"Mala Sanitas". AN rimprovera Falcomatà: "Per pudore avrebbe dovuto tacere"

"La recente inchiesta che ha interessato il reparto di Ginecologia e Neonatologia degli Ospedali Riuniti - affidando le sentenze e gli approfondimenti agli organi competenti- avrebbe dovuto indurre la società civile e la politica - secondo Azione Nazionale Reggio Calabria - a riflessioni più appropriate. Certamente è intollerabile dover assistere a prediche e paternali da parte di soggetti non titolati, almeno per pudore, a proferire parola sull’argomento. E’ il caso, manco a dirlo, del sindaco di Reggio Calabria Falcomatà, capace anche in questa occasione di 'sfruttare' il clamore mediatico a proprio uso e consumo rilasciando dichiarazioni in pompa magna, costruendosi la solita 'aurea' di 'verginello' dalla faccia pulita, consumando interviste televisive sulle emittenti nazionali, dispensando “morali” con dichiarazioni a mezzo stampa. Il dilemma che ci assale, però, è capire se Falcomatà abbia rilasciato queste interviste quale primo cittadino di Reggio o quale fratello di una persona indagata proprio per un “dubbio” concorso agli Ospedali Riuniti; se abbia parlato solo per circostanza (in pieno stile renziano) o per un tormentato sussulto di coscienza. Certamente Falcomatà avrebbe dovuto preferire il silenzio alla banalità. Avrebbe dovuto tacere piuttosto che prendere in giro i cittadini". "'Il posto è mio' arrogava qualcuno: ed era un posto proprio agli Ospedali Riuniti, in sfregio - sottolineano i rappresentanti reggini di AN - ad un regolare concorso pubblico: una procedura per la quale, lo ricordiamo al Sindaco, sua sorella Valeria e suo cognato Demetrio Naccari Carlizzi (altro moralizzatore di professione) risultano indagati. E visto che di sanità si parla, Falcomatà avrebbe potuto ricordare, magari tra una frase ad effetto ed un’altra, quando lo stesso Naccari Carlizzi, al telefono, voleva 'far vendere un organo' ad un giornalista colpevole solo di aver svolto il proprio lavoro, approfondendo i contorni dell’inchiesta in questione, senza schierarsi nell’oblio del silenzio a cui molta stampa reggina è consapevolmente piegata". "Ecco forse Falcomatà, sindaco, avrebbe dovuto esporsi - conclude Azione Nazionale - su queste vicende o, in caso contrario, avrebbe dovuto tacere. Quantomeno per pudore".

 

 

Deputati PD: “Ministero della Salute garantisca sicurezza ai ‘Riuniti’ di Reggio Calabria”

Risale a giovedì scorso la richiesta che la deputata calabrese Enza Bruno Bossio ha inoltrato, insieme alla capogruppo del PD nella Commissione Sanità Donata Lenzi ed alla componente dell’Ufficio di Presidenza della Camera Anna Margherita Miotto, per sollecitare l'intervento del ministro della Salute Beatrice Lorenzin affinché sia garantita la massima sicurezza delle prestazioni sanitarie che si erogano agli “Ospedali Riuniti” di Reggio Calabria. Le parlamentari del PD, a tal fine, hanno presentato una interrogazione urgente in seguito al grave allarme che ha suscitato l'iniziativa della magistratura sulle presunte gravissime condotte nei reparti di ostetricia e ginecologia, neonatologia ed anestesia del nosocomio reggino. “Le indagini del nucleo di polizia tributaria del Comando Provinciale della Guardia di Finanza – sostengono - avrebbero messo in luce un sistema di copertura e di omissione rispetto a presunti e gravissimi episodi di malasanità. I fatti più gravi che hanno portato all’arresto ed alla sospensione di alcuni medici dell’ospedale riguardano, tra quelli accertati, la morte di due neonati e le lesioni irreversibili riportate da un altro bimbo ridotto alla totale invalidità. La gravità e la dimensione dei fatti è data anche dalla presunta esistenza di un sistema di coperture degli errori che, secondo l’accusa, sarebbe stato condiviso dall’intero apparato sanitario”. Le parlamentari democratiche hanno, inoltre, evidenziato che l’intervento del ministro è necessario anche per il fatto che in Calabria la responsabilità ministeriale viene esercitata direttamente, dal momento che la gestione commissariale governativa ha surrogato le funzioni di competenza regionale.

