Indignati per Naval'nyj, ma silenti sui lager cinesi

Tra i paladini della libertà e dei diritti umani, da qualche giorno, tiene banco  la vicenda di Alexei Naval'nyj, l’attivista politico russo arrestato il 17 gennaio scorso con l’accusa di aver violato gli obblighi di una precedente sentenza detentiva.

L’arresto ed il pugno duro usato dalla polizia contro i manifestanti pro Naval'nyj, hanno provocato un'immediata reazione in Occidente.

Peccato, però, che le cancellerie europee, i media e gli alfieri della libertà ”senza se e senza ma” non siano mai stati altrettanto tempestivi nel condannare la repressione ed i crimini praticati dalla dittatura cinese.

Giusto per fare un esempio, nel 2019 il Parlamento europeo pubblicò un documento dedicato ai lager nei quali sono rinchiusi i membri della minoranza uigura.

Nel rapporto, redatto sulla scorta di documenti classificati (“China cables”), si parla di oltre un milione di persone detenute in "campi di rieducazione"  e soggette “a detenzioni arbitrarie, torture, a pesanti restrizioni delle pratiche religiose e a un'ampia sorveglianza digitalizzata”.

La denuncia, per quanto grave, ad oltre un anno di distanza, non ha prodotto eco o reazioni di sorta.

L’Ue, infatti, sempre pronta ad inasprire le sanzioni contro la Russia per difendere un singolo Naval'nyj, continua a dimostrarsi indifferente al destino di centinaia di migliaia di Naval'nyj, quotidianamente vessati, torturati e privati dei più elementari diritti.   

Un’indifferenza che le istituzioni europee condividono con i paladini dei diritti un tanto al chilo, i quali, al cospetto delle nefandezze compiute dai satrapi di Pechino manifestano il loro indifferente distacco.

Un distacco figlio di un antica pratica: quella dei due pesi e tre misure!

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Coronavirus, Italia: ci sono più morti che in Cina, ora sono 3.405

Sembra un vero e proprio bollettino di guerra, quello illustrato dal commissario per l'emergenza Angelo Borrelli, durante la conferenza stampa alla Protezione Civile.

Il contagio da coronavirus continua inesorabilmente a mietere vittime, regalando all’Italia il triste primato di Paese con il maggior numero di morti da Covid-19.

I 427 registrati nelle ultime ore, portano, infatti, il numero complessivo dei decessi a 3.405, contro i 3.245 della Cina.

La situazione non va meglio sul fronte dei contagi: i 4.480 nuovi casi, fanno salire il totale a 33.190.

Di questi: 2.498 (+241) sono ricoverati in terapia intensiva, 15.757 sono ricoverati con sintomi e 14.935 sono in isolamento domiciliare. 

I guariti sono 4.440, ovvero 415 in più rispetto a ieri.

Il numero complessivo dei contagiati - comprese le vittime e i guariti - ha raggiunto i 41.035.

Coronavirus: dubbi sull'origine dell'epidemia, il mercato del pesce e i serpenti forse non c’entrano

Le prime pagine dei media di tutto il mondo sono piene di notizie sul nuovo coronavirus. Di notizie, e anche di imprecisioni, innescate inizialmente dalla versione dei primi comunicati del governo cinese e proseguite poi sulle pagine di alcune riviste scientifiche, che si stanno affrettando a pubblicare ricerche non sempre, giocoforza, eseguite con il dovuto scrupolo (in pochissimi giorni).

A fare un po’ di chiarezza sull’origine del coronavirus chiamato 2019-nCoV, che si sta diffondendo a una velocità preoccupante, e che ha già fatto più di 80 vittime confermate, sono ora le due ammiraglie della scienza, Nature e Science. Le riviste spiegano perché è improbabile che l’origine dell’epidemia sia il famigerato mercato del pesce di Wuhan e smontano anche le accuse rivolte ai serpenti di essere gli animali-serbatoio del virus.

Per quanto riguarda le prime segnalazioni, Science fa riferimento a un articolo pubblicato su una delle riviste mediche più autorevoli del mondo, Lancet, da diversi gruppi di virologi cinesi, che ricostruiscono quanto accaduto. Il primo paziente è stato segnalato il 1° dicembre 2019, e non era mai stato in quel mercato. Lo stesso vale per 13 dei successivi 40 pazienti contagiati. L’infezione è dunque iniziata a novembre, visto che il tempo medio di incubazione senza sintomi è almeno di un paio di settimane, e non al mercato. Questo è quanto si sa oggi, ma le autorità cinesi e l’Oms avevano segnalato la prima infezione una settimana dopo, l’8 dicembre, affermando che nella maggior parte dei primi casi (senza specificare in quanti) era emersa una visita a quel mercato.

