'Ndrangheta: Comune di Ricadi commissariato per altri 6 mesi

Un decreto emesso dal Presidente della Repubblica sancisce che il Comune di Ricadi, nel Vibonese, sarà gestito dalla Commissione Straordinaria per un ulteriore semestre. Il provvedimento di scioglimento dell'Ente fu adottato nel febbraio dello scorso anno in seguito ai condizionamenti esercitati dalla criminalità organizzata sulle attività amministrative e politiche. Un quadro fosco che emerse, a parere degli inquirenti, grazie agli esiti investigativi prodotti dall'inchiesta "Black Money", che colpì gli interessi criminali del clan Mancuso. Il provvedimento che certifica la necessità del commissariamento per altri sei mesi al fine di liberare il Municipio dagli effetti perversi generati dalle presunte infiltrazioni della 'ndrangheta, è stato assunto in quanto "la tutela degli interessi primari richiedono un ulteriore intervento dello Stato, che assicuri il ripristino dei principi democratici e di legalità e restituisca efficienza e trasparenza all’azione amministrativa dell’ente".

Processo "Piana": in appello condannati due imprenditori

A due imprenditori è stata inflitta una condanna nel contesto del processo d'appello celebrato con rito abbreviato e derivante dall'inchiesta "Piana" che due anni fa aveva messo nel mirino le attività illecite del clan lametino Giampà. Le indagini erano state condotte dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e da personale della Direzione investigativa antimafia del capoluogo.  Nello specifico, Davide Orlando è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere, mentre a Roberto Piacente il giudice ha comminato una pena di 3 anni e 2 mesi.  Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l'operazione era riuscita a spezzare il filo diretto fra gli affiliati alla cosca Giampà ed i titolari di attività imprenditoriali. Un'intesa in grado di generare, a parere della tesi accusatoria, benefici di natura economica sia all'una che all'altra parte. Il verdetto, in ogni caso, ha confermato l'insussistenza dell'ipotesi di reato di associazione mafiosa. 

