Faida nelle Pre Serre: Rinaldo Loielo e Filippo Pagano condannati a 8 anni di carcere

I giudici della Corte d'Appello di Catanzaro hanno inflitto 8 anni di reclusione sia a Rinaldo Loielo che a Filippo Pagano. Sedevano sul banco degli imputati con l'accusa di aver detenuto una bomba radiocomandata dagli effetti devastanti e pesante più di due chilogrammi. Il primo risiede ad Ariola, il secondo a Soriano Calabro ed hanno tutti e due 25 anni. In primo grado, processo celebrato con rito abbreviato, era stata irrogata loro la pena a 5 anni di carcere. Furono tratti in arresto dagli agenti della Squadra Mobile nell'ottobre di tre anni addietro nell'ambito di un'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che coinvolse anche Pantaleone Mancuso, noto come "Scarpuni" e considerato personaggio apicale dell'omonima cosca di Limbadi.  Loielo e Pagano furono sorpresi vicino Rosarno a bordo di una vettura dentro cui i poliziotti scovarono l'ordigno. Sulla base di ciò che emerse in fase d'indagine, sarebbe stato Pantaleone Mancuso a consegnare la bomba a Loielo, figlio di quel Giuseppe, assassinato quattordici anni fa nella famosa strage di Ariola e ritenuto anch'egli tra i personaggi di spicco della 'ndrangheta locale. Il materiale esplosivo avrebbe dovuto essere utilizzato con lo scopo di far deflagrare ulteriormente la faida che vedeva contrapposti, nella zona, la cosca Loielo, ai Ciconte ed agli Emanuele. 

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'Ndrangheta, "pentito" inattendibile: assolti 8 presunti affiliati al clan Mancuso

Il Collegio Giudicante del Tribunale di Vibo Valentia ha disposto l'assoluzione di otto persone che sedevano sul banco degli imputati e considerati personaggi di rilievo della cosca Mancuso di Limbadi. A mandare in frantumi le tesi della pubblica accusa è stata l'inattendibilità, secondo quanto deciso in sede di verdetto, dei racconti resi dal testimone di giustizia Alfonso Carano. Contestualmente, infatti, i magistrati hanno ordinato che le sue affermazioni vengano trasmesse agli uffici della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro affinché si proceda contro di lui per il reato di falsa testimonianza.  Il rappresentante della pubblica accusa in aula per conto della DDA catanzarese, Camillo Falvo, si era espresso per una condanna a complessivi ottantasette anni di reclusione. Lo stesso pubblico ministero ha già annunciato che ricorrerà in Appello. Il verdetto riguarda: Pantaleone Mancuso, soprannominato "l'Ingegnere", nei confronti del quale era stata avanzata una richiesta di condanna a sedici anni di carcere; Diego Mancuso (richiesti 14 anni); Domenico Mancuso, figlio del presunto boss Giuseppe Mancuso, (richiesti 8 anni); Francesco Mancuso, noto come "Tabacco" (richiesti 9 anni); Giovanni Mancuso (richiesti 12 anni); Vincenzo Addesi (richiesti 9 anni), di Soriano Calabro; Salvatore Cuturello, genero di Giuseppe Mancuso, (richiesti 8 anni); Salvatore Valenzise (richiesti 11 anni). Erano accusati, a vario titolo, di danneggiamenti, spari in luogo pubblico, sequestro di persona, usura, violenza privata, tutti reati, aggravati dalle modalità mafiose.

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Faida a Gerocarne: sequestrate dai Carabinieri armi trovate in casa di Rinaldo Loielo

E' incessante il lavoro investigativo dei Carabinieri impegnati sul fronte delle indagini portate avanti sui gravi fatti di sangue che nel breve arco di due settimane hanno scosso l'area delle Preserre Vibonesi.  I tentati omicidi di cui sono stati vittime i membri della famiglia Loielo rimangono sotto la lente d'ingrandimento dei militari dell'Arma della Compagnia di Serra San Bruno e della Stazione di Soriano che stamane sono entrati con decisione in casa del 24enne Rinaldo Loielo. Il giovane si trova ristretto ai domiciliari perché condannato nel processo che lo ha riconosciuto colpevole di detenere una bomba di tre chilogrammi rinvenuta due anni addietro. Un ordigno che, sulla scorta di quanto emerso nel corso dell'attività d'indagine, aveva esplicitamente richiesto Pantaleone Mancuso, soprannominato "Scarpuni" e personaggio considerato al vertice dell'omonimo clan di 'ndrangheta, per colpire pesantemente gli affiliati alla cosca Emanuele. Perquisendo l'abitazione di Rinaldo Loielo, ubicata in località Castania, ad Ariola di Gerocarne, sono stati trovati un fucile a pallettoni calibro 12, una pistola calibro 357 pronta all'uso e cinque munizioni. Presso l'appartamento oggetto di minuziosi controlli da parte dei Carabinieri guidati  dal tenente Mattia Ivano Losciale, si trovavano pure Valerio e Rinaldo Loielo, rispettivamente di 21 e 20 anni, tra loro cugini e sfuggiti alle fucilate esplose contro di loro e Walter Loielo, che ha riportato ferite varie. Gli uomini in divisa li hanno invitati a seguirli in caserma per compiere ulteriori verifiche così da appurare con precisione la loro posizione in merito al possesso dell'arsenale scoperto stamattina.  

