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Lavoro in Calabria: il triste destino del progetto “Work Training”

Era il 31 marzo dello scorso anno quando, in una sala della sede reggina dell'Azienda Calabria Lavoro, i giornalisti presenti assistevano alla dettagliata illustrazione del progetto "Work Training". A presentare in ogni sua sfaccettatura le strategie che stavano dietro l'intuizione di concepire una iniziativa di siffatta importanza avevano provveduto l'allora presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti in persona, l'assessore al Lavoro dell'epoca, Nazzareno Salerno e, naturalmente Pasquale Melissari, a quel tempo Commissario dell'Azienda. L'atmosfera era quella tipica delle grandi occasioni, come avrebbe potuto essere altrimenti, del resto, per un evento del genere, allestito per comunicare un passaggio così importante per il presente ed il futuro economico ed occupazionale di una delle aree più povere del Paese? Nella disponibilità di Calabria Lavoro, per dare attuazione al progetto, furono dirottati la bellezza di 4.006.850 euro. Denaro fresco proveniente direttamente dal Fondo Sociale Europeo, che rappresenta il più importante mezzo di cui si avvale l'Unione Europea per supportare la creazione di posti di lavoro all'interno dei propri confini. Come specificato nel testo del bando, l'idea era quella di centrare l'obiettivo cosiddetto D.1 dell'Asse II- Occupabilità Por Calabria FSE 2007-2013 che, nello specifico,  consiste nel "Rafforzare la qualità, l’efficacia e l’efficienza del sistema dei servizi per l’impiego". Un toccasana per la Calabria, una vera e propria manna dal cielo per  aziende e giovani di questa parte del Paese, così afflitta dalla peste della disoccupazione. A beneficiare degli effetti prodotti dal contenuto di "Work Training", infatti, sarebbero cinquecento tirocinanti che risiedono nel territorio provinciale di Reggio Calabria ed ai quali sarebbe corrisposta, per un anno, la cifra mensile di cinquecento euro. Ed una boccata d'ossigeno puro si rivelerebbe anche il circuito imprenditoriale locale: associazioni, fondazioni, imprese, pubblica amministrazione e studi professionali avrebbero l'opportunità di avvalersi, senza alcun costo, delle prestazioni di disoccupati ed inoccupati pagati con le risorse finanziarie stanziate per la realizzazione del progetto. Come sempre accade in questi casi scorrendo i singoli paragrafi degli allegati presenti nel bando, è facile imbattersi in termini anglofoni capaci di dare un'aura di managerialità globalizzata agli estensori. Poco importa se la forma prevale sulla sostanza, ciò che conta è offrire una verosimiglianza di efficienza ad una realtà quotidiana che concretamente si sbriciola sotto i colpi della miseria. A fare da adeguata cornice al contesto le parole, colme di orgoglio, che risuonavano all'interno degli uffici dell'ente strumentale di via Veneto. Proclami che, purtroppo per le ambizioni ed aspirazioni di tanti, sono rimasti fino al momento, a distanza di sedici mesi, nell’eterea dimensione dell’astrattezza. Ad essere frustrati nelle loro aspettative sono stati le migliaia e migliaia di candidati pronti ad inoltrare con sollecitudine la richiesta di essere inseriti nelle graduatorie di merito da cui sarebbero stati scelti i “fortunati”, oltre alle centinaia di soggetti pubblici e privati dai quali era arrivata la formale disponibilità ad accogliere ed addestrare professionalmente i tirocinanti. Tutto evaporato, tutto svanito nell’invisibile pianeta degli annunci senza seguito. A dire la verità, alla conferenza stampa fu data continuità in una torrida giornata di giugno, quando in un Auditorium Calipari  stipato di gente speranzosa fu organizzato un convegno trasmesso in diretta streaming, mattatore il Commissario Melissari, il cui titolo altisonante era “Un’Esperienza di Lavoro, un’opportunità per il tuo futuro”. Una modalità spettacolare per costruire ulteriore visibilità a “Work Training” che, tuttavia, non era riuscito ad arginare le polemiche sorte per i criteri di valutazione utilizzati ai fini della classificazione dei candidati. A destare malumori, in particolare, fu la scelta di attribuire anche quindici punti alla lettera motivazionale, a fronte di una soglia massima di cinque punti assegnabili in riferimento al titolo di studio conseguito. Una opzione che fece storcere il muso ai più, agitati dalla eventualità che in questo modo fosse concesso un eccessivo spettro di scelta discrezionale alla commissione valutatrice. Il M.I.R., proprio in quei giorni trasmise una nota che, stigmatizzando i parametri adottati,  si domandava con preoccupazione: “Ciò che è attestato da anni di studi varrebbe meno di una letterina di predisposizione personale ed obiettivi da raggiungere? E chi ha la presunzione di valutare una lettera che potrebbe anche essere stata scaricata dalle migliaia di lettere trovate su internet ed adattate al caso? Oppure una lettera che potrebbe essere stata scritta da persona diversa da quella che ha presentato la richiesta? E quali sono oggettivamente i parametri con cui si valuta una lettera motivazionale? Chi li ha stabiliti? Ed in base a quali studi specifici”. Quesiti ai quali gli estensori del comunicato chiedevano risposte interpellando anche Aurelio Chizzoniti, in quella fase a capo della Commissione di Vigilanza del Consiglio Regionale. L’organismo di Palazzo Campanella, in data 1 agosto 2014, deliberò, in assenza di Melissari (pure convocato) e che si riservava di produrre una memoria,  “la sospensione di qualsivoglia attività successiva al bando, e nello specifico, con riferimento alla pubblicazione della graduatoria”. Il documento, effettivamente  vergato dal numero 1 della società in house,  soddisfò i dubbi emersi, tanto che un decreto dirigenziale pubblicato il 10 dicembre del 20104 giudicava “il contenuto della motivazione espressa dal Commissario di Azienda Calabria Lavoro, sufficientemente esaustivo per il superamento delle perplessità ex ante insorte e che non si registrano censure o eccezioni di qualsivoglia natura”. E’ proprio in quel documento ufficiale della Regione che viene formalizzata la liquidazione “ad Azienda Calabria Lavoro, la somma di € 2.003.425,00 (duemilionitrequattrocentoventicinquemila/00) quale anticipo del 50%  di cui al Disciplinare art. 7, rep. n. 109339 del 28/03/2014”. Uno step decisivo e che si immaginava potesse rappresentare la svolta auspicata per il tanto agognato sblocco della procedura, soprattutto se si pensa che, ad esempio, il realizzatore dello spot concepito per “Work Training” è stato regolarmente pagato. Il 5 settembre, addirittura, sul sito dell’ente regionale furono pubblicate gli “elenchi” che “riguardano l'ammissibilità alla successiva fase di valutazione”. Un’ulteriore tappa senza esito. Quale poi sia stato il destino di quella considerevole cifra erogata e quali siano state le ragioni che, nel corso di questi sedici mesi, hanno imposto più volte bruschi stop all’iter che si sarebbe dovuto concludere con l’espletamento dei tirocini, rappresentano uno degli innumerevoli bivi in cui la Calabria ha storicamente intrapreso la strada sbagliata.  

 


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