Sequestrati beni per un milione di euro a presunto affiliato alla 'ndrangheta

La Polizia ha dato esecuzione a un provvedimento di sequestro emesso dal Tribunale–Sezione Misure di prevenzione di Reggio Calabria, in accoglimento di una proposta del Questore, effettuata sulla scorta di un’articolata attività di natura patrimoniale svolta dalla locale Divisione Anticrimine. Il provvedimento ha interessato beni riconducibili al genero di Giovanni Tegano, Michele Crudo,  38 anni, detenuto, ritenuto affiliato alla cosca Tegano, condannato in via definitiva alla pena di dieci anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione, nell’ambito dell'operazione "Agathos" e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per quattro anni. Le indagini patrimoniali, condotte dal locale Ufficio Misure di Prevenzione della Divisione Polizia Anticrimine, hanno dimostrato, secondo gli inquirenti, la sproporzione tra i redditi percepiti ed il patrimonio a lui direttamente o indirettamente riconducibile, frutto, sostengono gli investigatori, del reimpiego di capitali illeciti. Il Tribunale, accogliendo le risultanze delle investigazioni, ha disposto il sequestro dei seguenti beni, tutti ubicati nel Comune di Reggio Calabria: tre unità immobiliari; quote sociali, intero capitale e intero patrimonio aziendale della "Ditta San Michele & C. S.a.s." di Crudo Michele, avente per oggetto il commercio all’ingrosso e al dettaglio di generi alimentari. Il valore del patrimonio confiscato ammonta complessivamente a circa 1.000.000 di euro. 

'Ndrangheta, un latitante si è costituito ai Carabinieri

Ha messo fine alla latitanza di sua spontanea volontà presentandosi ai Carabinieri il quarantenne Giuseppe Racco. Rifugiatosi insieme a moglie e figlio nella Repubblica Dominicana, sottraendosi così alla condanna definitiva a 5 anni e 5 mesi di carcere nel contesto del processo nato in seguito all'operazione "Minotauro" che accese i fari sulle attività criminali delle cosche insediatesi in Piemonte, è considerato un soggetto affiliato alla locale di Cuorgnè. Ai militari dell'Arma ha raccontato di essersi trasferito a Santo Domingo per questioni di natura privata. Tratto in arresto nel giugno di quattro anni fa, aveva lasciato la galera a maggio del 2013.

'Ndrangheta, blitz dei Carabinieri: 9 arresti

Lesioni personali aggravate, porto e detenzione di armi comuni da sparo, tentato omicidio, traffico di droga: sono i reati contestati, a vario titolo, ai nove soggetti destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa al culmine di un'indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano. Gli arrestati, secondo quanto emerso nel corso dell'attività investigativa, avrebbero dato vita ad un'associazione delinquenziale organica ad un clan della 'ndrangheta operante nella zona di Monza, nel Comasco ed in provincia di Milano. I Carabinieri del capoluogo lombardo, oltre ad aver eseguito i provvedimenti restrittivi, stanno completando in queste ore ventidue perquisizioni.

Aziende confiscate alle mafie: la Calabria si piazza al terzo posto

La Calabria è la terza regione d’Italia (12%) per numero di aziende confiscate alle mafie in via definitiva: è preceduta da Sicilia (33%) e Campania (23%) ed è seguita, a sorpresa, dalla Lombardia (11%). In tutto, sono state confiscate 2.292 aziende. La particolare graduatoria, scaturita da un’elaborazione sugli ultimi dati disponibili, del luglio 2015, dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati è stata illustrata oggi alla Camera di commercio di Milano, durante il convegno “Buone prassi per contrastare l’economia illegale: l’utilizzo a fini sociali dei beni confiscati alle mafie”. I lavori sono stati avviati dal componente di giunta della Camera di commercio di Milano Massimo Ferlini che ha spiegato che “Legalità e sicurezza sono alla base di un’economia e di imprese sane. Conoscere le dimensioni e caratteristiche del fenomeno criminale – ha asserito - è uno strumento utile per combattere l’illegalità che rappresenta oggi un costo significativo per l’economia e limita la crescita e competitività delle imprese del nostro territorio. In questa direzione si muovono anche iniziative come lo sportello RiEmergo che la Camera di commercio mette a disposizione delle imprese più in difficoltà per sostenerle nel processo di denuncia e affrancamento da situazioni di illegalità”. Rilevanti anche le parole di Roberto Alfonso. “L’obiettivo della legislazione sulla confisca e il sequestro dei beni – ha specificato il procuratore generale del Tribunale di Milano – è quello di restituire alla collettività ciò che il crimine le ha sottratto. In questa direzione va il costante impegno delle istituzioni che ha permesso di raggiungere in questi anni straordinari risultati rispetto alle attese degli anni '90. Un passo ulteriore – ha concluso - ci attendiamo dalla modifica al Codice Antimafia attualmente in approvazione in Parlamento”.

