'Ndrangheta - Cosa nostra: incontro nel vibonese dopo gli attentati a Falcone e Borsellino

Un patto diabolico tra Cosa nostra e 'ndrangheta per attacare lo Stato. È quanto emerge dall'operazione 'Ndrangheta stragista condotta, questa notte, dalla Polizia di Stato.

Per trovare un'intesa sulla strategia da adottare, le due organizzazioni criminali si sarebbero incontre, più volte, in Calabria.

Per gli inquirenti, all'indomani degli attentati di Capaci e via D'Amelio, nei quali persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, gli esponenti di Cosa nostra e 'ndrangheta si sarebbero incontrati  in un villaggio turistico di Nicotera Marina, controllato dalla famiglia Mancuso di Limbadi, legata a quella dei Piromalli, egemone nella piana di Gioia Tauro.

Al centro dell'incontro, la strategia stragista inaugurata dai corleonesi.

Al summit avrebbero partecipato tutti i capi della 'ndrangheta, da Cosenza a Reggio Calabria, " a dimostrazione - secondo la Procura antimafia - della unitarietà della 'ndrangheta, ovvero del suo atteggiarsi a forza mafiosa che verso l'esterno si presentava unita e compatta".

A chiedere un incontro con i mammasantissima calabresi, sarebbe stato il capo della mafia, Totò Riina.

Alla riunione di Nicotera Marina ne sarebbero seguite altre a Rosarno, Oppido Mamertina e Melicucco, ovvero nel territorio in cui operano le cosche Mancuso, Piromalli, Pesce e Mammoliti.

Per i magistrati, si sarebbe trattato di incontri propedeutici ad "una adesione generalizzata della 'ndrangheta alla strategia stragista che Cosa Nostra aveva deciso di intraprendere”.

 

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'Ndrangheta stragista, arrestati i mandandi degli omicidi compiuti nel 1994

‘Ndrangheta stragista è il nome che gli inquirenti hanno dato all’operazione che, questa notte, ha portato in carcere elementi di spicco della ‘ndrangheta reggina e Cosa nostra siciliana. 

La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha ricostruito - attraverso l’apporto di nuovi e fondamentali elementi raccordati e collegati fra loro - le causali del duplice omicidio del 18 gennaio 1994 e dei due tentati omicidi dei carabinieri dell’1 dicembre 1993 e dell’1 febbraio 1994.

Le vicende delittuose si inquadrano nel contesto della strategia stragista che ha insanguinato il Paese nei primi anni Novanta e in particolare nella stagione definita delle “stragi continentali”.

Protagonista di quella stagione, secondo quanto emerso dalle indagini, non fu solo Cosa Nostra (che tuttavia ebbe il ruolo operativo fondamentale nei termini già ampiamente descritti dalle sentenze di altre Autorità giudiziarie) ma anche la ‘ndrangheta.

Per gli inquirenti, gli attentati contro i Carabinieri non vanno letti ciascuno in maniera singola ed isolata, ma vanno inseriti in un contesto di più ampio respiro e di carattere nazionale nell’ambito di un progetto criminale, la cui ideazione e realizzazione è maturata non all’interno delle cosche di ‘ndrangheta, ma si è sviluppata attraverso la sinergia, la collaborazione e l’intesa di organizzazioni criminali, che avevano come obiettivo l’attuazione di un piano di destabilizzazione del Paese anche con modalità terroristiche.

In particolare, gli uomini coinvolti nell’operazione condotta la notte scorsa sono considerati tra i mandanti dei tre attentati compiuti ai danni dei carabinieri di Reggio Calabria, in cui persero la vita, il 18 gennaio 1994, gli appuntati Antonino Fava e Giuseppe Garofalo; rimasero gravemente feriti, l’1 febbraio 1994, l’appuntato Bartolomeo Musicò e il brigadiere Salvatore Serra e rimasero miracolosamente illesi, l’1 dicembre 1994, il carabiniere Vincenzo Pasqua e l’appuntato Silvio Ricciardo.

Fra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Reggio Calabria figura il siciliano Giuseppe Graviano, capo del mandamento mafioso di Brancaccio, coordinatore delle cosiddette “stragi continentali” eseguite da Cosa Nostra, attualmente detenuto in regime di carcere duro.

L’altro soggetto colpito dalla misura cautelare della custodia in carcere è il calabrese  Rocco Santo Filippone, di 77 anni, di Melicucco (RC), capo del mandamento tirrenico della ‘Ndrangheta all’epoca degli attentati ai aarabinieri. A quest’ultimo, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria contesta anche il reato di associazione mafiosa per essere, anche attualmente, l’elemento di vertice dell’articolazione territoriale della ‘ndrangheta, localmente denominata cosca Filippone  - direttamente collegata alla più articolata e potente cosca Piromalli di Gioia Tauro (RC) - al quale sono demandati compiti di particolare rilievo come quello di curare le relazioni e incontrare i capi delle altre famiglie di ‘Ndrangheta al fine di dare esecuzione alle decisioni di maggior rilevanza criminale, deliberate dalla componente riservata della organizzazione mafiosa calabrese, come quelle di aderire alla strategia stragista di attacco alle istituzioni dello Stato, attuata in Calabria, negli anni 1993 e 1994, in sinergia con Cosa nostra attraverso il compimento degli omicidi e tentati omicidi dei carabinieri, materialmente eseguiti da Giuseppe Calabrò e Consolato Villani.

Nel corso del blitz sono state eseguite numerose perquisizioni in diverse regioni d’Italia.

Alle operazioni condotte dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, dal Servizio centrale antiterrorismo e dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, hanno partecipato, anche, i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria.

I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11 presso la Sala convegni della Questura di Reggio Calabria, alla presenza del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, dei magistrati inquirenti e degli investigatori.

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