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La festa di San Giuseppe e "la pasta e ciciari"

In origine era la festa di san Giuseppe, poi diventata la festa del papà e celebrata nella gran parte dei Paesi la terza domenica di giugno.

Il 19 marzo, il giorno in cui si festeggia in Italia, invece, è tutt’altro che casuale. Si tratta, infatti, di una data che rimanda al periodo pagano quando, alla vigilia dell’equinozio di primavera venivano celebrati i riti dionisiaci.

Per quanto riguarda, invece, la tradizione cattolica, il culto di san Giuseppe ha un’origine orientale. In Occidente giunse, invece, nell’alto medioevo e si diffuse a partire dal Trecento, quando alcuni ordini religiosi cominciarono a celebrarlo il 19 marzo, ovvero il giorno della morte.

Ad inserire la festività nel calendario romano fu, invece, nel 1479, papa Sisto IV, mentre nel 1870 Pio IX dichiarò san Giuseppe patrono della Chiesa universale.

Secondo la tradizione, san Giuseppe, oltre ad essere il patrono dei falegnami e degli artigiani è considerato, anche, il protettore dei poveri poiché nessuno gli offrì ospitalità in occasione della nascita di Gesù.

Proprio per questa ragione, nel giorno a lui dedicato, in molti centri dell’Italia meridionale, si usava invitare i poveri a pranzo. Ogni comunità aveva le sue tradizioni e le sue usanze. Alcune imbandivano la tavola ed invitavano i poveri, altri gli amici, altri ancora i parenti. Diverse erano poi le portate che potevano variare da sette a tredici.

Particolarmente note ed apprezzate, soprattutto nell’Italia centromeridionale, le famose zeppole di san Giuseppe, la cui origine, secondo taluni, andrebbe ricercata nel convento di san Gregorio Armeno a Napoli. Tuttavia, la ricetta si sarebbe diffusa a partire dal 1837 grazie al cuoco e letterato Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino che la inserì nel suo trattato di “Cucina teorico-pratica”.

In Calabria, ma non solo, il prodotto più usato in assoluto, sono i ceci, il cui impiego rimanderebbe alla circostanza che la festa di san Giuseppe coincide, grosso modo, con la fine dell’inverno. Per questo motivo, i legumi in genere ed i ceci in particolare venivano consumati, per poi essere rimpiazzati con i prodotti del nuovo raccolto.

Anche a Serra, nel giorno di san Giuseppe non c’era camino in cui non cuocesse una “pignata culli ciciari”. Chi ne aveva la possibilità, oltre alla pasta e ceci con il sugo dello stoccafisso, preparava anche le zeppole. Una volta “mandati” i piatti ai parenti ed ai vicini si predisponevano le porzioni da distribuire ai poveri. Il desco familiare, invece, veniva apparecchiato con tre posti riservati ad un bambino, un adulto ed una ragazza, che stavano a rappresentare quella Sacra famiglia, cui a Betlemme nessuno aveva offerto ospitalità

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