Vasta operazione anti 'ndrangheta, fermati noti imprenditori al servizio delle cosche

Ha preso il via alle prime ore di questa mattina, un’operazione condotta da oltre cento uomini del Comando provinciale Carabinieri di Reggio Calabria per dare esecuzione ad un provvedimento di fermo disposto dalla locale Direzione distrettuale antimafia.

Destinatari della misura sono noti imprenditori del capoluogo reggino, ritenuti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta e accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni e autoriciclaggio.

Per gli inquirenti, avrebbero contato sull’appoggio delle più pericolose cosche cittadine per accumulare enormi profitti illeciti, riciclati in fiorenti attività commerciali.

L’operazione avrebbe permesso di fare luce su un "reticolato di cointeressenze criminali coltivate da spregiudicati imprenditori edili e immobiliari".

Sono 4 le persone colpite da provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

Sequestrate, inoltre, numerose aziende, centinaia di appartamenti e decine di terreni edificabili nel capoluogo, per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro.

I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso della conferenza stampa che si terrà alle 11 presso il Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, cui parteciperà il Procuratore della Repubblica Vicario, Calogero Gaetano Paci.

 

Scacco alle cosche, confiscati beni per oltre 84 milioni di euro

Militari del Comando provinciale della guardia di finanza e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma hanno eseguito, sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria, una misura di prevenzione sia personale (sorveglianza speciale di pubblica sicurezza) che patrimoniale, disposta dalla locale Sezione misure di prevenzione del tribunale, nei confronti di 11 persone, tra le quali sono annoverati alcuni soggetti gravemente indiziati di appartenere alle cosche di ‘ndrangheta “Morabito” ed “Aquino” ed imprenditori a queste contigui.

Nell’occasione sono state confiscate, in provincia di Reggio Calabria, 8 società commerciali, comprensive dei rispettivi compendi aziendali consistenti in ingenti patrimoni immobiliari (82 beni immobili, 4 veicoli) e rapporti finanziari per un valore stimato pari a circa 84,3 milioni di euro.

Tra i beni oggetto di confisca figurano: complessi edilizi residenziali tra cui “San Rocco 1” e "Residence Vittoria", a Bianco (RC), “Palm View”, Bruzzano Zeffirio (RC)  e “Stignano Mare”, nel medesimo Comune.

Il provvedimento giudiziario costituisce l’epilogo di un’articolata indagine (operazione “Metropolis”) coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dal Nucleo di polizia tributaria – Gico della guardia di finanza di Reggio Calabria, in sinergia con  lo Scico e con il Gruppo di Locri. Le investigazioni, si erano concluse nel 2013 con l’esecuzione di 20 provvedimenti restrittivi personali nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili, tra gli altri, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso e di intestazione fittizia di beni. In relazione a tali esiti, la Dda ha delegato alla guardia di finanza ulteriori indagini a carattere patrimoniale volte all’individuazione, ai fini della possibile applicazione di una misura di prevenzione, dei beni mobili ed immobili riconducibili a: Rocco Morabito, figlio del boss Giuseppe detto “Tiradritto”,  Fausto Ottavio Strangio, Daniele Scipione e Sebastiano Vottari, ritenuti organici alla cosca di ‘ndrangheta dei “Morabito” operante nel territorio di Africo. Tra le persone sulle quali le fiamme gialle avevano focalizzato la loro attenzione figuravano, inoltre, Rocco Aquino, Francesco Arcadi e Domenico Vallone, ritenuti esponenti della “locale” di ‘ndrangheta di Marina di Gioiosa Ionica (RC); Sebastiano Sisto Strangio, Giuseppe Carrozza, Domingo Bernal Diaz e Sagredo Lamberti, imprenditori ritenuti contigui alla ‘ndrangheta. 

Dalle ricostruzioni investigative, effettuate, attraverso l’analisi delle singole transazioni economiche e finanziarie operate dagli indagati, dalle società a loro riconducibili e dai rispettivi nuclei familiari negli ultimi  20 anni, è emersa l’esistenza di patrimoni il cui valore era decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi.

Alla luce di tali risultanze, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nel  2014, la Sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria ha ordinato, l’applicazione della misura ablativa del sequestro su beni mobili, immobili e societari per un valore complessivo pari a 419 milioni euro; nel settembre 2016, l’applicazione della misura personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, per la durata di tre anni nei confronti dell’imprenditore Antonio Cuppari, nonché la confisca di beni mobili, immobili e societari, per un valore complessivo di circa  217 milioni e 450 mila euro.

Con il provvedimento di oggi, la Sezione misure di prevenzione ha disposto la confisca di beni mobili, immobili e societari, per un valore complessivo di circa 84 milioni e 300 mila euro, nonché l’applicazione della misura personale della sorveglianza speciale nei confronti di: Rocco Morabito e Rocco Aquino, per la durata di 5 anni; Daniele Scipione, per la durata di 4 anni; Fausto Ottavio Strangio;  Sebastiano Vottari; Francesco Arcadi, e Domenico Vallone, per la durata di 3 anni. Tra i beni oggetto di confisca figurano 8 società commerciali, comprensive del capitale sociale e patrimonio aziendale.