Tratto da Ilfattoalimentare.it

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I motivi per cui il presidente Xi Jinping ha aperto allo studio della religione in Cina

Il processo di trasformazione e di adeguamento della Cina di Xi Jinping, passerà anche attraverso i testi sacri. Per la Cina si è aperta una nuova fase storica, paragonabile sotto certi aspetti, a quello che era successo durante la Rivoluzione cinese del 1966 a opera di Mao TseTung. Oggi infatti per la prima volta, senza nominare direttamente Bibbia, Corano o i Sutra, si sta parlando di un’apertura verso le religioni. Per chi non lo sapesse si tratta di qualcosa di nuovo e di epocale per la cultura e la politica cinese, volta all’adeguamento di un sistema che per lungo tempo si era opposto a questo tipo di pratiche.

La Cina apre alla religione: perché?

Il pensiero espresso attraverso la nota stampa dice che oggi è necessario resistere efficacemente all’erosione di pensieri estremi ed eresie; cambiare per resistere quindi. Tutto questo appare piuttosto in linea con quanto già espresso dal 2013 in poi, quando si è parlato di un recupero delle tradizioni e delle religioni cinesi, a partire dal taoismo, dottrina che conta nel mondo attualmente, milioni di adepti, seguaci e studiosi interessati al fenomeno.

Il fatto stesso che oggi a Pechino vengano organizzati simposi da parte della Commissione per gli Affari Etnici e Religiosi, è un segnale indicativo e per certi versi distensivo, rispetto a quanto si è sempre visto in Cina, durante i passati decenni. Del resto la Cina, non solo per quanto riguarda la religione sta mostrando segnali evidenti di apertura, sotto diversi punti di vista. Non è un caso se storici e sociologi specializzati in culture orientali, stanno da tempo descrivendo una realtà nuova per quanto riguarda la società cinese.

Il pensiero di Rampini sulla società cinese attuale

E’ quanto più volte sostenuto anche dal giornalista e saggista Federico Rampini, il quale ha dedicato alcune delle sue più pregevoli pubblicazioni recenti, proprio alla società cinese in evoluzione. Ricordiamo il testo edito da Mondadori del 2006 dal titolo Il secolo cinese – Storie di uomini, città e denaro dalla fabbrica del mondo, dove l’Autore ci spiega la sua visione dell’Oriente attraverso pezzi di vita quotidiana, raccolti durante un lungo viaggio, tra Hong Kong, Shanghai e Hangzhou. Il viaggio attraverso la Cina attuale è un manifesto anche della diversità oltre che del mutamento che la cultura cinese sta attualmente attraversando.

Nei giorni scorsi è apparso un interessante articolo sulle differenze che intercorrono tra la regione di Macao e quella di Hong Kong interessante reportage e dossier che indica come mai oggi a Macao non vi siano state proteste, a differenza degli altri territori cinesi che stanno vivendo una fase di cambiamento piuttosto tumultuosa. Macao la conosciamo sotto molti aspetti, anche perché in termini commerciali ci è stata più volte presentata come la nuova Las Vegas asiatica, aspetto che la contraddistingue, rendendola unica, rispetto agli altri luoghi della Cina contemporanea.

Proprio come avviene in Italia e nel resto d'Europa, anche in Cina il gioco d’azzardo è capace di attirare un numero sempre più elevato di utenti, sia in versione digitale che per quanto riguarda il live casinò; per quanto riguarda i casinò online, per il 2019 c'è stato un flusso più ampio e costante di utenti che hanno provato le casino slot machines. Il gioco oggi si sviluppa e di pratica mediamente attraverso dispositivi mobili quali smartphone e tablet, visto che oltre il 67% degli utenti risulta essere attivo proprio in versione smartphone, segnando quindi un nuovo trend che andrà a caratterizzare anche il prossimo biennio, a livello operativo. Inutile dire che la maggior parte di questi dispositivi mobili viene prodotto dal mercato asiatico, in una guerra commerciale tra Corea e Cina.

Delegazione cinese in Calabria, domani l'incontro alla Cittadella regionale

Una delegazione del governo della Provincia cinese del Guizhou sarà protagonista della conferenza in programma alle ore 15 di domani (venerdì 14 dicembre) nella Sala Verde della Cittadella regionale di Germaneto, a Catanzaro.

All’incontro promosso dal consigliere regionale Antonio Scalzo, capogruppo dei “Moderati per la Calabria”, prenderanno parte: il presidente della Regione Mario Oliverio, il vicepresidente Francesco Russo ed i consiglieri regionali Franco Sergio e Giuseppe Neri. La conferenza sarà arricchita dalla partecipazione dei rappresentanti del mondo produttivo, industriale e agricolo e si prefigge l'obiettivo di avviare relazioni e scambi commerciali tra la Calabria e il Guizhou che, da solo, conta oltre 34,7 milioni di abitanti.