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Arrestato il figlio del presunto boss Pantaleone Mancuso

Deve rispondere oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale Emanuele Mancuso, 26 anni, già in passato coinvolto in altri procedimenti penali. E' figlio di Pantaleone, considerato il capo dell'omonimo clan. Il giovane è finito in manette insieme ad un altro ragazzo, Demetrio Putortì, 22 anni.  Secondo quanto riferito dai Carabinieri, gli arrestati, sottoposti ad un controllo effettuato ad un posto di blocco, hanno insultato ed aggredito i militari dell'Arma che avevano intimato l'alt alla vettura a bordo della quale stavano viaggiando. Ristretti ai domiciliari, attendono ora le disposizioni del magistrato. 

Pantaleone e Giuseppe Mancuso assolti dall'accusa di tentato omicidio

Sono stati assolti dall'accusa di tentato omicidio il 54enne Pantaleone Mancuso, considerato il personaggio apicale dell'omonimo clan di Limbadi, ed il figlio 26enne Giuseppe. A pronunciare il verdetto è stato il giudice per le udienze preliminari del Tribunale, il quale ha deciso che i due imputati non hanno commesso il fatto. Al centro dell'attenzione processuale l'agguato in cui riportarono gravi ferite la 70enne Romana Mancuso ed il 43enne Giovanni Rizzo, legati da vincoli di parentela ai due soggetti che erano considerati responsabili del fatto di sangue.  Giuseppe Mancuso ha così riguadagnato lo status di uomo libero, al contrario del padre che rimane in carcere. 

'Ndrangheta, presunti boss della cosca Mancuso condannati per estorsione e minacce

Il Collegio Giudicante del Tribunale di Vibo Valentia, al termine del processo originato dall'inchiesta "Never Ending", ha condannato i soggetti considerati al vertice della cosca Mancuso, dominante a Limbadi. Il 54enne Pantaleone Mancuso, soprannominato "Scarpuni", originario della cittadina del Vibonese ed il 62enne di Francavilla Angitola, Raffaele Fiumara, erano imputati dei reati di estorsione aggravata dal metodo mafioso e minaccia nei confronti Giampiero e Vincenzo Ceravolo, entrambi testimoni di giustizia.  Le indagini da cui è derivato il processo avevano portato esattamente due anni fa al loro arresto. A Mancuso è stata inflitta una condanna a 4 anni e 6 mesi di carcere, a Fiumara una pena di 4 anni. I giudici, inoltre, hanno stabilito che i due, per i quali è stata disposta l'interdizione dai pubblici uffici per il prossimo quinquennio, dovranno sborsare denaro, sia a titolo di risarcimento sia per il pagamento delle spese sostenute nel processo. 

'Ndrangheta, il Tribunale ha deciso: Antonio Mancuso deve rimanere in carcere

Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia ha respinto la richiesta avanzata dall'avvocato di Antonio Mancuso che ne aveva sollecitato la scarcerazione a causa delle critiche condizioni fisiche. Il boss di Limbadi, 77 anni, è fratello di Pantaleone Mancuso scomparso sabato sera. I magistrati che hanno disposto la prosecuzione della sua permanenza dietro le sbarre presso la casa di reclusione di Opera, a Milano, si sono mossi in questa direzione perché convinti che le cartelle cliniche esibite non dimostrino l'impossibilità per Antonio Mancuso di continuare ad essere detenuto in prigione. E' stato giudicato responsabile del reato di associazione mafiosa nell'ambito dei processi denominati "Dinasty" e "Dinasty 2". 

'Ndrangheta, per il boss Pantaleone Mancuso funerali privati all'alba

Sarà celebrato domattina alle 6 il rito funebre per il boss Pantaleone Mancuso: così ha deciso il questore di Vibo Valentia, Filippo Bonfiglio, che ne ha anche ordinato lo svolgimento in forma strettamente privato. La cerimonia si svolgerà presso il cimitero di Limbadi dove il feretro è diretto dalla casa di reclusione di Tolmezzo, in provincia di Udine. "Vetrinetta", questo il soprannome con cui era conosciuto, sarà seppellito subito dopo i funerali. Spirato nella tarda serata di sabato, era affetto da una malattia per la quale nessuna cura lo avrebbe potuto salvare. Il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro si era opposto, qualche giorno prima, alla richiesta inoltrata dagli avvocati Gianfranco Giunta e Leopoldo Marchese mossisi per ottenere che il loro assistito fosse scarcerato a causa delle condizioni critiche in cui si trovava e venisse ricoverato in ospedale. I due legali chiederanno che la Procura della Repubblica vibonese acquisisca la documentazione sanitaria del defunto boss. 

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