Serra: come nasce una tradizione, il sigaro della festa dell'Addolorata. PARTE SECONDA

 L’articolo che segue è la prosecuzione di un pezzo pubblicato sabato scorso ed al quale è possibile accedere cliccando qui

 Secondo alcune fonti, ad introdurre in Europa i semi del tabacco sarebbe stato un monaco, André Thevet, il quale, durante la permanenza in Brasile, aveva osservato l’uso che gli indigeni facevano di quell’erba chiamata “petum” la quale, una volta essiccata, veniva avvolta in una “foglia di palma, della forma e grandezza di una candela” per poi essere fumata. Dal Portogallo, la pianta si diffuse in Europa. In Francia arrivò grazie all’ambasciatore Jean Nicot, da cui il nome scientifico “nicotiana”. Anche in Italia arrivò attraverso canali diplomatici, grazie al cardinale Prospero di Santa Croce, nunzio del papa. Il pontefice affidò i semi ai monaci dei conventi laziali che furono i primi a coltivarli nel Belpaese. Ad agevolarne la diffusione, le presunte virtù mediche che spingevano i nobili a farne un crescente consumo. Così, come accadeva tra i nativi, il tabacco veniva fumato, fiutato, masticato o bevuto come infuso. La moda di fumarlo prese il sopravvento. Intorno al Seicento le foglie venivano sminuzzate in pipe d’argilla. Successivamente si diffuse l’uso di altri materiali come il gesso, la ceramica, la schiuma di mare ed a partire dalle seconda metà dell’Ottocento, la radica. Inizialmente si trattava di un “vizio” riservato ai nobili, gli unici che potevano permettersi un prodotto di lusso come il tabacco. Come capita, anche oggi, quello status symbol subì un progressivo processo di massificazione. Così, nel volgere di qualche decennio il tabacco si diffuse tra le classi popolari che lo fumavano nelle pipe di terracotta. A diffondere l’uso della pipa in giro per l’Europa era stata la Guerra dei Trent’anni. A favorire la diffusione del sigaro, saranno, invece, le campagne napoleoniche. I soldati francesi, infatti, solcando le strade del Vecchio Continente portavano nei loro tascapane un  massiccia dose di tabacco. Nei primi anni dell’Ottocento, fumare il sigaro equivaleva, infatti, ad una dichiarazione di appartenenza agli ideali che avevano ispirato la rivoluzione. A partire dal 1830, da metafora della rivoluzione, il sigaro divenne oggetto di moda nelle buona società. Se la pipa all’inizio era stata il simbolo dell’aristocrazia, il sigaro lo divenne della borghesia. La nuova classe, in piena ascesa, attraverso quell’oggetto portato dalle Americhe faceva sfoggio dell’agio e della propria elevazione sociale. Quanto, il sigaro, fosse poco accessibile ai ceti popolari lo testimonia la presenza nella grandi città dei cosiddetti “ciccatori”, ovvero uomini poverissimi che andavano in giro a raccogliere i mozziconi che poi rivendevano per pochi spiccioli. E’ plausibili, quindi, che i componenti della confraternita dei Sette Dolori, appartenendo al mondo delle “maestranze” e delle “professioni”, abbiano voluto con il sigaro, marcare ulteriormente la distanza dai confratelli appartenenti alle altre congreghe, ancora legati alla povera pipa di terracotta. E’ probabile, dunque, che l’usanza si sia diffusa a partire dal 1853, quando la festa venne elevata di rango e alla Vergine Addolorata venne attribuito il titolo di protettrice di Serra. Un’ipotesi suffragata da un ulteriore elemento. L’abitudine di fumare in pubblico si diffuse intorno agli anni Quaranta del XIX secolo. Prima di tale data, fumare fuori dalle mura domestiche era considerato sconveniente, a tal punto che a farlo era solamente il popolino. Il sigaro sdoganò, quindi, l’abitudine di fumare passeggiando. Un’abitudine che si estenderà ulteriormente con la diffusione della Spagnoletta, chiamata così perché prodotta nella penisola Iberica. La spagnoletta diventerà oggetto di consumo di massa dopo la Prima Guerra Mondiale, con il nome di sigaretta, ma questa è un’altra storia.