Droga e politica, così la 'ndrangheta la fa da padrona

E’ grazie alla cocaina ed ai rapporti con il mondo della finanza e della politica che la ‘ndrangheta è riuscita a diventare una delle “più potenti manifestazioni criminali”. E’ quanto emerge dalla relazione, presentata in Parlamento l’8 settembre scorso, sull’attività svolta e sui risultati conseguiti, nel secondo semestre del 2014, dalla Direzione investigativa antimafia. La relazione, che fa il punto sull’azione di contrasto condotta contro le organizzazioni criminali presenti in Italia, per quanto riguarda la ‘ndrangheta, evidenzia come da “ consorteria essenzialmente calabrese”, abbia “ormai da tempo, travalicato i confini regionali, diventando un aggregato criminale capace di agire con estrema disinvoltura nei contesti più diversificati”. Grazie ad “ un’accentuata predisposizione nei confronti di comparti economici, finanziari ed imprenditoriali” le ‘ndrine calabresi non si limitano a perseguire la “mera accumulazione di denaro”, ma “prediligono” esercitare “forme di potere sui singoli, sulle imprese e sulla collettività, anche grazie ad atteggiamenti di cecità compiacente”. Quel che più sorprende è la “ la capacità degli affiliati di esportare le dinamiche criminali attraverso comportamenti che possono riproporre il tradizionale modello mafioso anche mediante la costituzione al di fuori della Calabria, di nuclei stabili sul territorio legati, spesso, da vincoli familiari”. A favorire una buona dose d’impermeabilità ad alcuni fenomeni come il pentitismo l’organizzazione su base prevalentemente familiare. A differenza di cosa nostra, la ‘ndrangheta “non si identifica in una organizzazione di tipo rigidamente verticistico”, anche se, “nell’ultimo periodo”, appare “protesa nel ricercare una certa forma di aggregazione attorno a centri di comando più definiti”. In altri termini, in un tempo di profondi mutamenti, gli interessi vanno coltivati sul piano globale, quindi, non ha più senso continuare a rappresentare “un mero insieme di cosche prive di connessioni tra loro”. Pertanto, la ‘ndrangheta rappresenta oggi “un sistema criminale moderno, adattato alla mutevolezza delle condizioni ambientali”, capace di adeguarsi ai tempi e di strutturarsi come “una galassia di centri di potere alla ricerca di possibili sinergie con consorterie spesso territorialmente limitrofe”. Non è un caso che le “ indagini” abbiano “consentito di appurare l’esistenza di una regia che tende a riunire le potenzialità ‘ndranghetiste che, pur mantenendo il suo centro nevralgico in Calabria, persegue una costante opera di radicamento in altre regioni d’Italia e all’estero”. Le risultanza investigative avrebbero permesso di fare luce su una struttura “gerarchicamente organizzata, al cui vertice si pone una articolata denominata “provincia” o “crimine”, sovraordinata ai “mandamenti”, che insistono sulle tre macroaree tradizionali definite (ionica, tirrenica e centro), all’interno delle quali operano le “locali” e le ’ndrine’”. Le cosche sarebbero “quindi coinvolte in una stretta sinergia, mai improvvisata, ma, anzi, legata da rigide direttive che fanno emergere l’esistenza di un sistema che, nonostante fortissimi interessi criminali divergenti, mantiene una sostanziale identità di comportamenti”. Un cliché secondo il quale si punta sempre a “penetrare settori che offrono le migliori possibilità di remunerazione". Per questo motivo “gli appetiti malavitosi sono trasmigrati nelle aree di maggiore spesa pubblica ove le infiltrazioni mafiose tendono a confondersi con la miriade di aziende coinvolte nell’assegnazione di ricchi appalti”. La necessità di mettere le mani sul ricco settore dei lavori pubblici, nel corso degli anni, ha indotto le consorterie calabresi a cercare “sinergie” con il mondo della politica tanto da incidere “sulla partecipazione democratica”. Grazie alla capacità di   “ penetrazione del tessuto economico e imprenditoriale, con conseguente acquisizione di ingenti ricchezze” la ‘ndrangheta riesce a “connettersi” con la “cosiddetta zona grigia, in cui orbitano professionisti e imprenditori i quali, a loro volta, rappresentano un canale privilegiato di comunicazione con la politica, interessata ad ottenere consenso e sostegno finanziario”. Un meccanismo collaudato che garantisce il condizionamento delle scelte politiche che determinano il “controllo della cosa pubblica”. Accanto alla rete di relazioni con il mondo delle istituzioni, la ‘ndrangheta è riuscita a costituire un vero e proprio network internazionale grazie al quale ha assunto il controllo, quasi, esclusivo del traffico di droga. “ Nel panorama del traffico internazionale di cocaina, che dal Sud America giunge in Europa, - si legge nella relazione - la ‘ndrangheta riveste una posizione oligopolistica”, tanto che le  “altre organizzazioni criminali italiane richiedono sovente approvvigionamenti a esponenti  ‘ndranghetisti che, attesa l’entità del giro d’affari gestito, possono essere considerati 'grossisti', alla stregua di rappresentanti di una multinazionale”. A promuovere gli esponenti della cosche calabresi al rango d’interlocutori esclusivi dei cartelli sud americani sarebbero “l’affidabilità e la solvibilità”. La disponibilità economica derivante dal traffico di stupefacenti ha permesso alla mafia calabrese di radicarsi nelle aree più ricche del Paese, a tal punto che le regioni a più alto rischio sono considerate quelle “del Centro – Nord Italia”, dove la ‘ndrangheta può contare su importanti appalti pubblici” e su “situazioni favorevoli” che le consentono di “effettuare operazioni di riciclaggio e reinvestimenti di beni ed utilità di provenienza illecita nei comparti economici, commerciali e finanziari”

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Processo "Perseo": disposta la scarcerazione di Francesco Renda

Il giudice delle indagini preliminari, accogliendo favorevolmente la richiesta inoltrata dall'avvocato difensore, ha disposto la scarcerazione di Francesco Renda. Tratto in arresto due ani fa nell'ambito dell'inchiesta denominata "Perseo", che mise nel mirino il clan della 'ndrangheta lametino Giampà,, era detenuto nella casa di reclusione di Cosenza,. L'8 giugno, considerato responsabile di associazione mafiosa e truffa, gli era stata inflitta da parte del gip una condanna a cinque anni di carcere. Il processo era stato celebrato con rito abbreviato. 

