente indagati per i reati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale (unico reato contestato ai funzionari della Prefettura), abuso d’ufficio, frode nelle pubbliche forniture, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio (tutti reati contestati al sindaco, anche in concorso con altri), truffa ai danni dello Stato e peculato.

Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di ripetute condotte illecite in relazione alla gestione di un centro di accoglienza per cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, realizzato a Varapodio presso l’ex agriturismo “Villa Cristina” e attivo dal settembre 2016 all’aprile 2018, a seguito di una convenzione stipulata tra il Comune di Varapodio e la Prefettura di Reggio Calabria.

Il provvedimento è stato emesso all’esito di un'attività investigativa, supportata anche da monitoraggio tecnico, convenzionalmente denominata “Cara Accoglienza”, condotta dai carabinieri della Compagnia di Taurianova, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, e avviata nel 2017 poco dopo l’apertura della struttura.

L’attività ha consentito di documentare una presunta gestione personale e discrezionale del centro di accoglienza, caratterizzata da poca trasparenza e correttezza, soprattutto in riferimento all’affidamento di servizi e forniture alle imprese, ma anche in relazione all’assunzione dei singoli collaboratori che si occupavano della complessiva gestione dei migranti.

Particolarmente "grave e allarmante" quanto contestato al sindaco di Varapodio, quale responsabile-referente nei confronti della Prefettura di Reggio Calabria per la  “Convenzione per la gestione dei servizi di accoglienza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale”.

Il pubblico amministratore infatti, non solo è accusato di aver stipulato convenzioni mediante affidamenti diretti con imprese da lui scelte, senza avere la preventiva autorizzazione dal consiglio comunale, il tutto in contrasto a quanto previsto dalla normativa in vigore, e comunque in violazione del Codice degli appalti e della stessa Convenzione con la Prefettura (che prevedeva che la scelta degli operatori economici per l’esecuzione del servizio dovevano essere adottata con bandi di gara e procedure di evidenza pubblica) ma, per quanto fino ad ora appurato, tale scelta sarebbe stata compiuta senza l’astensione in presenza di un interesse proprio.

Il primo cittadino, infatti, avrebbe affidato le convenzioni di beni e servizi a soggetti privati con cui si sarebbe trovato in conflitto di interesse, in quanto, per alcuni di essi, avrebbe svolto il ruolo di consulente fiscale o intermediario-commercialista.

In tale contesto, il sindaco è accusato anche di falso ideologico, in quanto avrebbe sottoscritto autodichiarazioni con le quali avrebbe attestato falsamente di non trovarsi in alcuna situazione di conflitto di interesse, tra cui anche legami professionali e/o di amicizia e frequentazione, con i titolari delle imprese affidatarie.

Inoltre, con il legale rappresentante della società cooperativa sociale “Itaca”, che si occupava dell'accoglienza e assistenza ai cittadini stranieri, sarebbe stato legato da consolidati rapporti di collaborazione, amicizia e cointeresse. E proprio in concorso con il gestore della cooperativa, il sindaco dovrà rispondere dei reati di corruzione aggravata per atti contrari ai propri doveri d’ufficio.

Secondo gli inquirenti infatti, in cambio dell’affidamento della convezione, il primo cittadino avrebbe fatto assumere dalla cooperativa, con contratti di prestazione di lavoro occasionale, persone a lui legate da rapporti di collaborazione, anche politica e/o di amicizia.

Tra queste, viene contestata l’assunzione di due consiglieri di maggioranza e della moglie di uno dei due, tutti peraltro privi di specifica competenza in relazione ai compiti affidatigli, che avrebbero ricevuto un contribuito mensile, anticipato dalla cooperativa e poi rimborsato dal Comune.

Più "complessa e grave" la vicenda documentata per uno dei consiglieri di maggioranza assunti dalla cooperativa, per il quale il legale rappresentate dovrà rispondere anche del reato di peculato, in quanto per evitare che il consigliere rompesse i rapporti politici con il primo cittadino, il gestore della società avrebbe distratto parte dei corrispettivi versati dal Comune di Varapodio per pagare un aumento di 200 euro al mese, rispetto a quanto stabilito dal contratto di collaborazione.

Per gli investigatori, ancora più gravi sarebbero le truffe perpetrate ai danni del Comune dalla stessa cooperativa, la quale, mediante artifizi e raggiri, “sovrafatturava” sistematicamente le spese per il pagamento dei collaboratori, in misura nettamente superiore a quelle effettivamente elargita agli stessi, "causando, per solo tale fatto, dal settembre 2016 al marzo 2018, un ingiusto profitto di circa 20.000 euro, con pari danno all’Ente Pubblico".

