Deposito incontrollato di rifiuti, sequestro da 135 milioni di euro in Calabria

Beni mobili ed immobili per un valore di 135 milioni di euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza di Lamezia Terme, dal Noe dei carabinieri di Catanzaro e dalla Capitaneria di porto di Vibo Valentia ad una società attiva nel campo del bio-diesel, con sede legale a Latina e sede operativa a Lamezia Terme.

Durante l'operazione, il direttore tecnico dell'azienda è finito in manette con l’accusa di violazione dei sigilli delle aree poste sotto sequestro.

L'indagine riguarda il presunto deposito incontrollato, da parte della società, di rifiuti di varia natura, nell'area "ex Sir" di Lamezia Terme, nonché l'illecito sversamento, su suolo e acqua, di reflui industriali.

Sequestrate anche, la piattaforma depurativa dell'azienda di circa 4.000 mq, ed un'area adibita a discarica abusiva di circa 21.000 mq contenente rifiuti speciali, solidi e liquidi di natura altamente inquinante.

 

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'Ndrangheta, ingente sequestro di beni al clan dei "Piscopisani"

Ha preso il via all'alba di oggi l'operazione con la quale i poliziotti delle Squadre mobili di Vibo Valentia, Catanzaro, Bologna e del Servizio centrale operativo hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso, dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di alcuni esponenti del clan dei “Piscopisani” già raggiunti, lo scorso 9 aprile, da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione “Rimpiazzo”.

Il provvedimento riguarda numerosi beni mobili e immobili, società e imprese individuali, ubicati nelle provincie di Vibo Valentia e Bologna.

Sequestrate, inoltre, quote societarie detenute da persone indagate, a vario titolo, per i reati d'associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, favoreggiamento personale, detenzione e porto illegale di armi ed esplosivi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e intestazione fittizia di beni, tutti aggravati dal metodo mafioso.

 

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Simulavano acquisti di carburante per sottrarre denaro, sequestri per 150 mila euro

I carabinieri della Compagnia di Taurianova hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni mobili e immobili, emesso dal tribunale di Palmi, su richiesta della locale procura della Repubblica, a carico di A.R., 36enne di Polistena, D.F, 33 enne di Polistena, D.S., 46enne di Polistena e S.D., 35enne di Melicucco, tutti indagati in concorso per i reati continuati e aggravati di appropriazione indebita, ricettazione e indebito utilizzo di carte di pagamento.

Il provvedimento giunge a conclusione di un'attività investigativa avviata dalla Stazione carabinieri di Polistena in seguito alla denuncia, presentata lo scorso anno, dal proprietario di un'area di servizio di carburante, che ha permesso di accertare come i tre polistenesi, dipendenti dell’impianto, con la complicità di S.C., dipendente di un'altra società, sarebbero riusciti a realizzare un sistema di pagamenti fraudolento al fine di appropriarsi di ingenti quantità di denaro contante.

In particolare, la minuziosa analisi documentale, la visione di videoregistrazioni e le dichiarazioni di alcuni testimoni hanno consentito ai carabinieri di ricostruire un sistema quasi perfetto che, grazie alla prestazione d’opera dei quattro indagati, alcuni dei quali anche incaricati del controllo contabile delle società e degli altri lavoratori, avrebbe consentito agli indagati, tra marzo 2017 e marzo 2018, di mettere le mani su otre 200 mila euro.

In particolare la “truffa” sarebbe stata realizzata in tre fasi: i destinatari del provvedimento avrebbero, infatti, effettuato nel corso dei mesi, con cadenza quasi giornaliera, circa 240 transazioni fittizie utilizzando carte di credito “multicard” intestate alla società per la quale lavora S.C., simulando l’acquisto di carburanti, lubrificanti e altri prodotti venduti nell’area di servizio dove lavoravano gli altri tre indagati, per un totale di oltre 200 mila euro di spesa.

A.R., D.F. e D.S. si sarebbero quindi appropriati del denaro contante alterando e falsando i documenti contabili giornalieri.

Il sistema illecito è stato però scoperto e ricostruito dagli inquirenti, grazie ad accertamenti bancari e patrimoniali svolti sugli indagati.

Pertanto, l’autorità giudiziaria, condividendo l’ipotesi accusatoria, ha emesso un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, mettendo i sigilli a 5 autovetture, 2 immobili, un terreno e diversi rapporti finanziari, per un valore complessivo di circa 150 mila euro. 

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Dirigente pubblico lavorava da libero professionista, sequestrati beni per 1,5 milioni di euro

I finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro, su disposizione della procura regionale della Corte dei conti per la Calabria, hanno sequestrato beni immobili, crediti, conti correnti e attività finanziarie per quasi 1,5 milioni di euro, nei confronti di un dirigente dell’azienda Calabria Verde di Catanzaro, già in servizio presso l’azienda forestale della Regione Calabria (A.FO.R.).

L’importo costituirebbe il danno erariale causato all’azienda pubblica che la magistratura contabile, nell’ambito dell’operazione “Prendo Tutto” dei militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, contesta al manager in questione.

L’istruttoria, condotta dalla guardia di finanza su coordinamento del sostituto procuratore regionale, ha, infatti, consentito di rilevare che un dirigente di settore nell’ente pubblico regionale avrebbe continuativamente svolto, per oltre un decennio e senza mai essere stato autorizzato, attività libero-professionale ingegneristica assolutamente incompatibile con l’incarico di dirigente pubblico.

Tale attività sarebbe stata condotta parallelamente a quella ufficialmente ricoperta in A.FO.R. (e, successivamente, in Calabria Verde), in un arco di tempo che va dal 2004 al 2015, ed avrebbe consentito al dirigente di conseguire lauti compensi “extra”, che avrebbero dovuto essere versati nelle casse dell’ente pubblico, come previsto dalla normativa in materia.

