Auto finisce fuori strada, bambina di pochi mesi ferita insieme alla madre

Una Bmw M1 è finita fuori strada in località Torre del Duca, nel comune di San Floro (Cz).

L’incidente, le cui cause sono in corso d’accertamento, è  avvenuto intorno alle 9.10 di questa mattina, quando la giovane donna al volante ha perso il controllo dell’auto, finendo fuori dalla sede stradale.

Nell’impatto sono rimaste ferite sia la conducente che la figlia di pochi mesi. Entrambe sono state soccorse e trasferite in ospedale dai sanitari del 118.

Sul posto sono intervenuti anche i vigili del fuoco e i carabinieri.

A San Floro storia, testimonianze e futuro dell'arte serica

Si è svolto nella bella location di Palazzo Pugliese, all’interno dell'accogliente borgo di San Floro, un interessante convegno dal titolo “Profumi di seta: storia, testimonianza, domani”, promosso dall’Amministrazione comunale del piccolo centro, con in testa il sindaco Bruno Meta.

Il tema dell’arte serica, mai abbastanza portato alla ribalta del pubblico calabrese, che in maggioranza, non conosce l’ineguagliabile valenza storica, culturale e, perchè no, di futura prospettiva per i nostri territori, è stato, con garbo e sobrietà, sapientemente dibattuto dai relatori: Mario Mauro, storico e guida turistica, ha parlato degli aspetti giuridici e socio-economici nei secoli passati del “fenomeno seta”, con particolare riferimento alla “capitale mondiale”, a quei tempi, della seta, ossia la città di Catanzaro.

Poi è stata la volta dello storico dell’arte e restauratore Ernesto Lamanna, organizzatore dell’evento, che oltre a spiegare gli aspetti tecnici della produzione serica, ha portato tante testimonianze di manufatti artigianali dal ‘700 ai primi del ‘900, per lo più appartenenti alla sua famiglia ed in molti casi tessuti proprio in San Floro.

Ma la seta, che a torto sembra ormai quasi dimenticata dai più, potrebbe ancora incredibilmente riservare un luminoso futuro per tanti giovani in Calabria ed è per questa ragione che sono intervenuti l’appena diciottenne Rocco Vitaliano da Girifalco e Miriam Pugliese, sanflorese, in rappresentanza della locale Cooperativa Nido di seta; il primo è forse l’unico coraggioso che, fin da bambino, ha imparato dalle sue nonne a tessere ed a ricamare ed è fermamente intenzionato ad aprire una propria attività artigianale; peraltro ha portato con sé anche alcuni bellissimi scialli ed altri capi usciti dalle sue abili mani; la seconda ha parlato dell’attività della Cooperativa Nido di Seta, operante già da diversi anni e molto nota agli addetti ai lavori, che ha spiegato sia le fortissime difficoltà da superare, dovute in particolare alla spietata concorrenza proveniente dalla Cina, ma anche le strategie che si stanno attuando per rimanere sul mercato e garantirsi un futuro ricco di soddisfazioni.

A moderare la serata è stata l’attrice catanzarese Annalidia Rao ed il tutto si è svolto alla presenza di un folto pubblico composto anche da esponenti del mondo delle istituzioni e della cultura.

Particolarmente apprezzato è stato anche l’intervento di Giulia, una giovane ucraina residente a Davoli che ha chiesto la parola per portare la sua testimonianza: sposata ad un calabrese e trasferitasi in Italia, anche lei si è appassionata al mondo della seta, ha appreso i segreti dell’arte dalle anziane parenti davolesi del marito ed anche lei vorrebbe portare avanti questa nobile tradizione: come dire che la seta non è soltanto un lontano sbiadito ricordo, ma potrebbe anche rappresentare una potente occasione di riscatto per la nostra terra.

