Serre: la tragedia dimenticata della madre e dei tre figli bruciati nel sonno

L’emozione prodotta dalle tragedie è sempre effimera; inizia a spegnersi nello stesso momento in cui sembra destinata a durare per sempre. Ad estinguerla è la quotidianità, la routine, l’inconscio desiderio di dimenticare. Passata la commozione, un velo, dapprima, leggero, poi sempre più opaco, copre tutto ed in pochi anni, di alcune sciagure, non rimane neppure il ricordo. L’oblio è quasi scontato, poi, quanto le vittime sono persone umili, uomini e donne che non hanno avuto nulla dalla vita e che hanno ancor meno dalla morte. I poveri, gli indigenti, i diseredati, infatti, non hanno amici né cantori. I piccoli centri, quelli in cui, in apparenza, la rete della solidarietà e più forte che altrove, non fanno eccezione. Prova ne è, la tragica fine di un’intera famiglia, divorata dalle fiamme a Simbario, nel luglio di 24 anni fa. Un fatto che, all’epoca, scosse l’intera comunità, ma di cui, a distanza di un quarto di secolo, non è rimasto neppure uno sbiadito ricordo. Era la notte a cavallo tra l’11 ed il 12 luglio del 1992, quando, un rogo divampato in una modesta abitazione del rione Cittanova, strappò la vita ad una madre ed ai suoi tre figli. La tragedia ebbe eco a livello nazionale, tanto da trovare spazio sulle pagine del Corriere della Sera e della Stampa. A provocare l’incendio fu, molto probabilmente, “una sigaretta”, una maledetta “bionda” che, in pochi minuti, sterminò quasi tutta la famiglia Rullo. Nella casa avvolta dalle fiamme, trovarono la morte, una vedova 44enne, Carmela Bono ed i figli, Antonio (19 anni), Giuseppina (13 anni) e Dante (8 anni). Come riportano le cronache del tempo: “Con ogni probabilità Antonio, il maggiore dei figli di Carmela Vono, si è addormentato nel suo letto con la sigaretta accesa fra le dita”. Ghermito da Morefo, quindi, il povero Antonio non si avvide di quel mozzicone rimasto acceso che, scivolando sulle lenzuola, avrebbe innescato il rogo. A far passare dal sonno, alla morte, gli abitanti della modesta dimora, molto probabilmente, non furono le fiamme, bensì “l’ossido di carbonio”. Un’ipotesi confermata dalla posizione in cui vennero rinvenuti i corpi. Dopo aver lavorato tutta la notte per domare l’incendio, una volta entrati in quel che rimaneva della casa, i vigili del fuoco trovarono i corpi carbonizzati nei rispettivi letti. Qualora fosse stato possibile, ad aggiungere ancor più orrore al dramma, un dettaglio; l’unico ad accorgersi di ciò che stava accadendo fu il piccolo Dante. Nel disperato tentativo di sfuggire all’immane destino, il bambino aveva cercato scampo sotto il letto materno, dove il suo corpicino venne ritrovato rannicchiato. Fatalità volle che alla tragedia scampasse Rosetta, la figlia diciottenne di Carmela e Fiorino Rullo. Invero, per usare un eufemismo, con lei il fato fu piuttosto beffardo. L’appuntamento con la morte le fu, infatti,  rimandato solo di qualche anno, quando venne travolta ed uccisa da un’automobile. Una sorte non meno infame di quella toccata ai suoi congiunti.  

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