La cantastorie Francesca Prestia chiude la seconda edizione di Serreinfestival

Con il tradizionale inno della Bovesìa “Ela, elamu condà” (Vieni, vienimi vicino), la ballata “…tantu nui simu ‘e cchiù!” (dedicata a Rita Atria, Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola, Rossella Casini, Ilaria Alpi, Francesca Morvillo) e la ballata “Bella Giuditta” (dedicata alla mamma di Matteo Vinci, Rosaria Scarpulla) la cantastorie Francesca Prestia ha concluso il suo concerto “Fimmini d’u Sud” nella gremita piazza Monsignor Barillari a Serra San Bruno con Checco Pallone (chitarra e percussioni), Piero Gallina (violino e lira calabrese), Carlo Cimino (contrabasso), Enzo Naccarato (fisarmonica), Alessandra Colucci (percussioni), Federica Greco (cori e percussioni).

Si è chiusa così la seconda edizione di “SerreinFestival” (dal 9 al 13 Agosto) che ha impegnato artisti, scrittori (premiato Mimmo Gangemi), attori, musicisti, giornalisti, esperti e operatori del settore dei “Saperi e Sapori”, imprenditori e politici, sul tema di fondo “Le Serre: un Territorio fra Tradizione e Modernità. Popoli – Culture”.

Successo di pubblico e di opinione assicurati anche quest’anno “con l’obiettivo – ha chiarito il direttore artistico Dino Vitale - di  fornire idee, materiali di studio e proposte per la valorizzazione del territorio e delle sue risorse naturalistiche, paesaggistiche e produttive”.

E con una premessa culturale, sottolineata dal presidente dell’associazione “Condivisioni” - promotrice dell’iniziativa - Brunello Censore, già deputato del Pd: “Evitare il rischio di chiusure nel recinto di un angusto localismo, poiché è necessario, specie in questa congiuntura, tenere lo sguardo aperto sul mondo, sulle contraddizioni della contemporaneità, sui grandi temi emergenti della nostra epoca. La Calabria ha molto da dare e tanto da fare!”

Oltre ai tanti dibattiti organizzati – tra cui quello d’apertura dal titolo “Mezzogiorno di fuoco…” con la partecipazione di Massimo Giletti e che, senza alcuna remora o pregiudizio, ha inteso focalizzare l’attenzione sia sulle criticità che sulle positività che costellano l’area storicamente più svantaggiata del Paese - l’intento è stato anche  quello di creare uno spazio significativo per esporre il “buon prodotto locale” in una Mostra-Mercato impegnativa, variegata  e ricca. Interessante l’escursione aperta agli appassionati di montagna in siti di pregio naturalistico del Parco delle Serre con la partecipazione dell’assessore regionale Antonella Rizzo.

Suggestivo il dibattito su “Mastru Brunu” inserito con un approccio critico-costruttivo nel denso  programma di SerreinFestival. Il prof. Gregorio de Paola (già scuola Normale di Pisa) ha tracciato, del poeta Mastro Bruno Pelaggi, un profilo umano lucidissimo ed esaltante. Nell’Interpretazione dei sogni (1900), Freud inserisce un’ epigrafe  presa in prestito dall’Eneide di Virgilio: “Flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo”. Se non ce la faccio a piegare i celesti muoverò l’Acheronte. E cosa ti fa mastro Bruno Pelaggi (1837-1912)? Prima, per esprimere lo sdegno del popolo per le miserrime condizioni in cui è costretto, scrive al Padreterno, “Littira allu Patritiernu” (li previti hannu tuttu/e china è la dispenza/Li ricchi vannu a menza/ e nnui ‘nu cazzu!), e poi, visto che il cielo tacque, si rivolge all’inferno, “Littira allu dimuonu”…