L’amministrazione dei beni e delle società sarà conferita all’ “Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”.

Operazione "Sansone 2". Le logiche spartitorie delle estorsioni della 'ndrangheta: I DETTAGLI

Alle prime luci dell’alba di oggi, nella Provincia di Reggio Calabria, il personale del ROS e del locale Comando Provinciale Carabinieri con l’ausilio del personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria” e dell’8° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Vibo Valentia ha dato esecuzione ad una Ordinanza di custodia cautelare emessa, su richiesta di questa Procura Distrettuale Antimafia, dal Tribunale di Reggio Calabria, a carico di nr. 16 soggetti indagati, a vario titolo, dei delitti di partecipazione all’associazione mafiosa unitaria denominata ‘ndrangheta, estorsione, detenzione illegale di munizioni ed armi comuni da sparo e da guerra rese clandestine, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale, minaccia e danneggiamento seguito da incendio e concorso esterno, tutti aggravati dalla finalità di agevolare l’attività della predetta associazione mafiosa. Contestualmente è stata sottoposta a sequestro la clinica Nova Salus di Villa S.Giovanni di cui si sono accertate le ingerenze delle cosche di ‘Ndrangheta nella gestione e conduzione.  

L’odierno provvedimento cautelare – che costituisce seconda fase dell’operazione Sansone avviata il 15 Novembre scorso con l’esecuzione di 26 fermi di indiziato di delitto – scaturisce da specifica istanza dell’Ufficio di Procura che, nel richiedere la convalida del citato provvedimento precautelare, sollecitava l’applicazione di misure restrittive a carico di ulteriori soggetti, tutti appartenenti/contigui alle cosche CONDELLO, ZITO/BERTUCA ed IMERTI/BUDA, operanti in Reggio Calabria, zone limitrofe ed altre parti del territorio nazionale. Il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione GIP quindi, nel convalidare i provvedimenti di urgenza adottati dal relativo Ufficio e confermando la permanenza in carcere della gran parte dei soggetti arrestati, adottava ulteriore e contestuale provvedimento restrittivo che andava a colpire quegli indagati per i quali non ricorrevano i requisiti per l’adozione di un provvedimento di fermo.   

La misura cautelare, così come il Provvedimento di fermo del 15.11 u.s., costituisce esito di un articolato impegno investigativo coordinato da questa Procura e condotto, in contemporanea:

- dal ROS incaricato sia delle ricerche di CONDELLO Domenico cl. ’56 detto U Pacciu, inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del Programma Speciale di ricerca del Ministero dell’Interno, che delle attività di contrasto all’assetto associativo della cosca CONDELLO; 

- dal Comando Provinciale Carabinieri Reggio Calabria interessato alle dinamiche criminali delle cosche ZITO – BERTUCA e BUDA - IMERTI, operanti nell’area di Villa San Giovanni (RC), Fiumara (RC) e dintorni, nonché dei GARONFALO operativi in Campo Calabro (RC).

Le predette investigazioni sono state condotte su contesti investigativi differenti ma complementari ed, attesi gli evidenti profili di interconnessione, in sinergia dai due Reparti dell’Arma dei Carabinieri. Punto di contatto delle due indagini è costituito dalla influenza della cosca CONDELLO nell’area di Villa S.Giovanni (RC) e dai legami di questa con la consorteria degli IMERTI/BUDA, legami sorti anche in conseguenza del matrimonio, celebrato nel 1983, tra IMERTI Antonino detto Nano feroce, esponente apicale della omonima cosca e CONDELLO Giuseppina, sorella di Domenico cl. ‘53 U Pacciu e cugina di Pasquale cl. ‘50 il Supremo, matrimonio questo che determinò la cementificazione dei rapporti tra i CONDELLO e gli IMERTI/BUDA ed il rafforzamento della loro presenza nell’area di Villa S. Giovanni (RC)

L’esecuzione dell’ordinanza cautelare, nel completare la parte operativa dell’operazione Sansone, ha permesso di colpire tutti gli indagati coinvolti nelle vicende ricostruite dalle indagini svolte dai Carabinieri sulle quali va detto che:

