Federico II Svevia "Stupor mundi", il nuovo libro di Saverio Abenavoli Montebianco

Dopo aver illustrato mille anni di memorie storiche e genealogiche della grande dinastia che governò il Mezzogiorno d’Italia tra XII e XIII secolo nel volume I Normanni edito nel 2014, Saverio Abenavoli Montebianco, illustre medico e professore presso l'università "Magna Grecia" di Catanzaro, ora propone e ci regala un intrigante profilo su Federico II [1194-1250], l'imperatore definito "stupor mundi", continuando le rigorose e minute ricerche sugli antenati della propria famiglia, strettamente legata alla stirpe Normanno-Sveva.

Federico II, ascese al trono ancora bambino sotto il tutoraggio di Innocenzo III, e sebbene indicato da Salimbene de Adam nella sua Cronica “ homo pestifer et maledictus”, affascinò tuttavia il francescano parmigiano, che «non mancò di annotare le positive qualità».

Una figura che ha da sempre attirato l’attenzione non solo di storici, ricercatori, filosofi, studiosi, letterati scrittori, poeti, artisti, laici o religiosi, ma della stessa gente comune.

Si tratta di un volume articolato in due parti: la prima parte ripercorre in 18 capitoli le vicende del Mezzogiorno, fino al XII secolo dalla discesa e conquista del Mezzogiorno d'Italia da parte degli uomini del Nord, con una premessa cronologica, nella quale è riportata anche la cronotassi dei papi coevi, a cui fanno seguito le tappe essenziali che scandiscono il sogno immarcescibile di Federico II: far diventare l'Italia Meridionale "il Giardino dell'Impero", grazie anche all'impegno di tanti monaci benedettini, in  particolare cisterciensi , verginiani e florensi.

Ma, come l’Abenavoli ricorda nel terzo capitolo, Federico II fiorì dal matrimonio di Costanza d'Altavilla con Enrico VI di Svevia, celebrato nel gennaio del 1186 a Milano nella chiesa di Sant'Ambrogio: un evento fastoso, unico, impareggiabile, e di importanza universale.

Questo splendido matrimonio fu decisamente avversato dalla politica del Papato, in quanto, l'unione del Regno di Sicilia con l'Impero, avrebbe finito per accerchiare anche fisicamente gli Stati Pontifici e relegare la presenza della Santa Sede ad un ruolo marginale ed insignificante.

Per gli Svevi, al contrario, ebbe il significato di cercare di mettere fine alle lotte tra l'Imperatore ed i ribelli delle città della Lega Lombarda ed altresì di bloccare le guerre che gli Imperatori ed i Re Europei conducevano da tempo contro il Regno Normanno di Sicilia per conquistare questo nuovo, importante, ricco e strategico Regno.

Dante Alighieri, perciò, nel III cantico del Paradiso indicò Federico II con la scintillante espressione: " Questa è la luce della gran Costanza, che dal secondo vento di Soave, generò il terzo e l'ultima possanza" .

Si passa quindi alla descrizione della nascita nella piazza di Jesi il 26 dicembre 1194 e all’ adolescenza del “Puer Apuliae” rimasto orfano di padre e madre in tenera età, in Sicilia e in Germania, ricostruite attentamente in base alle fonti e alla storiografia più accreditata e quindi alle tappe successive della vita che ebbero l’intento di realizzare  un progetto politico volto a realizzare non un avveniristico stato moderno, ma un efficace coordinamento dei poteri locali, mentre papa Gregorio IX lo sollecitava a intraprendere una nuova controversa crociata, (invisa al giovane re, che da bambino era stato accanto ai coetanei arabi a Palermo) sino a giungere dopo la conquista del Regno di Gerusalemme il 17 marzo 1229 alle Costituzioni Melfitane nel 1231, che rappresentano “ la prima ampia codificazione ufficiale  che gli Stati Europei abbiano conosciuto”, senza dimenticare il ruolo strategico della città di Capua, capitale del Principato della prima dinastia dei degli Avenel Drengot, Principi di Quarrel in Alençon, 

 Si elencano e vagliano, poi, i quattro matrimoni di Federico II: il primo nel 1209 quando quindicenne sposò Costanza d’Aragona, che partorì il primogenito Enrico (VII); il secondo, sollecitato da papa Onoro III  dopo la morte della prima moglie avvenuta nel 1222, con Isabella di Brienne, erede al trono di Gerusalemme nel 1225 la quale morì tre anni dopo dando alla luce ad Andria, Corrado; il terzo nel 1235 con Isabella, sorella del re Enrico III d’Inghilterra, da cui nacquero nel 1236 la figlia Isabella e nel 1238 Carlotto , in seguito indicato anche come Enrico.