Nella giornata conclusiva di SerreinFestival, dopo le escursioni e la pratica di trekking a cura di Domenico Pupo Cuteri e letture di brani e poesie con accompagnamento musicale di Pierpaolo Censore e Massimo Dominelli, la conversazione sul libro “L’Ape furibonda” (Rubbettino) moderata dalla giornalista Chiara Fera con la coordinatrice del Festival Maria Rosaria Franzè (“per garantire la presenza delle donne nelle istituzioni auspico che il Consiglio regionale approvi rapidamente la proposta di inserire la doppia preferenza di genere nella legge elettorale regionale”) e il meridionalista Nicola Siciliani de Cumis che ha sottolineato il valore formativo ed educativo delle nove storie narrate da Claudio Cavaliere, Bruno Gemelli e Romano Pitaro.  

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“Dalla parte del torto”, a Sersale lo spettacolo con la cantastorie Francesca Prestia, il cantautore Carmine Torchia e l’attore Mariano Riccio

Straordinaria fusione di generi artistici e musicali per uno spettacolo intitolato “Dalla parte del torto” assolutamente da non perdere. La premessa da cui scaturisce il titolo è: “Hanno tutti ragione. Ed è un tripudio di bugie!”.

Il riferimento è al disorientamento generale di questo frangente storico che provoca incertezza sul futuro. Così un attore, un cantautore e una cantastorie scelgono di stare “Dalla parte del torto”, all’insegna della provocazione culturale  del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht che suggeriva - essendo occupati tutti gli altri posti che gravitano intorno al “potere” - di sedersi dalla parte degli ultimi, degli emarginati, degli sfruttati.

Lo spettacolo (teatro, canzoni e ballate) ha per protagonisti l’unica cantastorie donna del Sud che il Sud lo canta da dentro (vive a Catanzaro), Francesca Prestia, un cantautore del Sud che il Sud invece lo canta da fuori (vive in Toscana), Carmine Torchia, e un giovane e brillante attore, Mariano Riccio (calabrese ma vive a Roma), che interpreterà “L’Orlando de Valli Cupe”.

Lei, la cantastorie, Francesca Prestia, è il simbolo di un Mezzogiorno resiliente che, con le sue ballate travolgenti,  racconta le vicende dei vinti, traendo spunti dalle plurimillenarie culture stratificate nel Mediterraneo. Il suo ultimo cd s’intitola “Mare Nostrum”. Con lei suoneranno i musicisti Sergio Uccello (chitarre) e Federica Santoro (violoncello e lira calabrese).

Lui, il cantautore, è Carmine Torchia, poeta-musicista interprete autentico del nostro tempo duro, ispirato dalla pittura metafisica di Giorgio de Chirico (“Spogliando le città le ha rese nella loro assoluta e metafisica verità, riuscendo a svelare l'enigma dell'uomo e del mondo”).

Il suo ultimo cd è “Affetti con note a margine”. L’attore Mariano Riccio si esibirà in un’anteprima nazionale con un estratto dello spettacolo “Orlando va all’Aspromonte” di Aniello Nigro, un racconto teatrale epico che si rifà alla Chanson d’Aspremont (opera del XII secolo) e ai racconti orali dell’antica Calabria.

La piéce della durata di 20 minuti vedrà in scena anche l’attrice Antonia Gualtieri. Le musiche sono del maestro Dino Scuderi. La grafica dell’evento (locandina inclusa) è a cura di Alessandro Cavaliere.

Lo spettacolo è in programma, nella “Piazzetta del Tiglio” all’interno del Municipio della città di Sersale, per mercoledì 1 agosto con inizio alle ore 20.00.

L’iniziativa è promossa dall’amministrazione comunale di Sersale di concerto con la Pro Loco e la Riserva Naturale Regionale “Valli Cupe”.

