‘Ndrangheta, preso il latitante Carmine Penna: era in casa con il nipote 16enne

All'alba di oggi, all'interno di un appartamento nel quartiere Tremulini di Reggio Calabria, i carabinieri del Comando provinciale e dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria hanno localizzato e tratto in arresto Carmine Penna, 37enne di Sinopoli, ricercato dal settembre 2016 quando si era sottratto all'esecuzione del "fermo di indiziato di delitto" n.6974/14 R.G.N.R. Mod. 21 D.D.A. emesso in data 20.09.2016 dalla Procura della  Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia nell’ambito dell’operazione c.d. "Grifone" della Polizia sulla cosca “Santaiti” di Seminara. 

A carico del soggetto, nel provvedimento restrittivo, vengono  contestate ipotesi di porto abusivo e detenzione di armi, detenzione ai fini di spaccio e spaccio di sostanze stupefacenti, reati aggravati dall'art. 7 L.203/1991, per aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo. L’indagine “Grifone” aveva evidenziato cointeressenze di Penna con la cosca “Santaiti” di Seminara, la cui operatività è stata pacificamente riconosciuta nella sentenza “Cosa Mia”.

All'interno dell'appartamento di via Clearco, sulla cui proprietà sono in corso ulteriori accertamenti, al momento dell’intervento dei carabinieri, era presente il nipote 16enne.

Nel corso della perquisizione domiciliare sono state rinvenute, occultate in un vano ricavato nel sottotetto, due buste di marijuana del peso complessivo di circa 700 grammi.

Penna, gravato da numerosi procedimenti penali, è ritenuto soggetto di notevole spessore criminale, contiguo con la cosca Alvaro anche in considerazione dei suoi rapporti di parentela: il nonno materno, infatti, Carmine Alvaro, deceduto nel 2006, era il cognato di Domenico Alvaro, deceduto nel 2010, detto “Don Micu”, giudizialmente riconosciuto come uno dei “capi” dell’omonima cosca con sentenza del Tribunale di Palmi n. 249/2000, divenuta irrevocabile, successivamente fermato nella qualità di “capo locale di Sinopoli”, nell’ambito dell’Operazione c.d. “Crimine”.

La madre Grazia Alvaro risulta scomparsa il 03.12.1990, presumibilmente vittima di lupara bianca, il cui suocero Giuseppe Penna è stato a sua volta assassinato il 12.01.1992 da Carmine Alvaro, padre di Grazia Alvaro.

La sorella Domenica Penna è stata uccisa nel 2001 dal marito  Francescantonio Alvaro, trovato morto, colpito da numerosi colpi di arma da fuoco, nelle campagne di Sinopoli nel luglio 2014.

