Il Movimento autonomo popolare ricorda le Foibe

Riceviamo e pubblichiamo

"Anche quest’anno spero che il 10 Febbraio  il “Giorno del ricordo” non venga ridimensionato da alcune forze politiche di sinistra o centro sinistra, perché non esistono morti si serie “A” o morti di serie “B”. Negli anni dal 1943 al 1947 sono accadute tragedie incomprensibili a causa della Seconda guerra mondiale e purtroppo, anche, a guerra finita qualcuno, dai liberatori ai partigiani, ha pensato di farsi giustizia personale commettendo crimini paragonabili a quelli dei nazisti e sporcandosi le mani di sangue innocente. In occasione del 10 febbraio alcuni ragazzi del nostro movimento, insieme ad alcune associazioni di volontariato, provvederanno a distribuire in città un volantino che spiegherà cosa sono state le “Foibe”  nonché  la legge nazionale che riconosce il "Giorno del ricorso".

Successivamente, di fronte al Monumento ai Caduti di Villa San Giovanni, i partecipanti si raccoglieranno in un momento di preghierà".

Pietro Marra - Presidente Movimento autonomo popolare

 

 

 

Giorno del ricordo: il martirio di Norma Cossetto

“La storia è piena di crimini, ma molti crimini non fanno storia”.

Un adagio emblematico di quanto accaduto, per anni, intorno alla tragedia delle Foibe, la strage d’italiani compiuta, tra il 1943 ed il 1947, dai partigiani del maresciallo Tito.

Una tragedia collettiva, costituita da tante storie individuali, da gesti di abiezione ed eroismo, da tanta crudeltà e poca misericordia.

Spesso, le motivazioni politiche furono un utile paravento per schermare le gesta di veri e propri criminali comuni, che trovarono nella guerra l’occasione per dare sfogo ai loro istinti più abietti. Nella gran parte dei casi, la violenza e la gratuità brutalità si abbatterono su cittadini inermi, la cui unica “colpa” era quella di essere italiani.

Tra i casi più emblematici c’è quello di Norma Cossetto, la studentessa 24enne, insignita nel 2005 dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi dalla Medaglia d’oro al merito civile, con la seguente motivazione: “Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. 5 ottobre 1943 - Villa Surani (Istria)”.

La motivazione dice molto, ma non dice tutto del martirio patito dalla giovane studentessa.

Nei giorni fatali successivi all’8 settembre 1943, Norma Cossetto andava in giro per l’Istria alla ricerca del materiale necessario a compilare la sua tesi di laurea. Il 27 settembre, la ragazza fu fermata e portata via da un gruppo di partigiani comunisti jugoslavi che la condussero in numerose caserme, prima di tradurla, insieme ad altri prigionieri nella scuola di Antignana, trasformata in carcere. Qui iniziò il vero e proprio supplizio. Norma, venne legata ad un tavolo e sottoposta a sevizie di ogni genere. A più riprese venne violentata da 17 aguzzini che, una volta soddisfatta la loro sadica lussuria, si presero anche la licenza di pugnalarle entrambi i seni. Nella notte a cavallo tra il 4 ed il 5 ottobre insieme agli altri prigionieri fu portata ed infoibata, ancora viva, a Villa Suriani. Prima di essere scaraventate nella cavità carsica, le prigioniere furono violentate un’ultima volta.

Quando, il 10 dicembre 1943, i  Vigili del fuoco di Pola, guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, scesero nella foiba, la trovarono a 136 metri di profondità: “supina, nuda, le esili braccia legate dal fil di ferro, entrambi i seni pugnalati, il volto pieno di lividi, il corpo sfregiato e un pezzo di legno conficcato nella vagina”. Nel 1948, su proposta del rettore Concetto Marchesi, venne insignita dall’Università di Padova, della laurea ad honorem.

Quella di Norma Cossetto è solo una delle tante storie orrende consumate sulla pelle di tanti italiani che, con la vita, si videro negare, per anni, anche la pietà del ricordo.

Un ricordo, come ebbe a dire l’allora presidente della Camera dei deputati, Luciano Violante, oscurato dalla cappa di omertà elevata “per condiscendenza, nella storia scritta dai vincitori”.

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Oggi la "Giornata del ricordo" in memoria dei martiri delle foibe

 “La storia è piena di crimini, ma molti crimini non fanno storia”. Una locuzione emblematica di quanto, accaduto, per anni, intorno alla tragedia delle Foibe, la strage d’italiani compiuta, tra il 1943 ed il 1947, dai partigiani comunisti del maresciallo Tito. Un atto preordinato di pulizia etnica con il quale si volle cancellare la presenza italiana in Istria e Dalmazia. Una tragedia segnata, inoltre, dall’esodo di ben 350 mila italiani costretti a lasciare i loro averi e la terra nella quale erano nati e cresciuti. Una vicenda dimenticata e colpevolmente taciuta, fino quando, dalle pieghe della storia, non sono riemersi i contorni di una vera e propria mattanza subita da oltre 10 mila persone, scaraventate e lasciate agonizzare nelle foibe. Una tragedia collettiva, costituita da tante storie individuali, da gesti di abiezione ed eroismo, da tanta crudeltà e poca misericordia.

Una tragedia, il cui ricordo, venne sollecitato, per la prima volta, nel 1996, quando, l’allora presidente della Camera dei deputati, Luciano Violante riconobbe che sugli eccidi dei partigiani di Tito, “per condiscendenza, alla storia scritta dai vincitori”, era calato il silenzio. Una vicenda “cancellata dalla memoria” del Paese fino a quando, nel 2004, con la legge 92, il Parlamento non ha istituito, per il 10 febbraio, la “Giornata del ricordo” in memoria dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata.

Una data non casuale, poiché il 10 febbraio rimanda al giorno in cui, nel 1947, con l’entrata in vigore del trattato di pace, Pola, Fiume, Zara e parte di Gorizia e Trieste vennero annesse alla Jugoslavia.

 

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