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L'antico pane "Brunetto" calabrese premiato tra i migliori pani d'Italia

La quattordicesima edizione del Concorso Premio Roma per i migliori piani d’Italia, organizzato dalla Camera di Commercio di Roma, ha premiato il pane Brunetto prodotto dal Mulinum di San Floro con grano Senatore Cappelli in purezza, riconoscendogli il podio, dopo un’accurata selezione tra 180 prodotti condotta da un gruppo di degustatori professionali, che opera la selezione sulla base di una rigorosa griglia di requisiti organolettici e sensoriali.

Con il Brunetto, il Mulinum ha riscoperto e rimesso in circolazione il pane come tradizionalmente veniva fatto a San Floro, in provincia di Catanzaro e più in generale in Calabria, prima degli anni ’50, quando in Calabria si coltivava il grano duro Senatore Cappelli, che veniva macinato a pietra lasciando la semola integrale, che a sua volta veniva impastata con lievito madre e quindi cotto nel forno a legna.

È stato infatti Mulinum, la prima società agricola pensata come una filiera dalla terra al pane, creata dal giovane imprenditore calabrese Stefano Caccavari, a creare col pane un ponte virtuoso tra passato e presente, un ponte che va dai contadini che recuperano e coltivano bio le sementi locali originarie, che prosegue con la produzione di farine integrali macinate a pietra, fino alla panificazione in diversi tipi di pane, il cui “capostipite” è stato proprio il pane Brunetto.

Tale ponte ha una pietra miliare: “nonna Concetta”, fu infatti la nonna di Stefano Caccavari, suo riferimento costante, ad assaggiare il primo pane prodotto dal forno e “riconoscerlo” come uno dei suoi sapori d’infanzia, non ebbe dubbi e sentenziò al primo assaggio: “ma questo è pane Brunetto!”.

“Lo avrebbe potuto chiamare pane nero -spiega il nipote Stefano - ma sentire il nome Brunetto, marroncino, mi sembrò un modo più gentile, comunicativo per definirlo, e capii che quello sarebbe stato il nome del mio primo pane Mulinum, il primo che abbiamo sfornato, che ora produciamo in 100 chili al giorno e consegniamo ovunque sia richiesto, grazie al nostro sito web”.

Dal momento che le tradizioni vanno celebrate, che Mulinum San Floro lancia per venerdì 7 giugno la prima Festa del pane Brunetto, un evento gratuito a cui sono tutti invitati a partecipare.

Maggiori informazioni sulla festa sono disponibili sulla pagina Facebook di Mulinum. www.mulinum.it - Contrada Torre del Duca, San Floro (CZ) – tel: 0961.291882 – Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

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Ventiduenne trovato cadavere nelle campagne del catanzarese

 Il cadavere di un 22enne di origine romena è stato trovato, ieri, in un'azienda agricola di San Floro, in provincia di Catanzaro.

Sul viso del giovane sarebbero stati rinvenuti segni di percosse. Da una prima ricostruzione, pare che la vittima abbia avuto una violenta colluttazione con un connazionale.

Sul caso indagano i carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro. 

 

Ventiduenne trovato cadavere nelle campagne del catanzarese

 Il cadavere di un 22enne di origine romena è stato trovato, ieri, in un'azienda agricola di San Floro, in provincia di Catanzaro.

Sul viso del giovane sarebbero stati rinvenuti segni di percosse. Da una prima ricostruzione, pare che la vittima abbia avuto una violenta colluttazione con un connazionale.

Sul caso indagano i carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro. 