Operazione “Mala Sanitas”, Oliverio: “Ora tolleranza zero”

“Bene l’azione della magistratura sulla sanità a Reggio Calabria. Ora tolleranza zero”. È quanto afferma il presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio, in merito ai gravissimi fatti emersi dall’azione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria che vede coinvolti medici e personale sanitario. “La gravità dei reati contestati – sostiene Oliverio – richiede severità ed un’azione organica esemplare. La Regione si costituirà parte civile in ogni sede ed in ogni grado di giudizio e, contemporaneamente, oltre alle misure già assunte dalla magistratura, porrà in essere tutte le azioni di propria competenza tese a bonificare e a rendere trasparente ogni tipo di attività sanitaria. Già nella mattinata di oggi - conclude il governatore – il direttore generale del dipartimento Salute della Regione Calabria, assieme ai direttori generali dell’Azienda ospedaliera e dell’Azienda sanitaria di Reggio Calabria, hanno attivato una Unità di Crisi che ha già prodotto un apposito Decreto commissariale che autorizza mobilità immediata e accessi straordinari per garantire il mantenimento del servizio all’interno dell’Unità Operativa di Ginecologia degli ‘Ospedali Riuniti’ di Reggio Calabria”.

Coprivano morti e lesioni nel reparto di Ginecologia: dettagli e nomi dell'operazione "Mala Sanitas"