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“Calabresi alla ribalta" in scena al teatro "Politeama" di Catanzaro

Sarà una serata dedicata ai “calabresi alla ribalta” quella in programma domenica 6 marzo, alle ore 21, al Teatro Politeama di Catanzaro. Un appuntamento esclusivo che vedrà protagonisti due artisti come Francesca Prestia e Saverio La Ruina. Nella prima parte dello spettacolo, la cantastorie calabrese, reduce dai successi riportati in America e al teatro "Sferisterio" di Macerata dove si è esibita recentemente insieme a Roberto Vecchioni, proporrà “È un cannone non è un temporale”, una memoria musicale per i cent’anni della Grande Guerra. Per rileggere insieme alcune pagine di storia, Francesca Prestia condurrà gli spettatori in un viaggio, su e giù per la Penisola, nel corso del quale saranno cantati, attraverso le voci di donne, l’amore, il dolore, i drammi e le sofferenze degli italiani. Per la serata sarà eseguita “La decimazione della Catanzaro”, con testi di Giovanni Sole, docente ordinario di Antropologia all’Unical, ispirata ai fatti storici che, nel corso della Prima guerra mondiale, hanno visto protagonisti i soldati della Brigata che portava il nomedel capoluogo di regione calabrese. L’esibizione sarà arricchita, inoltre, dalla partecipazione straordinaria al pianoforte di Natalio Luis Mangalavite che vanta collaborazioni artistiche con Fabio Concato, Ornella Vanoni, Javier Girotto, Peppe Servillo e Fabrizio Bosso. Accanto al pianista ci saranno Salvatore Fiorentino al violoncello, Salvatore Familiari alla chitarra, Vittorio Romeo alla fisarmonica, Federica Santoro alla lira calabrese e Manuela Romeo ai cori. Nella corso della seconda parte della serata, a calcare la scena sarà, invece, il drammaturgo Saverio La Ruina. Lo spettacolo racconterà la storia "d'amore" tra un uomo e una donna (interpretata da Cecilia Foti) o, meglio, il tormento che la donna vive a causa della morbosità di lui che, con spietato cinismo, la costringe a raccontare ogni singolo istante della sua vita alla ricerca di un presunto errore. L'uomo arriverà fino al punto di accusarla di aver meritato e, anzi, aver cercato la violenza carnale di cui è rimasta vittima anni prima. “Le botte sono la parte più fisica del rapporto violento di coppia – racconta La Ruina - l’uccisione della donna la parte conclusiva. Ma c’è un prima, immateriale, impalpabile, polvere evanescente che si solleva piano intorno alla donna, la circonda, la avvolge, ne mina le certezze, ne annienta la forza, il coraggio, spegne il sorriso e la capacità di sognare. Una polvere opaca che confonde, fatta di parole che umiliano e feriscono, di piccoli sgarbi, di riconoscimenti mancati, di affetto sbrigativo, talvolta brusco”

La cantastorie Francesca Prestia protagonista al "Musicultura" con Roberto Vecchioni