Processo Showdown: le richieste del pm contro la 'ndrangheta Soveratese

Vincenzo Capomolla, pubblico ministero che rappresenta la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nel processo scaturito dall'operazione "Showdown", ha richiesto che gli imputati accusati di essere personaggi apicali del clan Sia-Procopio-Tripodi, siano condannati fino a 24 anni di carcere. La requisitoria è stata pronunciata nel corso dell'udienza celebratasi venerdì all'interno dell'aula bunker del Tribunale del capoluogo. Michele Lentini, Fiorito Procopio e Maurizio Tripodi sono accusati, tra l'altro, di associazione mafiosa, favoreggiamento, furto e occultamento del cadavere di Giuseppe Todaro, figlio di Domenico, collaboratore di giustizia. Il 23 ed il 25 settembre, date fissate per le prossime udienze, sono previste le arringhe difensive in un dibattimento che vede sedere sul banco degli imputati parecchi altri soggetti considerati appartenenti al clan che agisce nell'area di Soverato. 

'Ndrangheta e scommesse on line: maxi sequestro da 25 milioni di euro

All’indomani dell’operazione “Gambling”, che ha portato all’arresto di 41 persone e al sequestro di beni per un valore complessivo pari a circa 2 miliardi di euro, personale dei Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, della Squadra Mobile della Polizia di Stato e della Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria unitamente allo S.C.I.C.O. e al Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche di Roma della GdF hanno effettuato un’imponente operazione, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, volta al sequestro di 21 società e trust, di 3 partecipazioni societarie, di 31 siti nazionali e internazionali di “gambling on line”, di 36 immobili, di 15 tra autovetture e motocicli, nonché di ingenti disponibilità finanziarie all’estero, il tutto per un valore di circa 25 milioni di euro. L’attività investigativa proseguita incessantemente dopo gli arresti e i sequestri dello scorso 22 luglio ha permesso di individuare compendi aziendali, siti on line, beni immobili e mobili registrati nonché rapporti finanziari riconducibili a taluni dei membri del sodalizio criminale con proiezione transnazionale - al quale hanno preso parte anche soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta - che avvalendosi di società estere ha esercitato abusivamente l’attività del gioco e delle scommesse sull’intero territorio nazionale, così riciclando ingenti proventi illeciti. In particolare, è stato accertato che - attraverso lo schermo di imprese operanti nel mercato dei giochi e delle scommesse a distanza e dislocando in Stati esteri i server per la raccolta informatica delle giocate e la loro gestione - l’associazione criminale ha aggirato la normativa che regola il settore, realizzando consistenti profitti, in parte reinvestiti per l’acquisizione di ulteriori società nonché per l’attivazione di nuovi siti on line per l’esercizio ancora più esteso e remunerativo delle attività illecite. Invero, le indagini svolte sinergicamente dalle Forze di polizia hanno permesso di disvelare una fitta ramificazione di società e trust esteri - con sede a Malta, a Panama, in Romania, nelle Canarie e nelle Antille Olandesi - costituiti ad hoc o acquisiti dall’organizzazione criminale per la gestione dell’esercizio abusivo del gioco e delle scommesse on line e spesso intestati a meri prestanome di comodo. Tale rete ha mantenuto, comunque, il centro decisionale e operativo in Calabria, rappresentando anche gli interessi della ‘ndrangheta, allettata dagli imponenti flussi economici generati da quelle attività imprenditoriali che, oltre a consentire lauti guadagni, hanno agevolato il riciclaggio del denaro sporco. Significativa, altresì, è risultata l’entità delle disponibilità finanziarie sinora individuate all’estero, anche grazie all’efficiente cooperazione internazionale di polizia. Infatti, in Germania e a Singapore sono state sottoposte a sequestro liquidità rispettivamente ammontanti a 1.700.000 euro e a 2.000.000 euro circa. Pertanto, sulla scorta dei gravi elementi indiziari allo stato raccolti, sono stati eseguiti in Calabria, Lazio, Sicilia e Veneto i seguenti provvedimenti, emessi dalla competente Autorità Giudiziaria: sequestri preventivi dell’intero patrimonio aziendale di 21 società e dei trust localizzati in Italia, Malta, Romania, Spagna, Panama e nelle Antille Olandesi; sequestri preventivi di 3 partecipazioni in società italiane; sequestri preventivi di 31 siti nazionali e internazionali di scommesse on line; sequestri preventivi di 36 immobili ubicati nelle province di Belluno, Catanzaro, Cosenza, Enna, Reggio Calabria e Venezia;  sequestri preventivi di 15 tra autovetture e motocicli. Conclusivamente si è proceduto al sequestro di  21 società e trust, di 3 partecipazioni societarie, di 31 siti nazionali e internazionali di “gambling on line”, di  36 immobili, di 15 tra autovetture e motocicli, nonché di ingenti disponibilità finanziarie, per un valore stimato di circa 25 milioni di euro, con l’impiego di uomini dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato e della D.I.A.