L’ammontare del danno erariale cagionato all’azienda forestale regionale è stato, quindi, determinato proprio in base a tali compensi indebitamente riscossi, nonché tenendo conto degli stipendi percepiti nel corso dei 13 anni, quale dirigente pubblico.

Tutte queste somme sono state sottoposte a sequestro conservativo da parte dei finanzieri del gruppo tutela spesa pubblica del nucleo P.E.F di Catanzaro, al fine di garantire il risarcimento alle casse dello Stato in caso di condanna.

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'Ndrangheta: sequestrati beni per 20 milioni di euro

La Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni emesso dal Tribunale della città dello Stretto, nei confronti di Angelo Emilio Frascati, 62enne reggino, imprenditore attivo nei settori della grande distribuzione alimentare e del commercio di autovetture.

Nel provvedimento, la Sezione misure di prevenzione "ha riconosciuto la pericolosità sociale" dell'uomo, considerato vicino alla ‘ndrangheta.

La misura trae origine dalle risultanze del procedimento denominato “Fata Morgana” (poi confluito nel procedimento “Ghota”), nell’ambito del quale il 62enne è stato arrestato nel 2016.

L’ingente patrimonio sottoposto a sequestro, il cui valore complessivo supera i 20 milioni di euro, consiste in: 11 aziende, di cui 10 società di capitali ed una società in accomandita semplice, 4 per l’intero capitale sociale e patrimonio aziendale e le altre 7 solo per le quote riconducibili a Frascati.

Tutte le società hanno sede a Reggio Calabria, tranne una che ha la sede legale a Rende (Cd).

Le aziende interessate dal provvedimento sono attive nei settori: della grande distribuzione alimentare, del commercio automezzi, delle costruzioni, immobiliare e delle sale da gioco.

Sequestrati, inoltre: venti immobili riconducibili al patrimonio dell'imprenditore e dei suoi familiari e disponibilità finanziarie in fase di quantificazione.  

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Beni per oltre 1,3 milioni di euro sequestrati a due docenti universitari

I finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro, su disposizione della Procura regionale della Corte dei conti per la Calabria guidata dal Procuratore regionale Rossella Scerbo, hanno sequestrato beni immobili, conti correnti e attività finanziarie per un valore di oltre 1,3 milioni di euro nei confronti di due docenti dell’ateneo catanzarese.

L’importo costituisce il danno erariale che il Sostituto procuratore regionale Davide Vitale, al termine dell’operazione “Non lascio e raddoppio” condotta dei militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, contesta ai due professori dell’Università “Magna Graecia”, per aver svolto sin dal 2012 attività professionale non autorizzata e per aver ricoperto incarichi esterni incompatibili con lo status di docente universitario “a tempo pieno”.

La normativa sul pubblico impiego, infatti, prevede l’assoluto divieto di svolgere attività professionali diverse e ulteriori, salvo casi particolari, che debbono essere debitamente vagliati e autorizzati.

Al fine di eludere tale divieto, i due professori avrebbero qualificato gli incarichi incompatibili come generiche consulenze, sfruttando indebitamente la cd. “legge-Gelmini” del 2010 che consente, solo a determinate condizioni, di svolgere attività di collaborazione scientifica e di consulenza.

In realtà, al termine dell’istruttoria svolta dalle fiamme gialle del Gruppo tutela spesa pubblica di Catanzaro, è emerso che si trattava dello svolgimento di visite, di refertazione su esami clinici di laboratorio e di altre prestazioni tipiche dell’attività libero-professionale, in alcuni casi svolte addirittura negli studi privati dei due professori.

L’ammontare del danno erariale contestato ai due accademici è stato determinato in base agli stipendi illegittimamente percepiti nel periodo 2012-2018 e alle somme riscosse attraverso l’indebita attività extraistituzionale, che avrebbero dovuto essere riversate nelle casse dell’ateneo e, invece, sono state incassate dai due docenti.

Tali somme sono state sottoposte a sequestro conservativo da parte delle fiamme gialle, al fine di garantire il risarcimento alle casse dello Stato in caso di condanna. 

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'Ndrangheta: intestazione fittizia di beni, tre arresti

I finanzieri del Comando provinciale di Bologna e dello Scico (Servizio centrale investigazione criminalità organizzata) di Roma hanno eseguito, in Calabria, Emilia–Romagna e Lazio, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 3 persone ritenute contigue alla cosca Iamonte di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria).

I destinatari della misura sono accusati d'intestazione fittizia di beni, con l’aggravante del fine di voler agevolare l’attività dell’organizzazione ‘ndranghetistica.

Durante l'operazione, che ha portato al sequestro di beni per circa 8,5 milioni, sono state effettuate diverse perquisizioni.

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Beni per oltre 158 mila euro sequestrati ad un imprenditore

Oltre 158 mila euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, che hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di conti correnti bancari, depositi e altre disponibilità finanziarie, nei confronti di un imprenditore reggino operante nel settore del commercio al dettaglio di giochi e giocattoli.

La misura, emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica, rappresenta l'epilogo di un'articolata attività investigativa che ha consentito di accertare l’omesso versamento di ritenute fiscali da parte dell’indagato.

Dalle indagini sarebbe emerso che il rappresentante legale della società interessata, con sede nel pieno centro del capoluogo reggino, non avrebbe versato, entro i termini previsti dalla legge, le somme dovute in base alla dichiarazione del sostituto d’imposta resa per l’anno 2014, a titolo di ritenute dovute o certificate.

I militari hanno individuato, quindi, un significativo patrimonio riconducibile all’indagato, composto da disponibilità finanziarie: conti correnti, polizze assicurative, fondi di gestione del risparmio.

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