'Ndrangheta, sequestrati beni per 1,2 milioni di euro

In tale contesto, Demasi era stato raggiunto dal fermo d'indiziato di delitto, poiché ritenuto responsabile, tra l’altro, d'associazione per delinquere di stampo mafioso.

Nel corso delle successive indagini di carattere patrimoniale, i militari hanno ricostruito le transazioni economiche e finanziarie operate da Demasi e dal suo nucleo familiare negli ultimi 20 anni.

Le investigazioni avrebbero portato alla luce la sproporzione tra il patrimonio accumulato e la "capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, nonché le fonti illecite dalle quali il proposto aveva tratto le risorse per la loro acquisizione".

Pertanto, su richiesta del Procuratore Aggiunto Gaetano Paci e del sostituto Procuratore Simona Ferraiuolo della Direzione distrettuale antimafia, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro di: una ditta di ferramenta, 12 fabbricati, 7 terreni, 4 automobili, 2 moto e 3 polizze assicurative. 

'Ndrangheta: sequestrati beni per oltre 14 milioni di euro

Un provvedimento di sequestro di beni per un valore superiore ai 14 milioni di euro, è stato eseguito dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro e dello Scico di Roma, a carico di sei persone ritenute organiche ad una cosca di 'ndrangheta attiva nel Catanzarese. 

Tra i destinatari del provvedimento figura, anche, l'ex consigliere regionale della Calabria Franco La Rupa, cui è stato sequestrato un patrimonio valutato 9 milioni di euro.

La misura ha interessato 34 fabbricati, 9 attività imprenditoriali, 16 appartamenti, due ville lussuose, 40 terreni e 22 veicoli, appartenenti ad uomini ritenuti vicini alle cosche "Cerra-Torcasio-Gualtieri" e "Giampà" di Lamezia Terme, "Gallace-Gallelli" di Guardavalle e "Anello" di Filadelfia.

 

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Imposte non versate e bancarotta fraudolenta, beni per oltre 2 milioni di euro sequestrati nel Vibonese

I finanzieri del Comando provinciale di Vibo Valentia hanno dato esecuzione ad un sequestro preventivo, emesso dal locale Tribunale, per un importo di oltre 2,3 milioni di euro.

 La misura ha interessato due società di Pizzo Calabro, riconducibili a sette persone appartenenti allo stesso nucleo familiare, operanti nel settore della grande ristorazione.

Il provvedimento giunge al termine di un’indagine, condotta dalle fiamme gialle, che ha portato alla luce un sistema che avrebbe condotto un’impresa al fallimento, tramite la distrazione di rami aziendali produttivi, attraverso la scissione e la cessione ad altre società appositamente create.

I diversi amministratori nominati nel tempo, tutti indagati, avrebbero condotto al fallimento la prima impresa, attraverso il sistema della spoliazione dell’attivo patrimoniale, mediante la creazione di due aziende gemelle della fallita, operanti nel medesimo settore economico, nelle quali sarebbero stati fatti confluire beni e poste attive, con l’unico intento di non pagare i creditori, tra cui in modo principale l’erario.

Per tale motivo, in esecuzione del provvedimento emesso dall’Autorità giudiziaria, i finanzieri hanno sottoposto a sequestro, finalizzato alla successiva confisca, un bar, quattro immobili, disponibilità finanziarie ed un veicolo, al fine di garantire i creditori, in particolare l'erario, dal momento che sarebbe stato sottratto al fisco oltre 1 milione di euro d'imposte non versate.

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Operazione antimafia, beni per oltre 1 milione di euro sequestrati nel Vibonese

I finanzieri di Catanzaro hanno eseguito un provvedimento di sequestro di beni, emesso dal Tribunale  di Vibo Valentia, per un valore di oltre un milione di euro.

Il destinatario della misura, Salvatore Pititto di Mileto (Vv), è rimasto coinvolto nell'operazione “Stammer”, con la quale, a gennaio 2017, sono state tratte in arresto 54 persone, ritenute affiliate o fiancheggiattrici della cosca “Pititto”, subordinata alla “cosca maggiore” dei “Fiarè’” di San Gregorio.

Le indagini patrimoniali, condotte dagli investigatori del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro, hanno consentito di ricostruire il patrimonio di Pititto, il cui valore sarebbe "risultato sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati".

Il provvedimento di sequestro ha riguardato una ditta individuale, quote societarie, immobili, un'autovettura e diversi rapporti bancari e finanziari, il tutto per un valore complessivo stimato in oltre un milione e centomila euro.

Pititto, per i fatti a lui contestati, è stato recentemente condannato a venti anni di reclusione al termine del processo di primo grado svoltosi con rito abbreviato.

 

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Vibo Valentia, operazione “Araba Fenice”: denunciati 4 imprenditori, sequestrati beni per oltre 5 milioni di euro

I finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Lamezia Terme, nei confronti di due società facenti parte di un gruppo di fatto riconducibile a noti imprenditori, da tempo attivi nel commercio all’ingrosso ed al dettaglio di materiali edili.