'Ndrangheta, processo "Furio Camillo: assolto giovane imprenditore del Vibonese

Imputato per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, è stato assolto, per non aver commesso il fatto, dai giudici del Tribunale di Vibo Valentia il 24enne Giuseppe Ferraro, imprenditore di Nicotera. La sentenza è stata emessa al termine di una camera di consiglio durata tre ore. Camillo Falvo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, aveva sostenuto le ragioni della pubblica accusa richiedendo una pena di 5 anni e 6 mesi di carcere, da accompagnare ad un'ammenda pari a 3500 euro.  Accusato di aver preteso una tangente di 50 mila euro ad un imprenditore edile della provincia di Vibo Valentia, Ferraro era stato tratto in arresto nel gennaio dello scorso anno nel contesto dell'inchiesta "Furio Camillo". I Carabinieri avevano posto fine al suo stato di latitante individuandolo a Vercelli. Secondo quanto ricostruito all'epoca dagli inquirenti, il giovane imprenditore avrebbe intimato alla presunta vittima che, se non avesse ottemperato al pagamento preteso, si sarebbe dovuto allontanare dalla regione.  Le tesi difensive di Ferraro sono state sostenute dagli avvocati Francesco Sabatino e Beatrice Saldarini.  Nel processo di primo grado, che si è celebrato con rito abbreviato sul medesimo episodio, sono state inflitte due condanne a carico di due soggetti di Nicotera, Antonio Campisi e Nicola Drommi, considerati organici alla cosca Mancuso.

La mappa della cosche vibonesi nella relazione della DIA

La provincia di Vibo Valentia  “subisce un forte condizionamento mafioso e le articolazioni criminali più consistenti operano anche in altre regioni dell’Italia ed all’estero”. E’ quanto emerge dalla seconda relazione semestrale della Direzione Investigativa antimafia relativa al 2014. Il documento, appena pubblicato, evidenzia come nel vibonese permanga “l’egemonia e l’operatività della cosca Mancuso di Limbadi, che mantiene posizioni di indiscusso prestigio anche grazie alle alleanze con le cosche delle province di Reggio Calabria e Catanzaro”. Un potere costruito negli anni, grazie alla capacità “di dialogare con il mondo del commercio e della finanza, con taluni politici ed amministratori, nonché di incidere nell’economia reale con importanti investimenti – specie nel settore turistico – lungo la costa vibonese”. A confermarne il primato, la circostanza che “tutte le altre ’ndrine presenti nella provincia sono satelliti o subiscono l’influenza dei Mancuso”. Per quanto riguarda, invece, le famiglie che deterrebbero le leve del comando nelle varie realtà locali, la relazione traccia la seguente mappa: “A Vibo sono presenti i Lo Bianco – Barba, mentre nella Marina del capoluogo persisterebbero i Mantino – Tripodi. A San Gregorio d’Ippona i Fiarè – Razionale; a Stefanaconi e Sant’Onofrio i Bonavota, i Petrolo ed i Patania; a Piscopio i Fiorillo; a Fabrizia è presente una locale. A Briatico e Tropea sono presenti le famiglie Accorinti e La Rosa, mentre più a nord del litorale – comuni di Pizzo e Francavilla Angitola – le famiglie Fiumara e Cracolici. A Filadelfia, nella zona montuosa delle Serre, domina incontrastata la cosca Anello – Fruci, considerata un anello di congiunzione tra la criminalità organizzata vibonese e quella lametina. Nella medesima area persistono i Viperari, che fanno capo ai Vallelonga. Infine, nei comuni di Soriano, Mileto, Sorianello, San Calogero e zone limitrofe risiedono i gruppi Soriano, Prostamo e Petitto. E’ sempre in atto la faida tra i gruppi Loielo – Gallace ed il sodalizio Emanuele, tutti operanti nei comuni di Gerocarne, Soriano Calabro e Sorianello”.

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