'Ndrangheta: estradato il boss Leo Caridi

Scortato da personale del Servizio della direzione centrale della polizia criminale, proveniente dalla Svizzera da dove è stato estradato, nella giornata odierna, è giunto all’aeroporto di Roma-Fiumicino, il 57enne Leo Caridi.

Considerato esponente di spicco della cosca mafiosa operante nei quartieri San Giorgio e Boschicello di Reggio Calabria, Caridi era latitante dal 2014.

L’uomo si era sottratto all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Sezione dibattimentale del tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, contestualmente alla condanna a nove anni e sei mesi di reclusione per associazione mafiosa.

Le attività investigative, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e condotte dalla Squadra mobile della locale Questura, con il supporto di numerose attività tecniche e la fattiva collaborazione del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, hanno consentito di individuare il ricercato in Svizzera, dove lo scorso 3 agosto 2016, la Polizia elvetica lo ha arrestato a Ried Brig, nel cantone Vallese.

 L’arresto va ricondotto nell'ambito dell’operazione “Alta Tensione" con la quale, il 21 dicembre 2011, gli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria, coordinati dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, a conclusione di un’articolata attività di indagine della Dda finalizzata a contrastare le cosche della ‘ndrangheta operanti a Reggio Calabria, oltre a Caridi, in quel momento reggente dell’omonima cosca, avevano tratto in arresto altre cinque persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, estorsione e fittizia intestazione di beni.

 Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi figurava, anche, il consigliere comunale di Reggio Calabria Giuseppe Plutino, considerato il referente politico della cosca  e ritenuto responsabile del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Dall'attività investigativa era emerso che la cosca Caridi aveva il completo controllo delle attività estorsive, accompagnate da danneggiamenti e intimidazioni, poste in essere soprattutto ai danni di commercianti dei quartieri Ciccarello, Modena e San Giorgio Extra di Reggio Calabria.

 Dopo l’arresto del 21 dicembre 2011, Caridi era ritornato in libertà l’ 8 agosto 2013, quando il tribunale del riesame ne aveva disposto la scarcerazione. Il 5 dicembre 2014, il tribunale di Reggio Calabria, nel comminare a Caridi la condanna per associazione mafiosa, in accoglimento della richiesta di emissione di provvedimento di custodia cautelare in carcere avanzata dalla Dda di Reggio Calabria, aveva emesso l’ordinanza eseguita oggi, presso l’aeroporto di Roma-Fiumicino.

Dopo le formalità di rito, l’arrestato è stato tradotto alla casa circondariale di Roma-Rebibbia a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

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Operazione "Alta tensione": torna libero Natale Paolo Alampi

Operazione "Alta tensione": torna libero  Natale Paolo Alampi. Era stato condannato alla pena di 16 anni di reclusione in primo grado, ma nel processo d'Appello, sempre difeso dagli avvocati Marco Tullio Martino e Nicoletta Gattuso, si è visto ridurre la pena di 6 anni, stante l'ottenuta assoluzione "dal ruolo di capo promotore e dalla recidiva contestata". In virtù di questa riduzione di pena, e in considerazione della carcerazione già presofferta (4 anni in regime di arresti domiciliari per ragioni di salute, per una gravissima forma di paradontite che non gli consentiva alcuna cura nell'ambito del circuito penitenziario), ha ritrovato la libertà, proprio perché scaduto il relativo termine di fase di riferimento. La Corte di Reggio Calabria ha recepito la richiesta presentata dai legali reggini all'indomani del dispositivo letto nella giornata del 21 ottobre. In favore di Alampi un secondo titolo custodiale, nel processo denominato "Cartaruga", era già stato revocato in virtù di un doppio annullamento pronunciato da parte della Cassazione che, accogliendo i motivi di ricorso presentati e discussi dagli avvocati Domenico Neto e Marco Tullio Martino, aveva già disposto la liberazione anche per questa causa.

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