Misterioso delitto in Calabria: donna uccisa per strada

E' avvolto nel mistero l'assassinio di una donna uccisa con un corpo contundente che l'ha centrata al capo. Vittima del delitto un medico di base 53enne, Anna Giordanelli aggredita a morte mentre stava facendo jogging in una zona periferica di Cetraro, in provincia di Cosenza. Lascia marito e figli.  Il decesso è stato istantaneo. I Carabinieri della Compagnia di Paola, che hanno avviato le indagini sul grave fatto di sangue avvenuto nel corso del pomeriggio di mercoledì, stanno battendo tutte le piste possibili nel tentativo di individuare autore e movente. Sulla scorta di quanto sostenuto dal Procuratore della Repubblica di Paola, a breve distanza dalla scena del crimine sono stati trovati segni del passaggio di un'automobile, che potrebbe essere quella appartenente al responsabile dell'omicidio. Il corpo senza vita della professionista sarà sottoposto ad esame autoptico.  

 

 

Faida nel Vibonese, catturato l'indiziato dell'omicidio del pluripregiudicato Di Leo

Nel tardo pomeriggio  di ieri, la Procura Distrettuale di Catanzaro – Direzione  Distrettuale Antimafia, ha emesso decreto di fermo nei confronti di Francesco Salvatore Fortuna, 36enne pluripregiudicato, esponente di spicco della cosca “Bonavota” di Sant’Onofrio, gravemente indiziato dell’omicidio del pluripregiudicato Domenico Di Leo, consumato nell’estate del 2004 a Tropea mediante esplosione di numerosi colpi di Kalashnikov e di fucile calibro 12. L’uomo è stato catturato alle prime luci dell’alba. Il provvedimento discende dalle indagini coordinate dal Procuratore Aggiunto Giovanni Bombardieri e dal Sostituto Camillo Falvo, condotte della Compagnia di Vibo Valentia che hanno contestualizzato il fatto di sangue, ancorché risalente nel tempo, nel corso delle investigazioni sul taglio di 1000 ulivi patito nel 2011, quale estorsione, da una cooperativa avente scopi benefici gestita anche da religiosi, situata a Stefanaconi, concluse dall’Arma, dopo due anni, con l’arresto dei vertici dei  “Bonavota”. Il fatto aveva attirato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale per le sue modalità odiose, che il Vescovo di Vibo Valentia non aveva esitato a definire “un’offesa a Dio ed agli uomini”. Di Leo sarebbe stato eliminato nelle dinamiche di contrasti interni al clan, originati da differenti vedute sulla allocazione di imprese nella zona industriale di Maierato. Il direttorio della consorteria, infatti, propendeva per la realizzazione di un centro commerciale, mentre il Di Leo per una catena di autolavaggi. Il pretesto dell’omicidio è stato individuato in un’offesa fatta dal Di Leo ad un maggiorente dei  “Bonavota”, che aveva intrattenuto una relazione sentimentale con la cugina, da lui non condivisa. I militari hanno ricevuto determinante apporto dagli accertamenti scientifici dei Carabinieri del RIS di Messina. 

Agguato in Calabria: ucciso un uomo di 36 anni

Un solo colpo di arma da fuoco che lo ha centrato alla testa. Un'esecuzione a tutti gli effetti: è così che è stato ucciso il trentaseienne Francesco Sergi, freddato in una zona di campagna a Platì, in provincia di Reggio Calabria. Sono stati i parenti a trovarlo agonizzante. Immediati i soccorsi prestati da parte del personale sanitario del 118, ma il viaggio verso l'ospedale di Locri, dove è giunto privo di vita, si è rivelato vano. Il luogo dell'agguato,  a ridosso di un casolare appartenente alla vittima, è stato prontamente raggiunto dai Carabinieri subito attivatisi per compiere i primi rilievi utili ai fini investigativi.  

Omicidio di Carmine Avato: sarebbe stato ucciso per 600 euro

Il movente dell'omicidio di Carmine Avato è rintracciabile, secondo il racconto fornito dal trentenne Cristian Dulan, nella somma di seicento euro. E' stato il rumeno, accusato di essere il killer del muratore assassinato all'una della notte del 15 novembre a San Cosmo Albanese, in provincia di Cosenza, a dichiararlo durante l'udienza di convalida celebratasi all'interno della casa di reclusione di Rossano Calabro. Ad ordinare il delitto sarebbe stato Salvatore Buffone, cognato del cinquantaduenne ucciso un mese e mezzo addietro. Il grave fatto di sangue avrebbe, dunque, un'origine nei rapporti particolarmente tesi all'interno della famiglia del presunto mandante e della vittima. Il sospetto esecutore materiale e colui che avrebbe deciso di eliminare il congiunto avevano un'abituale frequentazione testimoniata, sostengono gli inquirenti, dalle conversazioni al telefono che sono state intercettate nel periodo successivo all'assassinio.  

Individuati i due presunti responsabili dell'omicidio di Carmine Avato

Sono ad una svolta, almeno così ritengono gli inquirenti, le indagini sull'assassinio di Carmine Avato, ucciso con quattro colpi di pistola calibro 7.65 nella notte tra il 14 ed il 15 novembre a ridosso della propria abitazione di San Cosmo Albanese. Secondo gli investigatori, che sono in procinto di arrestare le due persone incriminate, ad ordinare il delitto sarebbe stato il cognato della vittima. Ad seguire materialmente il delitto, invece, sarebbe stato un uomo di origini rumene e che avrebbe ammesso le proprie responsabilità di fronte ai titolari dell'inchiesta, condotta dai Carabinieri della Compagnia di Corigliano Calabro e coordinata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari. L'arma era stata già ritrovata. Il cinquantaduenne stava per separarsi dalla moglie da cui aveva avuto tre figli. Fin dai primi istanti successivi all'omicidio l'indagine si era concentrata su un possibile movente da rintracciare in famiglia, in quanto Carmine Avato era ben distante da vicende legate alla criminalità e non aveva mai avuto problemi con la giustizia. 