'Ndrangheta. Operazione "Grifone": arrestate 9 persone

Alle prime ore della mattinata odierna, è stata data esecuzione al Decreto di fermo di indiziato di delitto a carico di nove soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di traffico di armi, e di sostanze stupefacenti, estorsione, ricettazione e furto, aggravati dalla circostanza di aver agevolato alcune articolazioni della 'ndrangheta operanti nella Piana di Gioia Tauro. I provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria che ha coordinato le indagini, dagli investigatori della locale Squadra Mobile e del Commissariato di Palmi. Il provvedimento di fermo - emesso in via d’urgenza sul presupposto che alcuni degli indagati stessero per darsi alla fuga - giunge a compimento di una complessa ed articolata attività di indagine condotta dai poliziotti della Squadra Mobile e del Commissariato di Palmi, finalizzata alla disarticolazione di una consorteria criminale della ‘ndrangheta facente capo alla cosca Santaiti, operante anzitutto nei settori del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, del traffico di armi, delle estorsioni e del furto di notevoli quantità di legname. Esso si basa essenzialmente sulle molteplici risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte dalla D.D.A. di Reggio Calabria, nonché sugli esiti delle attività effettuate a riscontro dagli operatori della Polizia di Stato. Le indagini, secondo gli inquirenti, hanno consentito di documentare numerosi episodi di detenzione, porto e cessione di armi, anche da guerra, tra le quali alcuni kalashnikov, in capo a Stefano Antonio Santaiti, Demetrio Vincenzo Saverio Santaiti, Massimiliano Santaiti, il 34enne Carmelo Santaiti, il 25enne Vincenzo Mario Santaiti, nonché molteplici episodi di traffico di cocaina e produzione di marijuana in capo a Stefano Antonio Santaiti, Massimiliano Santaiti,  in concorso con soggetti sospettati di essere legati ad altre cosche della ‘ndrangheta  quali Andrea Bonforte (di Villa San Giovanni), Saverio Mammoliti (di Castellace di Oppido Mamertina). A Stefano Antonio Santaiti vengono contestate anche alcune estorsioni, nonché episodi di furti di centinaia di quintali di legname, illecitamente procurato dal taglio di alberi secolari di ulivo. Ad altri indagati viene contestato il reato di ricettazione di automezzi di provenienza furtiva ( Massimiliano Santaiti ed il 25enne Vincenzo Mario Santaiti). Assumono particolare rilievo nel contesto delle indagini i fratelli Stefano Antonio, Demetrio Vincenzo Saverio e Massimiliano Santaiti, figli del defunto patriarca Carmelo, nonché i nipoti Carmelo Santaiti (34 anni) ed il 25enne Vincenzo Mario, figli di Saverio Rocco (56 anni)  e Carmine Demetrio, 62 anni (detenuto). Fra i soggetti fermati figura anche Andrea Giuseppe Bonforte, figlio del più noto Giovanni (48 anni), attualmente detenuto, il quale, in virtù delle sue precedenti condanne per associazione mafiosa, omicidio aggravato, estorsione e detenzione illegale di armi e munizioni in concorso, è ritenuto un elemento di spicco della potente cosca di ‘ndrangheta denominata Imerti-Condello, operante nella zona nord della città di Reggio Calabria. Altro personaggio di indiscusso spessore criminale, a parere degli investigatori, sospettato di essere coinvolto assieme ai fratelli Massimiliano e Stefano Santaiti negli affari relativi allo spaccio di sostanze stupefacenti - è il 40enne Saverio Mammoliti, nipote dell’ex collaboratore di giustizia Saverio Mammoliti (74 anni), detto don Saro, capobastone dell’omonima cosca mafiosa, della quale farebbe parte anche Antonino Mammoliti, 79enne padre dell’odierno indagato. Dalle indagini è anche emerso che alcune armi in possesso del sodalizio sarebbero state utilizzate per commettere alcuni omicidi (con riferimento ad un’arma, uno degli indagati chiedeva al suo interlocutore: “ma glielo hai detto che ha fatto qualche omicidio?”). Nel corso delle indagini - che hanno portato alla luce numerosi episodi di detenzione, cessione, produzione e spaccio di quantità anche ingenti (nell’ordine di decine di chilogrammi) di droga, in prevalenza cocaina e marijuana - gli interlocutori, riferiscono i titolari dell'inchiesta, facevano ricorso a termini convenzionali, ma di uso comune, per riferirsi alla sostanza stupefacente che veniva chiamata macchine, jeep, neve, caffè, nel tentativo di porsi al riparo da eventuali intercettazioni. Nel contesto delle operazioni, in esecuzione di un decreto emesso d’urgenza dalla D.D.A. di Reggio Calabria, sono stati sequestrati un’autovettura Mercedes classe A e un terreno a Seminara, riconducibili a Massimiliano Santaiti e alla sorella Maria Rachele Santaiti, atteso che il bene immobile fungeva da base d’appoggio per lo stoccaggio della droga e la consumazione dei delitti di furto del legnane, mentre l’autoveicolo era utilizzato per gli spostamenti funzionali ai traffici di droga. Sono attivamente ricercati altri 4 indagati, nonché un soggetto straniero da tempo allontanatosi dal territorio nazionale.

 

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