Dopo la proiezione di video promozionali e gli interventi istituzionali, il programma prevede, tra l'altro, una mostra fotografica sulla Provincia cinese, la cerimonia d'apertura della “Festa dell'incontro dei peperoncini” e una degustazione di prodotti tipici calabresi.

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La Cina conquista l'Africa è dà una lezione all'Europa

 I giornali, molto reticenti, accennano a una politica cinese in Africa: acquisti di terre, agricoltura, tracciamenti di strade e ferrovie, aeroporti, costruzione di intere città… Nei giorni scorsi, la Cina ha convocato un congresso di ben cinquanta Stati africani.

 Per giudicare se ogni singolo intervento sia fatto bene o no, dovremmo essere lì… e dovremmo ottenere il permesso di spiare, del che molto dubito. Né siamo nel cuore dei governanti e degli imprenditori cinesi, per sapere se sono dei benefattori o degli sfruttatori o mezzo mezzo… A noi tocca solo vedere i fatti.

 Se i fatti sono quelli che leggiamo, cioè interventi massicci. Ebbene, una qualsiasi strada in un qualsiasi luogo e fatta per qualsiasi ragione, apporta comunque benefici a cento chilometri, metà a destra metà a sinistra; e questo senza e prima che gli abitanti se ne accorgano. Una coltivazione moderna produce cibo, e, soprattutto, insegna come si coltiva. Un’industria crea una classe operaia. Ogni produzione di qualsiasi cosa genera indotto. Per tutte queste cose, occorrono infrastrutture e scuole e sanità, e ogni cosa che giovi al vivere civile.

 Con buona pace di Rousseau e di ogni altro ingenuo utopista, il vivere civile è migliore del vivere selvatico. È meno poetico, lo so: ma per il 98% delle persone, è meglio vivere in una città decente che sotto un albero della foresta. E sarebbe ora di stroncare il passatismo inventato di sana pianta, e la nostalgia di una vita georgica… che tanto piace a chi non ha mai letto le Georgiche, che sono un manuale di produzione agricola alla grande, e non un vademecum del morto di fame contento!!!

 La Cina sta attraversando uno dei suoi periodi di apertura al mondo; seguiti, di solito, da grandi chiusure. Il precedente periodo aperto inizia nel XV secolo, e proprio in Africa, raggiunta spesso da navi cinesi; e il mio Anania (Gian Lorenzo Anania, L’universal fabrica del mondo, overo Cosmografia, vol. II, a cura di Ulderico Nisticò, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2008) parla di villaggi di “Cini” nell’attuale California. Furono strettissimi i rapporti tra l’Impero Cinese e l’Europa, e il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) e altri divennero funzionari e mandarini. Sono, chi non lo sapesse, i “gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming”, di Battiato.

 Seguì una chiusura al mondo, dopo la conquista Manchu, completata nel 1644, e che durerà fino alla fine dell’Impero, nel 1911. L’apertura ottocentesca fu una costrizione, soprattutto dopo due guerre dell’oppio, ignobilmente combattute dagli Inglesi per legalizzare lo spaccio in Cina del prodotto indiano.

 Fu un affare colossale, e, di particolare gravità, il rimbecillimento di massa dei maschi; la Cina, divenuta imbelle e divisa, con la Repubblica, tra “signori della guerra”, finì spartita, di fatto, tra Europei, Giapponesi e Americani. Con la spedizione internazionale del 1900 contro i Boxeurs, anche l’Italia ottenne una concessione, nella città di Tientsin.

 Coinvolta passivamente nella Seconda guerra mondiale, la Cina affrontò una guerra civile tra comunisti di Mao (1893-1976) e nazionalisti, questi ultimi ridotti poi all’isola di Formosa. Mao stabilì un regime comunista, ma in conflitto con Mosca; esercitando una vera suggestione sul comunismo europeo, disgustato della burocratizzazione dell’Urss e, in Italia, del Pci ufficiale.

 Oggi la Cina è ancora, ufficialmente, comunista; di fatto ha un sistema a partito unico, che governa un sistema economico diciamo così confuciano, fondato sull’obbedienza a imperatore e mandarini, in versione attuale partito e dirigenti; e su un senso etico del lavoro e della famiglia da parte del popolo. Il risultato è che la Cina, pur con stridenti ingiustizie sociali, accumula immani valanghe di soldi sia privati sia pubblici. E i soldi si devono investire.

 Si sta pigliando l’Africa, tra l’altro, lasciata vuota dall’incapacità politica di un’Europa Unita che, di unito avendo ben poco, sta in mano ai piatti passacarte di Bruxelles.

