Non facciano quello che abbiamo fatto in estate, ma il governo faccia ciò che non ha fatto finora

"Non ripetere gli errori fatti in estate!". E’ questa la parola d’ordine del governo in vista delle prossime festività natalizie

L'affermazione, ripetuta come un mantra, lascia trasparire l'idea che all'origine dell’attuale emergenza Covid ci siano i comportamenti errati tenuti dagli italiani durante i mesi estivi.

Ovviamente, sarebbe folle pensare che taluni bagordi agostani non abbiano pesato sulla diffusione del virus, ma è altrettanto folle non rilevare i limiti dell’azione di governo che, giova ricordarlo, ha pure incentivato gli spostamenti introducendo i “Bonus vacanza”.

A fotografare i limiti dell’esecutivo guidato da Conte ci pensano i dati disponibili sul portale della Protezione civile nazionale, dai quali emerge che, tra  l’1 agosto e l’1 settembre, il numero dei contagiati passa da 12.457 a 26.078, con un incremento di 13.621 unità.

Non sembra una cifra preoccupante, tant'è che non scatta nessun campanello d'allarme ed il governo non ritiene di dover assumere alcun provvedimento. Quindici giorni dopo, infatti, le scuole riaprono regolarmente ed una settimana dopo, nonostante i contagi siano 39.712, gli italiani vengono chiamati alle urne per il referendum costituzionale. Dal governo arrivano rassicurazioni in tutte le salse. I titolari dei diversi ministeri fanno a gara per ricordare che, grazie ai diversi protocolli, non c’è alcun pericolo. Intanto, il contagio continua ad allargarsi ed il primo ottobre ha raggiunto 52.647 persone. Nonostante i positivi siano quasi raddoppiati in pochissimi giorni, il governo rimane alla finestra.

Bisogna aspettare il 13 ottobre, perché Conte vari un timido Dpcm che prevede l’uso della mascherina anche all’aperto. Intanto, il 15 ottobre i contagiati sono 99.266. Come accaduto in primavera, il governo sembra muoversi a tentoni e non pare avere alcuna strategia. A farla da padrona è l’improvvisazione. Così, il 18 ottobre, quando ormai si registrano 126.237 contagi, viene promulgato un ulteriore Dpcm, nel quale è previsto che “I sindaci potranno chiudere autonomamente le zone ritenute a rischio”. In occasione del nuovo provvedimento, Conte ribadisce: “Le attività scolastiche continueranno in presenza”. Lo stesso giorno, il ministro Azzolina, in un’intervista rilasciata a Repubblica, dichiara: La “Scuola è sicura, non deve chiudere”.

Non meno rassicuranti le affermazioni del ministro dei Trasporti, De Micheli a “In mezz’ora” su Rai 3, dove dice: ''Il rischio di contagio nel sistema del trasporto pubblico locale è bassissimo”.

Ad ulteriore riprova della sottovalutazione del pericolo c’è il libro del ministro della Salute Speranza, dal profetico titolo “Perché guariremo”, la cui uscita è prevista proprio per metà ottobre.

Vista la situazione, gli italiani continuano, dunque, a svolgere tutte le attività che gli sono consentite. Prendono i mezzi pubblici, vanno a scuola, frequentano bar, ristoranti, palestre, teatri, etc. Si tratta di luoghi e situazioni più volte definiti sicuri, o almeno così dovrebbe essere grazie alle misure ed ai protocolli imposti dal governo.  I giorni passano, ma nonostante il contagio pare abbia preso l’abbrivio, Conte continua ad essere titubante.

Solo il 24 ottobre, infatti, quando, i contagiati sono 203.182, il  presidente del Consiglio vara un nuovo Dpcm con il quale, peraltro, smentisce sé stesso ed i suoi ministri. Il provvedimento, infatti, oltre a limitare alle 18 l’orario d’apertura di bar e ristoranti, prevede la chiusura, tra l’altro, di piscine e teatri, nonché, si legge nel testo «per contrastare la diffusione del contagio […] le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata, per una quota pari almeno 75 per cento delle attività».

A questo punto gli italiani dovrebbero essere inferociti, poiché il governo ha sostanzialmente certificato la pericolosità di tutti quei luoghi (scuole, cinema, teatri, palestre, etc..) che fino ad una settimana prima erano stati indicati come sicuri e privi di rischi. Ma la farsa non è ancora finita. Il 3 novembre, infatti, quando i contagiati sono ormai 418.142, viene varato l’ennesimo Dpcm che traccia tre aree (gialla, arancione e rossa) corrispondenti ai differenti livelli di criticità nelle Regioni del Paese. Il resto è storia recente, una storia che dimostra la totale assenza di strategia.

In questi mesi, infatti, il governo ha tenuto un atteggiamento ondivago, ha varato provvedimenti parziali o addirittura dannosi, cercando, settimana dopo settimana, di aggiustare il tiro. A testimoniare lo stato confusionale di chi dovrebbe tirarci fuori dalla pandemia è la discussione, ancora in atto tra gli  stessi ministri, su cosa si potrà fare o meno nel periodo natalizio. Se, come dovrebbe, le decisioni sono assunte sulla scorta delle indicazioni fornite dal Comitato tecnico scientifico, non dovremmo assistere a continui ripensamenti. Se gli scienziati ritengono un comportamento pericoloso, il governo deve intervenire di conseguenza con fermezza. Così, ad esempio, se il giorno di Natale può essere rischioso spostarsi, il presidente del Consiglio si assuma la responsabilità e agisca senza farsi condizionare dalle critiche che, in democrazia, oltre che lecite sono pure auspicabili.

I proclami a tempo, minano irrimediabilmente la credibilità dei provvedimenti messi in campo per fermare il virus, con il rischio di far scattare un cortocircuito che il Paese non può permettersi. Quindi, se rigore deve essere rigore sia. Non vorremmo, infatti, ritrovarci a gennaio con l’ennesimo epicedio del governo contro i comportamenti scorretti tenuti dagli italiani.

Quindi, a ciascuno il suo, i cittadini non facciano ciò che hanno fatto in estate, ma il governo faccia finalmente ciò che non ha fatto finora: decida.

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