Sigillata la "Laura C", la nave con l'arsenale a disposizione della 'ndrangheta

Sono state completate in modo definitivo le operazioni di sigillo del mercantile "Laura C", naufragato nel 1941 nello specchio di mare antistante Saline Ioniche. A bordo una quantità cospicua di ordigni e proiettili che nel corso del tempo aveva fatto dell'imbarcazione un autentico magazzino nella disponibilità dei clan della 'ndrangheta. Sono stati il Prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, il Procuratore della Repubblica, Federico Cafiero De Raho ed i responsabili della Marina Militare a descrivere nel dettaglio le attività eseguite. 

   

'Ndrangheta, sequestrati beni per mezzo milione di euro

La Polizia ha sequestrato beni che ammontano complessivamente a mezzo milione di euro e la cui titolarità è ascrivibile al quarantacinquenne Saverio Laganà, condannato, con sentenza passata in giudicato, ad otto anni di carcere al termine del processo scaturito dall'inchiesta "Artemisia" e considerato tra i protagonisti della faida fra i clan Gioffrè, noti come "'ndoli", e Caia-Laganà-Gioffrè, ribattezzati "ingrisi". entrambi con sede a Seminara. Il provvedimento, disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, è stato assunto in base all'incongruenza, accertata dagli inquirenti, tra quanto dichiarato al Fisco ed il complesso patrimoniale riferibile all'indagato. Un'anomalia spiegabile, a parere degli investigatori, del riutilizzo di denaro illecitamente accumulato. 

Confiscati beni per 500 mila euro ad un presunto affiliato alla 'ndrangheta

Un patrimonio il cui valore ammonta complessivamente a mezzo milione di euro è stato confiscato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Catanzaro. La titolarità dei beni sarebbe ascrivibile ad uomo di 50 anni, Tommaso Aprile. Originario di Potenza, vive a Catanzaro. ritenuto dagli investigatori soggetto affiliato al clan dei "Gaglianesi", lo scorso anno è stato disposto nei suoi confronti il regime della sorveglianza speciale. Sei mesi addietro gli automezzi, i conti correnti bancari e gli immobili oggetto della confisca erano stati messi sotto sequestro.

'Ndrangheta: il presunto boss Giovanni Mancuso arrestato per evasione dai domiciliari

E' accusato di evasione dai domiciliari il settantaquattrenne Giovanni Mancuso, tratto in arresto oggi dai Carabinieri. Considerato personaggio di spicco dell'omonima cosca di Limbadi, era sottoposto al regime della detenzione domiciliare per il reato d associazione mafiosa addebitatogli nell'ambito dell'inchiesta "Black Monkey". Secondo sostenuto dai militari dell'Arma, si è allontanato da casa per andare Vibo Valentia. Quando gli uomini in divisa lo hanno visto, ha detto loro di aver lasciato il proprio domicilio per essere presente ad un'udienza processuale. Una risposta che non corrispondeva a verità in quanto il prossimo appuntamento in aula presso il Tribunale vibonese è fissato per lunedì. E' stato così ristretto di nuovo ai domiciliari.  Col fratello Antonio, secondo la tesi degli inquirenti che lo hanno coinvolto nel processo "Black money" ha gestito un "organismo centrale gerarchicamente sovraordinato rispetto a più rami operativi autonomi" del potente clan di Limbadi, assumendo i due Mancuso le qualità di "organizzatori, capi e promotori dell'intera organizzazione criminale".

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