Dopo il decesso della terza consorte per aborto spontaneo a Foggia nel 1245, nel 1248 Federico II sposò la sua vera amata: la donna “morganatica” e bellissima Bianca Lancia “con la quale – ricorda Abenavoli - il sovrano aveva avuto una lunga ed intensa relazione durante la quale erano nati i quattro figli prediletti”, Manfredi, Costanza, Violante e Selvaggia, il primo dei quali  già balio generale del Regno di Napoli avrebbe occupato la scena politica dopo la morte del padre.

L’ottavo capitolo è dedicato “al conclamato tradimento del figlio primogenito Enrico”, conosciuto come lo “sciancato” ribelle, che catturato per ordine del padre, mentre era trasferito da Nicastro a San Marco Argentano morì in un dirupo presso Martirano il 10 febbraio 1242, e quindi fu sepolto per volontà del padre nel Duomo di Cosenza in un sarcofago del IV sec.

Nei capitoli successivi vengono illustrati : il ricordo della vittoria di Cortenova con una manifestazione di solenne trionfo e con una scenografia “improntata allo stile cesareo romano” con la sfila di un carroccio simbolo della Lega Lombarda, catturato in battaglia e l’intrigante Gran Corte dei Sapienti, a partire dai valletti imperiali, tra i quali vi erano anche gli antenati dell’Abenavoli, minutamente censiti e illustrati, al seguito dell’imperatore abile nell’ “arte venandi cum avibus” e in viaggio in tutto il Mezzogiorno dove aveva innalzato tanti castelli, tema approfondito nel 13 capitolo: “La caccia e i castelli”, dei quali viene fornito un minuzioso elenco, al quale va aggiunto in Castrum Petrae Roseti di Roseto Capospulico  nello Jonio Calabrese, porta tra Apulia e Calabria.

Si analizzano poi le innovazioni legislative, a partire dalle Costituzioni di Melfi, le iniziative culturali tra cui “La scuola poetica Siciliana” e “Lo Studio Generale di Napoli”, come pure l’eterno conflitto tra Stato e Chiesa, che avrebbe determinato la scomunica dell’imperatore svevo e il “tramonto” di Federico che rimarcò il monito “sic transit gloria mundi”.

La seconda parte del volume è dedicata al gran cancelliere Pier delle Vigne "anima gemella" di Federico II: un personaggio affascinante, descritto da Dante nella XIII canto dell’Inferno come colui che tenne entrambe le chiavi del cuore diFedereico per il compito e gli uffici ricoperti e soprattutto per le riforme introdotte.

Completano il saggio numerose immagini e una sintetica essenziale bibliografia.

Un volume che certamente varrebbe la pena  diffondere  nelle nostre scuole per una gradevole lettura di professori e studenti.

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La verità su Enrico VII "lo sciancato"

Leggo con stupore e meraviglia quanto asserito sulla " Gazzetta del Sud"  del 17 marzo da Elia Fiorenza, cioè che molti studiosi attendono ancora il ritorno nel Duomo di Cosenza delle spoglie di Enrico VII 'lo sciancato", figlio di Federico II di Svevia.

È un falso storico di un dilettante allo sbaraglio perché se avesse letto quanto fu diffuso anche e non solo dai media locali, compresa la Gazzetta del Sud, Il 30 gennaio 2006 si svolse nella Cattedrale la cerimonia di consegna all'Arcivescovo mons. Salvatore Nunnari e al rettore don Giacomo Tuoto delle stesse ossa da parte mia, che insieme al collega prof. Gino Fornaciari le avevamo studiato, come risulta dal volume " L' impronta indelebile " da noi curato e pubblicato da Rubbettino, e perciò non sono a Pisa nel Laboratorio paleo- patologico dove vennero esaminate, come evidenziato dalla "Gazzetta del Sud" nelle pagine di Cosenza.

Se il sarcofago è ancora vuoto non è un ritardo delle analisi - eseguite peraltro nei tempi previsti - ma è  una  scelta delle autorità ecclesiastiche locali. 

Chi legge, però, la sopraddetta denuncia e non è al corrente dei fatti, è indotto a fare di ogni erba un fascio, conoscendo e giustamente deprecando le tante incompiute in questa terra "dolce e amara" . 

Eppure per fortuna qualche opera lodevole è stata fatta. È una di esse è la ricognizione delle ossa di Enrico VII, congiunta a quelle di Gioacchino da Fíore, custodite nell'Abbazia florense di San Giovanni in Fiore, che fece distinguere lo scheletro dell'abbate "di spirito profetico dotato" da quelli  di due bimbe che erano stati mischiati nell'ossario. 

Anche tali ossa furono riportate nel monastero florense e consegnate durante una celebrazione indetta dal Centro internazionale di studi gioachimiti.

La ricognizione degli scheletri di Enrico VII e Gioacchino da Fíore venne finanziata grazie all'intervento dal prof.Giuseppe Nistico', allora presidente della Regione, promotore della cultura in Italia e nel Parlamento Europeo.

C'è da augurarsi che errori così madornali non si ripetano e vengano corretti da chi di dovere.

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