L’anomala gestione del centro di accoglienza da parte del sindaco emegerebbe anche nei rapporti con due imprese locali, concessionarie del servizio di fornitura di abbagliamento classico, sportivo ed intimo, nonché scarpe e attrezzatura sportiva per i migranti. Il sindaco, in qualità di responsabile del Settore amministrativo, avrebbe stabilito gli importi da liquidare con i titolari delle imprese, accordandosi anche prima che avessero effettivamente fatturato il corrispettivo. Un accordo "fraudolento, già di per sé illecito, che consentiva inoltre un pagamento maggiorato della merce fornita rispetto a quanto precedentemente stabilito, secondo le specifiche indicazioni dello stesso sindaco, il tutto in danno del Comune".

Inoltre, per gli investigatori, una parte della merce sarebbe stata "destinata a persone e scopi estranei al contratto, ed in particolare vestiti e scarpe destinati al figlio del primo cittadino, invece che ai migranti".

Nella vicenda sono rimasti coinvolti anche due funzionari della Prefettura di Reggio Calabria, accusati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, in quanto, "nel corso di un controllo ispettivo al centro di accoglienza finalizzato proprio alla verifica del regolare funzionamento e del corretto impiego dei fondi stanziati dalla Prefettura, avrebbero redatto un verbale falso, nel quale avrebbero omesso di indicare le irregolarità emerse in ordine alla regolarizzazione delle cuoche e alla forniture di alimenti, nonché la mancata manifestazione di interesse per altre cooperativa da parte del Comune, oltre la “Itaca”, direttamente scelta quale unica affidataria".

Il centro di accoglienza di Varapodio, che nel corso del tempo ha ospitato diverse decine di immigrati di varia nazionalità è stato chiuso nell’aprile 2018, con il termine della convenzione tra il Comune e la Prefettura di Reggio Calabria.

Secondo quanto fino ad ora ricostruito dai carabinieri della Compagnia di Taurianova e dalla Procura di Palmi, la struttura ha rappresentato un vero e proprio centro di illecito guadagno e di cointeressi, per il consolidamento dei rapporti personali e professionali dei gestori, in particolare del sindaco, e per il rafforzamento della sua influenza politica nel territorio, il tutto con grave danno ai principi del buon andamento, imparzialità, legalità e trasparenza della pubblica amministrazione.

Maxi sequestro di marijuana in Calabria, 7 mila piante rinvenute in un essiccatoio

I carabinieri della locale Compagnia e dei “Cacciatori” dello Squadrone eliportato di Vibo Valentia hanno individuato, in contrada Torre Lo Schiavo di Taurianova (Rc) un grande capannone in disuso utilizzato come essiccatoio di piante di marijuana.

In particolare, i militari, attirati dal forte odore di marijuana, sono entrati nella struttura, rinvenendo dei grandi ventilatori alimentati con un allaccio abusivo alla rete elettrica pubblica e 7 mila piante di marijuana, per un quantitativo stimato in oltre 350 kg di droga che, una volta sul mercato, avrebbe fruttato oltre 3 milioni di euro.

Le piante erano state trasportate nel capannone da alcune piantagioni in corso d'individuazione.

Lo stupefacente è stato sequestrato e sarà inviato al Ris di Messina per essere sottoposto alle analisi tossicologiche del caso. 

 

Avrebbero favorito la latitanza di un ricercato, arrestati

All'alba di oggi, gli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria e dei Commissariati di Taurianova, Gioia Tauro e Polistena hanno eseguito quattro ordinanze di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari a carico di quattro persone accusate di aver favorito la latitanza di Giovanni Sposato.

Nel corso dell'operazione denominata “Shotgun”, sono stati tratti in arresto: Antonino Fucile, 48 anni; Giuseppe Rao (59); Giovanni Sposato (30) e Giovanni Sposato (29).

Per gli investigatori, Fucile avrebbe messo a disposizione del latitante un’abitazione di sua proprietà, in contrada Latinis di Taurianova; mentre i due Sposato avrebbero fornito supporto, assicurando il necessario scambio d'informazioni con la famiglia.

Infine, Rao, in qualità di infermiere professionale presso il reparto di cardiologia dell’ospedale di Polistena avrebbe garantito al latitante consulti sanitari e in occasione del suo ricovero in ospedale, si sarebbe attivato per fargli ricevere le cure del caso e per assicurare la riservatezza necessaria a sottrarlo alle forze dell’ordine.

Gli arrestati, dopo le formalità di rito, sono stati posti ai domiciliari.

 

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