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Serra: come nasce una tradizione, il sigaro della festa dell'Addolorata. PARTE PRIMA

Ci sono tradizioni costruite attorno a piccoli gesti che, talvolta, continuano ad essere compiuti in maniera inconsapevole. Non è sempre agevole risalire all’origine di un modo di fare cristallizzatosi nel passato e riattualizzato nel presente. Di alcune tradizioni si sa praticamente tutto, altre, invece, come ha evidenziato lo storico delle religioni Mircea Eliade, hanno assunto un significato diverso rispetto al valore originario; di altre ancora, invece, si sa poco o nulla. Anche nelle piccole comunità dove, in teoria, si dovrebbe sapere tutto o quasi, ci sono momenti rituali di cui si disconosce l’origine. A questa regola non sfugge neppure Serra dove, chi arriva la sera del terzo lunedì di settembre, quando si svolge la festa in onore di Maria SS dei Sette Dolori, s’imbatte in insoliti fumatori di sigaro. Si tratta di un antico vezzo che i confratelli dell’Addolorata si concedono in occasione del concerto bandistico del lunedì. Come la tradizione sia nata ed arrivata fino a noi è difficile dirlo, anche se non è impossibile congetturare qualche ipotesi. Per cercare di capire come il sigaro possa suggellare il momento conclusivo di una delle più importanti festività religiosi serresi è necessario fare un passo indietro e ripercorrere, brevemente, la storia del tabacco. La consuetudine di fumare precede la scoperta del Nuovo Mondo. A parlare in età antica dell’uso del fumo presso gli sciti, i traci ed i babilonesi è soprattutto Erodoto. Non è dato sapere cosa si fumasse a quei tempi, quel che è sicuro è che il tabacco conobbe ampia diffusione solo dopo la scoperta dell’America. Il primo europeo ad incontrare il tabacco fu Cristoforo Colombo, che nel suo diario, alla data del 12 ottobre 1492, riporta il dono fattogli dai nativi dell’isola Guanahani, ribattezzata San Salvador, di alcune “foglie curate”. Quanto quelle foglie fossero importanti, Colombo ebbe modo di scoprirlo a Cuba dove vide, per la prima volta, gli indigeni fumare il loro rudimentale sigaro fatto con “foglie arrotolate”. Nel corso del suo viaggio, il navigatore genovese constatò la spiccata difformità nell’uso del tabacco. Alcune popolazioni lo fumavano sotto forma di rozzi sigari, altri spezzettato in piccole pipe, altri ancora in bocchini, antesignani delle sigarette. Il fumo conquistò i marinai spagnoli. Uno in particolare, Rodrigo de Jerez, considerato il primo fumatore europeo di sigari, per questa sua abitudine subì un severissima punizione. Ritornato a Barcellona, nel 1498, a causa del fumo espulso dalla bocca e dal naso, venne condannato, dall’Inquisizione, a dieci anni di carcere con l’accusa di essere uno stregone posseduto da satana. Nonostante l’iniziale diffidenza, il “vizio” si diffonderà ovunque, seppur in un arco temporale relativamente lungo.

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Le pipe di Grenci conquistano la Milano dell'Expo

Nel salotto delle eccellenze, non poteva mancare un capolavoro. Cosi', proprio nella Milano  che ospita l'Expo ha ricevuto il giusto tributo l'arte della pipa calabrese. Un'arte antica, rappresentata fondamentalmente da un marchio storico, come quello di "Grenci". La sede della Confederazione nazionale dell' artigianato e della piccola e media impresa, di via Savona a Milano, nei giorni scorsi  ha ospitato, infatti, il brognaturese Vincenzo Grenci. Nel capoluogo meneghino il discendente del maestro Domenico ha portato alcune delle sue prestigiose creazioni. Si tratta di pezzi unici, pipe modellate secondo un antico procedimento che garantisce una dolcezza di fumata che le rende particolarmente apprezzate dagli estimatori di tabacchi naturali ed english mixture. Ancora oggi, nel piccolo laboratorio di Brognaturo, la produzione  rispetta le antiche regole che Domenico Grenci  ha affinato nel corso degli anni. Grazie agli elevati standard di qualita', le pipe prodotte dall'artigiano calabrese, in passato, hanno conquistato fumatori particolarmente esigenti, come l'ex presidente della Repubblica, Sandro Pertiti, il tecnico della nazionale di calcio a Spagna '82, Enzo Bearzot ed il sindacalista Luciano Lama. In un tempo in cui i cultori della pipa, in Italia, rappresentano un'esigua minoranza, gli estimatori delle "Grenci" non mancano, soprattutto in alcuni mercati come quelli del nord America e dell'Europa scandinava, dove la pipa conserva,  ancora oggi, tutto il suo fascino . Su questi mercati e presso i piu' esigenti fumatori italiani, ieri come oggi, le "Grenci"  rappresentano non tanto un oggetto con il quale fumare, quanto un capolavoro da ammirare e collezionare. 

 

 

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