Il provvedimento giunge al termine delle indagini finalizzate ad accertare eventuali responsabilità penali, a carico degli amministratori di una società dichiarata fallita nel settembre del 2015.

L'attività investigativa ha portato, tra l'altro, alla denuncia degli amministratori per il reato di bancarotta fraudolenta.

Gli accertamenti condotti dalle fiamme gialle avrebbero permesso di acclarare come, in prossimità del fallimento, gli amministratori della società avrebbero compiuto una serie di atti dispositivi, anche a titolo gratuito, volti, da un lato, ad azzerare le garanzie patrimoniali nei confronti dei creditori e, dall’altro, ad assicurare la continuità aziendale mediante la creazione “ad hoc” di un nuovo organismo societario, di fatto sempre riconducibile al loro gruppo familiare.

Gli amministratori avrebbero, pertanto, distratto beni ed effettuato donazioni in favore sia di prossimi congiunti, sia di altre società del gruppo familiare. 

Utilizzando i beni sottratti, le persone raggiunte dal provvedimento di sequestro, avrebbero proseguito l’attività imprenditoriale attraverso un’altra società di nuova costituzione, sorta sulle ceneri di quella fallita.

Oggetto del provvedimento di sequestro, sono stati i beni della società neo costituita ed i residui beni ancora in capo alla società fallita, entrambe operanti nello stesso settore merceologico.

Il valore dei beni sequestrati in capo alle due società ammonta ad oltre 5 milioni di euro.

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Reati fiscali, sequestrati beni per 5 milioni di euro

I militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Cosenza, nell’ambito delle indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Paola, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo per equivalente, disposto dal Gip del Tribunale di Paola, per un ammontare complessivo di poco inferiore ai 5 milioni di euro, nei confronti della Casa di Cura Tricarico Rosano s.r.l. e di Rosano Fabrizio Tricarico nella sua qualità di legale rappresentante pro tempore.

I reati contestati alla società e per essa all’amministratore unico indagato, vanno dall’infedele dichiarazione dei redditi, all’omesso versamento di ritenute certificate negli anni dal 2011 al 2014.

La misura cautelare trae origine da una verifica fiscale eseguita dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Cosenza che ha interessato le annualità dal 2011 al 2014 ed ha fatto emergere l’omesso versamento di ritenute, relative ad emolumenti erogati, per circa 4 milioni di euro, nonché un’evasione d’imposta (Ires) superiore agli 800 mila euro.

A fronte di tali violazioni Il Gip, recependo e condividendo la proposta formulata dal Pm ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle disponibilità finanziarie e dei beni mobili riconducibili all’indagato e alla società fino a concorrenza della somma di circa 5 milioni di euro.

Nel corso delle attività svolte per a dare esecuzione al provvedimento, le fiamme gialle hanno scoperto, tra i vari beni, un conto corrente della società contenente disponibilità finanziarie per diversi milioni di euro.

 

'Ndrangheta: sequestrati beni per un milione di euro

I militari dei Comandi provinciali della guardia di finanza e dei carabinieri di Reggio Calabria, hanno sottoposto a sequestro beni per un valore di circa un milione di euro.

Destinatari del provvedimento sono il 65enne Quinto Antonio Rosaci ed i figli Antonino (35) e Santoro (32).

La misura, disposta dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda, fa seguito alle risultanze dell'operazione "Ada" che, nel 2013, ha portato all'arresto di presunti affiliati alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, tra i quali lo stesso Rosaci.

I sigilli sono stati apposti a quote sociali, patrimonio aziendale, rapporti finanziari della "Capo Sud Games snc", operante nel settore dell'installazione e noleggio di apparati da intrattenimento e divertimento, conti correnti, libretti di deposito al portatore o nominativi, contratti di acquisto di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, certificati di deposito, assicurazioni riconducibili a Rosaci, ai figli ed ai componenti del nucleo familiare.

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Azienda agricola percepisce indebitamente finanziamenti pubblici, sequestati beni per 177 mila euro

Le fiamme gialle del Nucleo polizia economico - finanziaria di Crotone hanno eseguito un provvedimento di sequestro, emesso dal gip presso il Tribunale di Crotone, di due conti correnti bancari, quattro magazzini ed un'abitazione.

Destinataria del provvedimento è l’amministratrice di un’azienda agricola di Strongoli, R.F.A. di 32 anni ed il padre R.N.A. di anni 60.

Le misura giunge in seguito alle indagini, nel corso delle quali è emerso che la titolare dell’attività avrebbe indebitamente ricevuto un contributo di 184 mila euro, erogato nell’ambito del POR 2007/2013, destinato all’ammodernamento dell’azienda agricola.

In particolare, la donna avrebbe rendicontato 300 mila euro di spese, ritenute fittizie dai finanzieri.

 Ad emettere le fatture per operazioni, ritenute, inesistenti sarebbe stata una società intestata al padre della beneficiaria del finanziamento.

Le tesi investigative sostenuta dalle fiamme gialle è stata accolta dal pm titolare del procedimento penale, che ha richiesto al Tribunale di Crotone il sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato.

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