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Alaco, Tassone: “Amministrazione opera senza logica e buon senso”

SERRA SAN BRUNO - “Come una lampadina mal funzionante; rimane spenta per mesi ed ogni tanto emette qualche bagliore. La questione Alaco sembra funzionare proprio così. Alle inchieste giudiziarie segue sempre un gran clamore mediatico, passa, poi, qualche giorno e tutto finisce nel dimenticatoio”. Paragone che bada poco all’estetica ma che è molto calzante quello utilizzato da Mirko Tassone per sottolineare una vicenda che si trascina da anni, che rimane tuttora irrisolta e che “disorienta soprattutto i cittadini”. In questo “marasma generale” a colpire l’esponente della minoranza è “l’assenza di alcune amministrazioni comunali” e, in particolare, di quella serrese che, a suo avviso, “ancora una volta, si caratterizza per la somma indifferenza”. A lasciare il segno “è l’intollerabile ignavia, tanto più, che, come andiamo ripetendo da tempo, la soluzione del problema sarebbe, parzialmente, a portata di mano. Una soluzione – precisa Tassone - per la quale non servono ricette miracolose o fantasmagoriche risorse finanziarie. Basterebbe usare il comune buon senso. Si tratta di una soluzione semplice, immediatamente cantierabile, che, stranamente, il sindaco e la sua maggioranza continuano ad ignorare. Per risolvere buona parte del problema, non bisognerebbe fare altro che riattivare l’acquedotto comunale di località ‘Sorgive’ situato nella zona della ‘Scorciatina’”. Il rappresentante di “Al lavoro per il cambiamento” entra nei dettagli tecnici e specifica che “con una capacità di 12/14 litri al secondo, lo storico acquedotto, potrebbe soddisfare per un terzo il fabbisogno cittadino, permettendo, al contempo, di limitare, in maniera considerevole, la dipendenza da Sorical”. I vantaggi sarebbero molteplici poiché “oltre a consentire al Comune di erogare acqua di qualità, la riattivazione assicurerebbe un considerevole risparmio per le casse comunali, quantificabile in una cifra che si aggira intorno ai 100 mila euro all’anno. Se a ciò si aggiunge che l’acquedotto in questione è inutilizzato dal 2011, si comprende il duplice danno arrecato alla cittadina”. I teorici benefici, in mancanza degli adeguati provvedimenti, si sarebbero trasformati in effetti nefasti e Tassone puntualizza che “da una parte sono stati dispersi milioni di metri cubi di vero e proprio oro blu, dall’altra si sono spesi non meno di 400 mila euro per acquistare acqua d’infima qualità. A ciò si aggiunga che, secondo le stime fatte dai tecnici comunali, per riattivare l’acquedotto basterebbero meno di 40 mila euro. Una spesa, quindi, che potrebbe essere ripagata in appena cinque mesi”. La nota di biasimo evidenzia inoltre che “se si fosse proceduto tempestivamente alla riattivazione, l’amministrazione comunale, avrebbe potuto mettere da parte un tesoretto da impiegare, a suo piacimento, nella soluzione definitiva del problema, per abbassare le tasse ai cittadini, per migliorare la qualità dei servizi. Visto il tempo sprecato, la logica ed il buon senso imporrebbero di procedere alla riattivazione immediata dell’acquedotto. Ma la logica ed il buon senso – ammonisce Tassone - come hanno imparato a proprie spese i cittadini, non albergano certo in casa della maggioranza azzurra”.

Alaco: Nuovi avvisi di garanzia e perquisizioni negli uffici regionali

L’Alaco non è mai stato classificato. Anziché procedere alla classificazione delle acque del bacino che rifornisce le case di migliaia di calabresi, sarebbero state analizzate le acque di due delle numerose fiumare tributarie dell’Alaco. Solo in tal modo, sarebbe stata attribuita la classificazione A3, ovvero “acque potabili previo trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione”. E’ quanto emerge dal nuovo filone d’inchiesta denominato “Acqua sporca 2” nell'ambito del quale i carabinieri hanno notificato dieci avvisi di garanzia a funzionari regionali ed imprenditori. La nuova inchiesta segue la prima tranche, “Acqua sporca”, che aveva portato al coinvolgimento di 16 persone tra funzionari, amministratori pubblici e dirigenti Sorical. L’inchiesta condotta dal sostituto procuratore di Vibo Valentia, Michele Sirgiovanni, ha preso l’abbrivio dalla ripetuta non idoneità al consumo umano dell’acqua fornita dall’invaso Alaco. Gli avvisi di garanzia, distribuiti in diverse città (Vibo Valentia, Reggio C., Bologna, Ragusa e Roma), sono stai emessi per reati che vanno dalla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, avvelenamento colposo delle acque, abuso d’ufficio, omissione d’ufficio e falso. Nel corso delle perquisizioni, inoltre, i carabinieri del Nas avrebbero acquisito una gran mole di documenti nei dipartimenti regionali Ambiente, Obiettivi strategici, Lavori pubblici, oltre che in due società private con uffici a Roma e Vibo Valentia. Tra le contestazioni anche l’aver dirottato, mediante una gara d’appalto, fondi pubblici destinati all’Arpacal a beneficio di una società privata. In tal caso, dall’esame della relativa documentazione sarebbe emerso che la copertura finanziaria sarebbe stata trovata, solo, nella fase successiva all’aggiudicazione.

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