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San Floro, la peste e la Calabria ancestrale

Tutto ebbe inizio nel settembre 1764, quando San Floro, piccolo centro della Calabria Ultra, era alle prese con un violenta ondata di peste. Mai, prima di allora, una calamità aveva fatto tanti morti. In tutto il Regno di Napoli, la peste mieteva numerose vittime. A San Floro, Borgia e nei comuni limitrofi, nonostante l’altezza e l’aria salubre, il terribile flagello non dava scampo. San Floro fu colpita in modo particolare e a nulla valsero le cure dei medici giunti per cercare di lenire le numerose morti quotidiane di bambini, donne, giovani e vecchi. Non meno profonde furono le conseguenze della morte nera nel sentimento religioso e nella sensibilità collettiva.  Da quel settembre fino al maggio non si riuscì a trovare nessun rimedio, le forze spiegate dalla Corona Borbonica erano flebili e si continuava così a  morire per il morbo, nonostante le misure igieniche e profilattiche. Non vi era giorno che le campane non suonassero a morte, che il puzzo dei fuochi e l’odore acre dei moribondi non invadessero le strade. Ogni giorno la cifra dei morti oscillava tra le 10 unità e le 12. I sanfloresi dell’epoca riunitesi nella chiesa di Santa Catarina Vergine, con a capo il sindaco don Cesare Zolea e altri personaggi illustri del tempo, decisero di chiedere al Patrono San Floro, la sua intercessione presso Dio affinché sospendesse il flagello della peste. Il popolo allora decise di fare voto perpetuo di partecipare, ogni domenica di maggio, ad una pubblica processione di mortificazione, con il capo cinto da una corona di spine ed in segno di ringraziamento offrire cinque rotoli di cera bianca lavorata al Santo Protettore. Tanto era l'attaccamento al Santo e tanta la voglia di onorare il voto una volta ascoltati che il 12 maggio del 1765 veniva stilato un atto notarile con rogito di notar Angelo Vincenzo Caccavari. Da quella data si cominciò ad avvertire i primi miglioramenti, infatti di li a poco la peste abbandonò definitivamente la popolazione di San Floro. Oggi sono trascorsi 250 anni e come ieri viene rinnovato quel voto solenne che gli avi si assunsero nei confronti del  Santo Protettore, i cittadini sanfloresi, animati dalla stessa fede, dallo stesso amore rivivono e commemorano con lo stesso zelo quella dichiarazione di fede. La processione penitenziale è un ringraziamento per questo miracolo ottenuto. Oggi però l'attaccamento al Santo dei miracoli lo si dimostra anche con ex voto dolcetti di uova farina e glassa bianca nelle forme più disparate. All’interno della chiesa in ceste di vimini su appositi tavoli sono esposti i “Vutureddha” posti a “riscatto”. La giornata penitenziale dedicata al taumaturgo inizia allo scoccare delle dieci mattutine le campane suonano ancora a lutto, è il ricordo di quei tragici giorni. Dalla chiesa parte mesto il corteo verso la piazza, tutti  seguono la statua del santo che posta su apposito palco è esposta alla venerazione dei fedeli. Ogni cittadino ha sulla testa una corona di spine e le donne anche più di una per i figli emigrati. E’ il rinnovarsi del voto solenne fatto dagli antenati e che con devozione è tramandato di padre in figlio. “Il testamento” così è chiamato l’atto notarile, è letto dal segretario comunale e tutti s’inginocchiano al passo “con ginocchia piegate”. Segue l’offerta dei ceri, tutto come in quella domenica di maggio del 1785. I rintocchi delle campane a martello annunciano il muoversi della processione penitenziale, senza musica, nel più assoluto silenzio, si canta “perdono mio Dio… Perdono Pietà…C’è ancora qualche anziana che indossa il cilicio o strette corde simbolo di penitenza, o di voto per grazia ricevuta.A sera tutti devotamente baciano la reliquia del santo a conclusione della ricorrenza. E’ una cerimonia suggestiva, una testimonianza antropologica unica nel suo genere, espressione di fede, devozione e tradizione popolare. Il citato rogito notarile e conservato presso l’Archivio storico di stato di Catanzaro(fondo notarile Caccavari), è testimonianza oltre dell’avvenimento descritto, di come fossero composte le civiche università nel diciottesimo secolo. 

 

 

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