Caporalato in Calabria, quattro misure cautelari

Il Nucleo carabinieri Ispettorato del lavoro di Reggio Calabria ha dato esecuzione a quattro ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, nei confronti di un imprenditore della provincia di Siracusa e di tre presunti “caporali”, due italiani e un tunisino, ritenuti responsabili dello sfruttamento di braccianti agricoli extracomunitari addetti alla raccolta di agrumi nella piana di Gioia Tauro. Contestualmente è stata posta sotto sequestro l’azienda di cui è titolare l’imprenditore.

Il provvedimento, emesso dal gip del Tribunale di Palmi, su richiesta della locale Procura, trae origine da un’attività investigativa avviata e condotta, nel mese di novembre 2020, dai militari del Nil di Reggio Calabria in seguito della denuncia di sei braccianti giunti in Calabria dalla Sicilia per raccogliere mandarini.

Dalle indagini è emerso che il presunto “caporale” di nazionalità tunisina avrebbe reclutato, in Sicilia, braccianti agricoli per destinarli alla raccolta dei mandarini nella piana di Gioia Tauro promettendo loro ottimi guadagni. Una volta giunti nel reggino, i lavoratori, sarebbero stati sottoposti a lunghissimi turni di lavoro, sotto la stretta sorveglianza dei due presunti “caporali” italiani e la minaccia di licenziamento immediato qualora si fossero ribellati. Il loro compenso sarebbe stato di appena un euro per ogni cassetta raccolta. Inoltre, ai lavoratori non sarebbero stati forniti nemmeno i dispositivi di protezione e non sarebbe stata garantita alcuna forma di prevenzione alla diffusione del Covid.

Infine, i militari hanno denunciato il gestore della struttura ricettiva di Palmi che avrebbe omesso di comunicare all’autorità di pubblica sicurezza i dati dei braccianti extracomunitari in essa alloggiati.

 

 

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