Le Fiamme Gialle  hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal giudice delle indagini preliminari Tribunale - su richiesta della Procura della Repubblica - nei confronti di 11 sanitari operanti o già in servizio presso i reparti di Ostetricia e Ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia del Presidio ospedaliero "Bianchi-Melacrino-Morelli" di Reggio Calabria per i reati di falso ideologico e materiale, di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri nonché di interruzione della gravidanza senza consenso della donna. Si tratta, in particolare, di  4 misure cautelari degli arresti domiciliari nei confronti di medici e di  7 misure interdittive della sospensione dell’esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di 12 mesi a carico di 6 medici e di un'ostetrica. Tale provvedimento rappresenta l’epilogo dell’attività investigativa svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria - G.I.C.O. di Reggio Calabria, che ha permesso, secondo gli inquirenti, di acclarare l’esistenza, in quei reparti del Presidio ospedaliero, di un sistema di copertura illecito, condiviso dall’intero apparato sanitario, che sarebbe stato attuato tutte le volte in cui "le cose non sono andate come dovevano andare" nell’esecuzione dell’intervento sulle singoli gestanti o pazienti, onde evitare di incorrere nelle conseguenti responsabilità soprattutto giudiziarie. L' operazione odierna prende le mosse dalla captazione di alcune telefonate intercettate nell’ambito di un procedimento penale, pendente presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, riguardante una serie di soggetti a vario titolo gravitanti nell’orbita della cosca reggina di 'ndrangheta De Setefano. Nello specifico, dalle intercettazioni attivate su un’utenza intestata alla citata Azienda Ospedaliera e in uso al dottor Alessandro Tripodi, medico ginecologo presso il reparto Ginecologia e Ostetricia, nonché nipote di Giorgio De Stefano, cugino 68enne dei capi storici della medesima cosca di ’ndrangheta) sarebbe emersa, a parere degli investigatori, la consumazione di numerosi episodi di malasanità afferenti a presunti reati di colpa medica e di falsità in atto pubblico da parte del personale dipendente. Questi elementi sono stati successivamente approfonditi in un altro procedimento incardinato presso la Procura Ordinaria nell’ambito del quale si è proceduto ad una ulteriore attività di intercettazione telefonica, a raccogliere le dichiarazioni delle pazienti/degenti, all’acquisizione della documentazione sanitaria (in particolare, delle cartelle cliniche) e all’esecuzione di consulenze tecniche. In tale contesto investigativo il contenuto delle conversazioni intercettate ha assunto un’importanza decisiva e dirimente nella misura in cui la falsità in atto pubblico contestata sarebbe emersa, sostengono i titolari dell'indagine, con evidenza nel rapporto e nella discrasia esistente tra ciò che sarebbe stato (rispetto al singolo caso in argomento) attestato (fittiziamente) in cartella e ciò che, di contro, il personale sanitario coinvolto avrebbe realmente visto e compiuto durante la fase del parto e/o della degenza e/o dell’intervento chirurgico cesareo svoltosi presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti. In particolare, i sospetti episodi di malasanità hanno riguardato il decesso (in due distinti casi) di due bimbi appena nati, le irreversibili lesioni di un altro bimbo dichiarato invalido al 100%, i traumi e le crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente, il procurato aborto di una donna non consenziente nonché le lacerazioni strutturali ed endemiche di parti intime e connotative di altre pazienti. In tale quadro, per coprire le responsabilità derivanti dagli errori medici commessi, il personale sanitario avrebbe proceduto, con varie modalità e sempre d’intesa, a "manipolare" e a falsificare la relativa cartella clinica. Così, secondo il caso trattato e il bisogno necessario, ora "la si chiuderà e poserà nell’armadio", ora si provvederà ad alterarla "con bianchetto", ora si inciderà sulla stessa "con una striatura", ora si provvederà a introdurre nella stessa falsi documenti sanitari, ora a sopprimerne "parti" all’occorrenza, ora si provvederà a confezionarla ad arte, ora infine si ometterà deliberatamente di attestare ciò che si è visto e compiuto durante l’intervento. Sotto il coordinamento della locale Procura, la complessa attività investigativa svolta dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria ha, quindi, posto in luce - mutuando un passaggio dell’ordinanza - "l’esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di «assoluta freddezza e indifferenza» verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata «a salvare gli altri» e non se stessi". Nello specifico - in esecuzione della stessa ordinanza emessa dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria si è proceduto ad applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Pasquale Vadalà, 68 anni, quale Dirigente Medico di II° livello, ex Primario responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia fino all'1 ottobre 2014, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri; di Alessandro Tripodi 47 anni, quale Dirigente Medico di I° livello, attuale Primario responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per le fattispecie di reato di interruzione della gravidanza senza il consenso della donna, di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri; Daniela Manunzio, 50 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per le fattispecie di reato di interruzione della gravidanza senza il consenso della donna e di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Filippo Luigi Saccà, 62 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia nonché Responsabile Struttura Semplice "Diagnosi e Terapia Prenatale", per le fattispecie di reato di interruzione della gravidanza e di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; la misura interdittiva della sospensione dell’esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di dodici mesi nei confronti di Salvatore Timpano, 68 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia fino al 28 febbraio 2015, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Francesca Stiriti, 57 anni, quale Dirigente Medico di I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Pina Grazia Gangemi, 46 anni, quale Ostetrica presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per la fattispecie di reato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Maria Concetta Maio, 64 anni, quale Responsabile di Alta Specialità "Ambulatorio di Neonatologia" presso l’Unità Operativa Complessa di Neonatologia, per la fattispecie di reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici;  Antonella Musella, 58 anni, quale Dirigente Medico I° livello presso l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Luigi Grasso, 64 anni, quale medico anestesista presso l’Unità Operativa di Anestesia fino al 31 dicembre 2012, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici; Annibale Maria Musitano, 69 anni, quale Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia fino al 30 giugno 2013, per le fattispecie di reato di falsità ideologica e materiale commesse dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Conclusivamente, personale del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria ha eseguito 4 misure cautelari degli arresti domiciliari nei confronti di medici e 7 misure interdittive della sospensione dell’esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di 12 mesi a carico di 6 medici e di un'ostetrica.

 

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