Omicidio del Procuratore della Repubblica di Torino: arrestato panettiere calabrese

Sarebbe uno dei due autori materiali dell'omicidio di Bruno Caccia, all'epoca a capo della Procura della Repubblica di Torino. Un delitto, quello commesso il 26 giugno del 1983, che fece molto scalpore. Il magistrato stava conducendo diverse inchieste sulla 'ndrangheta, ma le indagini sul suo assassinio puntarono prima la pista del terrorismo, sia "rosso" che "nero". Oggi, trentadue anni più tardi, gli agenti della Squadra Mobile, eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Milano, hanno catturato Bruno Schirripa, reggino trapiantato a Torino dove svolgeva il mestiere di fornaio in una zona periferica del capoluogo piemontese. Quattordici gli spari che scossero il tranquillo quartiere precollinare in cui viveva Bruno Caccia. Fu sorpreso dai killer davanti alla sua abitazione, era in compagnia del suo cane. Ventidue anni fa a finire in manette era stato Domenico Belfiore, che avrebbe ordinato l'omicidio, oltre ad averlo eseguito materialmente con il supporto di Schirripa. A Belfiore, ritenuto uno dei personaggi di maggior spessore criminale della 'ndrangheta attiva in Piemonte, è stata inflitta successivamente la condanna del carcere a vita. Da poco più di sei mesi, ragioni legate alle sue condizioni fisiche gli hanno consentito il trasferimento agli arresti domiciliari. 

 

 

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Omicidio per vendetta: arrestato un 37enne

Nella mattinata di ieri 16 dicembre, in esecuzione di una richiesta formulata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, i Carabinieri della Compagnia di Melito Porto Salvo hanno condotto in carcere, a seguito di un’ordinanza custodiale emessa dal competente GIP,  Kumar Rakesh, cittadino indiano 37enne, nullafacente, dimorante a Melito di Porto Salvo. L’uomo è accusato dell’omicidio preterintenzionale del connazionale Jelly Singh, di 42 anni. I fatti risalgono allo scorso mese di giugno, quando i Carabinieri, allertati sull’utenza di emergenza 112, sono intervenuti all’interno dell’ex caseificio "Libri" di Melito Porto Salvo, luogo in stato di abbandono e ormai divenuto rifugio per senza fissa dimora, dove era stato segnalato il corpo esamine di un giovane uomo. Indubbio, già da un primo esame esterno, il fatto che si fosse trattato di omicidio, come testimoniavano le evidenti ecchimosi sul corpo del malcapitato, oltre alle ferite provocate presumibilmente da alcune coltellate.  Le indagini, pur se rese particolarmente ardue dall’ermeticità che caratterizza la comunità indiana melitese, portate avanti anche con attività tecnica e favorite dalla profonda conoscenza delle dinamiche locali che l’Arma vanta, in ragione della propria capillare diffusione sul territorio, si sono da subito dirette, è questo il convincimento degli investigatori, nel giusto verso e proprio all’interno della cerchia di connazionali amici del defunto è stato individuato il suo presunto assassino. A monte del gesto, ritengono gli inquirenti, la vendetta per un danneggiamento subito. In sede di indagini, infatti, sarebbe emerso che alcuni giorni prima dell’omicidio, la vittima, già conosciuta in paese per gli eccessi nell’uso di sostanze alcoliche, avrebbe incendiato l’abitazione utilizzata da Rakesh, il quale, dopo un’insistente ricerca, avrebbe infine rintracciato Jelly Singh presso l’ex caseificio e ingaggiato con lui una discussione, poi degenerata in una vera e propria colluttazione fisica. L’arrestato, già all’indomani del rinvenimento del cadavere del suo connazionale, più volte sentito dagli inquirenti, aveva fornito varie e contrastanti versioni sui fatti, ammettendo, comunque, sin da subito, di aver colpito Jelly Singh alla nuca con un bastone e di essersi subito dopo allontanato dall’ex caseificio dove, a suo dire, avrebbe lasciato il compatriota ancora in vita. Kumar Rakesh, al termine delle incombenze di rito, è stato condotto presso la Casa circondariale Arghillà di Reggio Calabria.

 

Omicidio nelle vicinanze della stazione di Vibo-Pizzo: ucciso un 45enne

Colpi di pistola sono stati esplosi nei pressi della stazione ferroviaria di Vibo-Pizzo, nella frazione Longobardi della città capoluogo di provincia, lungo la Strada Statale 18. A perdere la vita è stato un 45enne, Francesco Fiorillo. Il corpo è stato trovato nelle immediate vicinanze di una Fiat Uno di colore grigio, in sosta davanti all'ingresso della sua abitazione. Secondo le primissime ricostruzioni, l’uomo avrebbe cercato di scampare all’esecuzione, senza però riuscirci. Sul posto sono giunti gli agenti della Squadra Mobile e il personale del 118. La vittima in passato aveva avuto problemi con la giustizia a causa di vicende connesse alle sostanze stupefacenti. Gli inquirenti ipotizzano che i sicari siano stati due perché hanno accertato che sono sparati sette colpi di pistola con due armi differenti: una calibro 7.65 ed una calibro 9. Ad allertare i soccorsi sarebbe stato il nipote, preoccupato perché Fiorillo ieri sera non era rientrato a casa. Separatosi dalla moglie, in passato è stato il titolare del bar "La Goccia"

 

 

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