 Ma se la Cina riesce a far vivere gli Africani in Africa, e magari li rende confuciani con disciplina e lavoro, magari se ne restano in Africa, e ci vivono onestamente e contenti.

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L'espansionismo cinese e la nuova via della seta, se n'è discusso a Soveria Mannelli

Intelligence e globalizzazione: la nuova via della seta" è stato il tema trattato nella seconda lezione dell'Universitá d'estate sull'intelligence che si sta svolgendo da giovedì a Soveria Mannelli presso la biblioteca "Michele Caligiuri".

Le lezioni, introdotte da Mario Caligiuri dell'Università della Calabria e direttore dell'iniziativa, sono state tenute da Antonio Selvatici, docente del Master in Intelligence all'Università Torvergata di Roma e Giuseppe Rao, Consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Per Selvatici, la "nuova via della seta" è una strategia promossa dalla Cina per realizzare infrastrutture marittime e ferroviarie che sostengano l'espansione commerciale. Per lo studioso quello cinese non è tanto un progetto economico quanto politico, culturale e militare, sostenuto con ingenti investimenti economici. Questa strategia è sostenuta da decisioni politiche chiare, circostanza che, di converso, solleva temi decisivi: il rapporto tra democrazia e sviluppo economico e tra tempi di decisione democratici e globalizzazione. Questo processo viene sostenuto dal sistema pubblico attraverso banche e compagnie di navigazione.

La "Via della Seta" terrestre parte da Pechino e arriva in Europa a Duisburg mentre la via marittima coinvolge il nostro Paese con approdo probabilmente a Venezia. Il commercio mondiale viene sviluppato per l'80 per cento via mare ma il nostro Paese non riesce a cogliere queste opportunità di sviluppo.

Per Selvatici, affrontare temi del genere è fondamentale per il nostro Paese.

È quindi intervenuto Giuseppe Rao che ha evidenziato come non si possa interpretare la Cina con gli occhi degli occidentali, poiché occorre capire le loro nozioni del tempo, del nazionalismo e della disciplina. Si sta attuando una strategia di lungo periodo pianificata decenni fa che intende fare diventare la Cina una grande potenza tecnologica. Oggi in Cina i treni viaggiano a 350 all'ora, i sottomarini raggiungono le massime profondità, la stazione lunare cinese è tra le più attrezzate e le ricerche sono avanzatissime come quelle sul grafene.

I principali limiti sono rappresentati dall'inquinamento ambientale e dall'impossibilità di contestare il sistema politico, ma nonostante tali problemi centinaia di milioni di cinesi sono stati sottratti alla povertà. Rao ha concluso sulla governance mondiale, evidenziando che la Cina colma un vuoto di leadership, dando voce a popoli finora emarginati.

Numerose le domande degli studenti che hanno evidenziato i temi del primato della politica sull'economia, dell'efficienza delle èlite, del rispetto dei valori occidentali e della complessità delle minacce.

Si concluderà oggi alle 18 con il Rettore dell'Università della Calabria Gino Crisci e il Direttore del Dipartimento di Lingue e Scienze dell'Educazione dell'ateneo calabrese Roberto Guarasci che, insieme al sindaco Leonardo Sirianni e al  direttore Mario Caligiuri, presenteranno il sottosegretario di Stato alla Giustizia Cosimo Ferri che interverrà su "Intelligence e magistratura: la collaborazione necessaria".

L'Italia terminale della nuova Via della Seta

"La Via della Seta marittima è il progetto strategico e infrastrutturale più importante del pianeta".

È quanto ha affermato Antonio Selvatici, docente di intelligence economica all'Università Tor Vergata di Roma e all'Università degli studi di Firenze intervenendo al convegno conclusivo dei laboratori del Master in intelligence dell'Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

"I cinesi - ha spiegato Selvatici - hanno pianificato lo sviluppo, il finanziamento, la costruzione e la gestione di un corridoio marittimo che raccoglie le merci prodotte in Cina con destinazione l'Europa. Il terminale della via della Seta sarà Venezia o Trieste dove approderanno le merci made in China".

Secondo il docente "il porto di Gioia Tauro è stato escluso dal progetto della Via della Seta sia dai pianificatori cinesi che dai decisori italiani. Probabilmente le grandi navi raggiungeranno direttamente il porto scelto nell'alto Adriatico escludendo Gioia Tauro".

Selvatici ha quindi sostenuto che "i cinesi sono determinati: hanno già previsto d'investire nella prima fase della costruzione dellaVia della Seta 100 miliardi di dollari".

Il docente ha concluso con una serie di interrogativi: "la Via della Seta è un'opportunità o una minaccia? L'Italia è in grado di gestire gli investimenti cinesi e la relativa invasione di merci? Siamo destinati a morire cinesi?". 

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