a. hanno portato il 10.10.2012 al rintraccio del latitante CONDELLO Domenico cl. ’56 ed alla individuazione della rete di supporto logistico e dei più stretti collaboratori che oggi sono destinatari del provvedimento restrittivo. In tale contesto si deve dire che le investigazioni hanno messo in rilievo come CONDELLO Domenico aveva formato una struttura associativa cuscinetto, deputata unicamente al sostegno alla sua latitanza, ponendovi al vertice un soggetto cerniera incaricato di coordinarla e di veicolare le sue direttive struttura mafiosa: tale assetto rispondeva all’esigenza di ridurre al minimo i rischi per sé e soprattutto per l’associazione mafiosa derivanti dalla incessante attività di ricerca. Se da un lato la rete associativa e dei favoreggiatori è stata indebolita attraverso una serie di interventi (vari sequestri preventive ed operazioni Reggio Nord e Lancio) le investigazioni hanno raggiunto il punto di svolta quando è stato individuato, nella persona di VAZZANA Andrea Carmelo subentrato a TEGANO Bruno Antonino nel frattempo arrestato, il soggetto cerniera che aveva contatti sia col latitante che con gli elementi dell’associazione. Il monitoraggio di VAZZANA - oltre a consentire l’individuazione di un altro soggetto di interesse, MEGALE Roberto, che in più circostanze aveva effettuato degli spostamenti dal carattere evidentemente clandestino – aveva permesso di spostare l’attenzione sull’abitato di Salice di Rosalì (RC). L’intensificazione dei servizi a carico dei soggetti e dell’area indicati consentiva di monitorare completamente l’ulteriore movimento clandestino del VAZZANA e del MEGALE che, la sera del 10.10.2012, aveva prelevato il latitante dal covo in Salice di Rosalì. Avuta contezza di ciò, alle ore 22.00 circa dello stesso giorno, veniva prontamente bloccata la vettura con a bordo il latitante che veniva tratto in arresto unitamente all’autista MEGALE Roberto;   

b. sotto il profilo associativo le indagini condotte dal ROS sul conto dello schieramento CONDELLO – che, come indicato, ha influenza anche nella zona di Villa San Giovanni (RC) per via dei collegamenti con i BUDA/IMERTI - si sono intersecate con quelle svolte dal Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, in corso in periodo coevo, ma a carico dello schieramento ZITO - BERTUCA, pure operante in Villa S. Giovanni (RC) e Fiumara (RC). Ciò in ragione della accertata interazione tra i due schieramenti a causa delle criticità insorte, in ordine alla suddivisione delle attività estorsive. Le indagini hanno così messo in luce la presenza, nell’area villese, di una forte pressione estorsiva e di un controllo criminale esercitato congiuntamente, da più cosche, in modo capillare. Situazione questa che può essere efficacemente riassunta nelle parole di BERTUCA Pasquale che - nel corso di un colloquio in carcere intrattenuto con la sorella BERTUCA Felicia e con il nipote SOTTILARO Vincenzo il 23.08.2010 - invitava i familiari a riferire a LIOTTA Alfio, soggetto incaricato della riscossione dei proventi estorsivi, di «non lasciare scampo a nessuno» con la precisazione di un imprenditore cui doveva rivolgersi che doveva «… essere il primo che glieli deve portare!». Il controllo esercitato sul territorio era così ampio e penetrante che gli esponenti delle consorterie mafiose - oltre a condizionare la vita economica del territorio villese posto che l’avvio di iniziative economico/imprenditoriali doveva ricevere il placet degli esponenti delle varie cosche - erano in grado di risalire agli autori dei furti in abitazione e di veicoli, dei danneggiamenti, e di attivarsi per la restituzione dei beni ai legittimi proprietari, anche dietro il pagamento di una somma di denaro. Entrando più nel dettaglio si deve dire che, nel settore delle estorsioni, i rapporti tra le cosche ZITO - BERTUCA e quelle CONDELLO - BUDA - IMERTI sono caratterizzati da logiche spartitorie dei proventi estorsivi che si sono dipanate non senza momenti di criticità derivanti dalla duplicazione delle richieste estorsive tali da determinare, in alcuni casi, incontri diretti tra i referenti dei due schieramenti. Particolarmente eloquenti sono ancora le parole di BERTUCA Pasquale che, lamentandosi col fratello Vincenzo dell’eccessivo attivismo estorsivo del condelliano VAZZANA Andrea Carmelo nell’area di Villa S.Giovanni, specificava che LIOTTA Alfio gli avrebbe dovuto riferire «… che le indagini sopra di noi non le può fare nessuno! Altrimenti glielo mando a dire con Mico! Perché… tutte le volte che hanno portato… una brioche se la sono mangiata pure loro!» specificando che, quando entravano nell’area di loro pertinenza, «gli devi dire che prima di andare a Cannitello devono “bussare” però!». Nel complesso le attività di indagine hanno permesso di documentare ben 20 episodi estorsivi - consistiti nella pretesa di ingenti somme di denaro - in danno di numerose imprese operanti nei settori della raccolta dei rifiuti solidi urbani e delle costruzioni in generale/movimento terra, impegnate nello svolgimento di servizi ed opere sia private che di interesse pubblico, i cui proventi, sono stati suddivisi tra le predette cosche.

Le relazioni tra le suddette cosche nel campo estorsivo hanno conseguentemente consentito di delineare gli assetti associativi non solo delle cosche CONDELLO - BUDA - IMERTI e ZITO - BERTUCA ma anche della cosca GARONFALO, operante nel limitrofo comune di Campo Calabro.

 

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