È’ senza precedenti l’evento. La serata di domenica scorsa (21 giugno) può essere considerata storica nella esperienza artistica della cantastorie Francesca Prestia, grazie alla lingua calabrogreca, vera protagonista nella serata finale di “Musicultura” nella cornice dello Sferistereo di Macerata, con il cantautore (vincitore del festival di Sanremo nel 2011), Roberto Vecchioni. Insieme hanno cantato I Agàpi, pirìa tu Thiù! (L’amore, vampa di Dio, brano composto e musicato dalla stessa Prestia, tratto dalla traduzione in lingua calabrogreca del Cantico dei cantici del poeta Salvino Nucera). Oltre a questo canto, la cantastorie calabrese (accompagnata da Federica Santoro, lira calabrese e tamburello, da Lucio Fabbri al mandolino e violino, e da Massimo Germini alla chitarra) ha eseguito anche Fujia, tarantella ispirata al racconto di Corrado Alvaro, la cui protagonista è una sensuale pigiatrice d’uva che prefigura un femminicidio.
Musica, storia, memoria e letteratura si sono intrecciate e fuse. La scoperta della lingua calabrogreca ha letteralmente affascinato Vecchioni che, oltre ad essere uno dei cantautori più importanti italiani, come molti sapranno è stato anche insegnante di Greco e Latino. “E’ una cosa meravigliosa” ha esordito Vecchioni sul palcoscenico dello Sferistereo di Musicultura, prima di cantare il brano. In un intervista dopo lo spettacolo, ha elogiato la Prestia per la sua importante attività di ricerca sulla musica popolare, in particolare su questo antico idioma in cui “vive una grandezza antica”con “situazioni di lingua di una bellezza straordinaria iniziale e armonia di un modo di dire capace di suscitare emozioni profondissime”. A sua volta la cantastorie, ha riconosciuto in Vecchioni, oltre che un grande cantante e uno straordinario poeta, un’anima che le ha fatto vivere una esperienza in cui il dialogo “si è trasfigurato in una dimensione spirituale”.
Vecchioni, come ha raccontato, per caso viene a sapere della ricerca storica, linguistica e antropologica che Francesca Prestia da anni sta portando avanti grazie al lavoro filologico e poetico compiuto dal poeta Salvino Nucera, in questa antica lingua sopravvissuta per millenni, rimasta ancora intatta nella sua bellezza e potenza espressiva e parlata nella cosiddetta area grecanica o ellenofona (che comprende diverse località sul versante Jonico meridionale dell’Aspromonte come Bova, Roghudi e Condofuri). Grazie all’incontro con Nucera (nato a Chorio di Roghudi) la cantastorie, che nel suo dna ha fuso la varietà idiomatica e antropologica dell’identità calabrese, ha potuto lavorare sulla lingua e sul canto, con risultati di straordinario valore musicale, tali da suscitare la passione di Vecchioni. (Chi fosse interessato a cogliere l’atmosfera e l’emozione sia dell’esecuzione del brano al Musicultura che l’intervista a Vecchione e Prestia, ci si può collegare sul link https://youtu.be/pDgBEryV938)
La cantastorie Francesca Prestia, è importante ricordarlo, si è imposta a livello nazionale per aver posto al centro della sua esperienza musicale e la sua ricerca letteraria e antropologica, il ruolo delle donne per il riscatto della Calabria, ma anche facendo conoscere alcune figure che hanno un legame profondo con la Calabria, come Umberto Zanotti Bianco componendo le musiche del docufilm Bellezza e rovine, l’Italia di Umberto Zanotti Bianco di Giovanni Scarfò) e la ballata Leonzio Pilato (ispirata all’omonimo romanzo di Santo Gioffrè). Una risonanza nazionale ha avuto con la “Ballata di Lea”, dedicata alla tragica vicenda di Lea Garofalo, ma diversi sono stati i testi ispirati a donne calabresi che si sono battute contro l’oppressione mafiosa, rievocando donne protagoniste nei racconti dei più importanti scrittori calabresi, come Alvaro. Una ricerca che poi si è evoluta esteticamente e artisticamente attraverso le radici culturali più profonde della Calabria, approdando alla lingua grecanica e realizzando uno spettacolo (“Voci di Muse. Viaggio nella Magna Grecia") che ha portato in diverse località della Calabria e d’Italia, coniugando la poesia e il canto ispirate alle donne della nostra classicità, come Saffo e la locrese Nosside, fino alla poesia di Salvino Nucera e al Cantico dei cantici, con la stupenda versione I Agàpi, pirìa tu Thiù. Questo canto nuziale affonda le radici in alcuni poemi della Mesopotamia ed è entrato nel canone biblico. La sua composizione viene attribuita al re Salomone. È senz’altro uno dei testi poetici d’amore più alti e più intensi che siano mai stati composti. Il sentimento erotico viene cantato e trasfigurato attraverso un dialogo che tocca vette di altissima poeticità. Inserito nei libri sapienziali dell’Antico testamento, per la prima volta nella storia della letteratura mondiale, questo canto d’amore è stato tradotto in lingua calabro-greca da Salvino Nucera nel 2013, dal titolo “Tragùdi ton tragudìo”.

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