Un'altra storia è possibile, anche al Sud

Francesco Laricchia, medico con la passione della storia meridionale, è il creatore della commemorazione della battaglia di Bitonto del maggio 1734, quella che portò Carlo di Borbone sui troni di Napoli e della Sicilia, e restituì loro e a tutta Italia la “libertas”, l’indipendenza. Così recita la lapide dell’Obelisco carolino. Ma Laricchia, combattente cavalleresco, non si è dimenticato del nemico, l’esercito austriaco; e, già nel 2010, dopo aver preso contatto con l’Istituto Viennese per le celebrazioni dei Caduti, ha voluto che il sacrificio dei vinti venisse degnamente celebrato. È stata affissa un’elegante lapide, con un’iscrizione in latino come sono le lapidi dell’Obelisco; ha dettato il distico Ulderico Nisticò, così versificando:

«Caesaris haud fausto quae paruit Austria Marti Pubes, fata diem, non rapuere decus»

(Alla gioventù d’Austria, che obbediva, pur senza fortuna, al comando di guerra dell’imperatore, il destino tolse la vita, non l’onore).

La commemorazione verrà ripetuta il 18 agosto. Nisticò, da noi sentito, si duole di non potersi recare a Bitonto perché impegnato nella presentazione del volume di don Franco Galeone e Maria Rosaria Fazio “Uomini e donne nella Bibbia”. Ma su Bitonto ci ha promesso un approfondimento. 

  • Published in Cultura

L'ultimo viaggio di Ferdinando II nelle Serre

Gli storici locali tacciono su molte situazioni che invece andrebbero chiarite. E' evidente dalle proficue fonti che Ferdinando II Re delle Due Sicilie, viaggiò spesso in Calabria, e lo fece specialmente per visitare i Reali Opifici Metallurgici che la Corona vi possedeva.  Tuttavia dopo questa breve ma significativa premessa, dipanerò una situazione storica datata 1852. Sua Maestà, conscio dei suoi possedimenti e amante della nostra Regione, si portò durante il suo lungo regno ben tre volte nelle nostre contrade visitando  in quel periodo paesi e città della Calabria: il primo viaggio lo compì nel 1833 a pochi anni dall’ascesa al trono, poi nel 1844, ed infine nel 1852. Racconterò qui dell’ultimo dei viaggi calabresi di Ferdinando, puntando l’attenzione solo su quanto accaduto a Mongiana. Nell’autunno del 1852, il Re decide a sorpresa di ispezionare la Fabbrica Statale di Mongiana sita nel cuore delle Serre Monteleonesi (oggi ViboValentia) accompagnato dal Principe Francesco che affettuosamente il Borbone chiamava Ciccillo. Sebbene furono giorni intensi quelli di quell’autunno per il Vibonese, in quanto la piena del fiume Angitola aveva intasato i campi e le uniche strade presenti, come aggiunge Imperio Assisi in una operetta apparsa sul Normanno bimestrale di cultura che porta titolo “Quel disastroso viaggio in calesse di Ferdinando II alla Ferriera di Mongiana”, dove annota: “Il 16 ottobre il Sovrano giunge a Mongiana da Pizzo Calabro, era stato costretto a pernottare a Serra San Bruno in quanto la carrozza reale si impantanò nelle fanghiglie dell’Angitola”, le alluvioni nel Vibonese non guardavano in faccia neanche i reali. I contadini delle Serre furono costretti a scortare Sua Maestà facendo da apripista ed in alcuni tratti, quelli più difficili, costretti a sollevare il reale calesse. Quella spericolata ma affascinante salita in calesse permise al Re di godere delle bellezze paesaggistiche, della calma certosina di Serra e di notare la difficoltà nel viaggio per giungere all’Opificio. Di ciò, però, non può essere ritenuta responsabile la casa reale, soprattutto quando citando ancora le parole dell’Assisi, sempre nella stessa opera, continua dicendo: ”per la cronaca giornalistica annotano che nell’anno domini 2012 il tracciato è lo stesso, curve o non curve repubblicane e non più monarchiche che a parte qualche spruzzata di bitume si scioglie come neve al sole di Calabria”. Tuttavia, è doveroso tornare a quel 16 ottobre del 1852; distrutto dal viaggio, ed avendo ascoltato le lamentele del giovane Principe, il Borbone si accinge a visitare l’industria statale ed a ritemprarsi negli appartamenti di Ferdinandea inaugurata dallo stesso Re nel suo primo viaggio del 1833 assieme al ponte dell’ Angitola i cui lavori di realizzazione erano stati affidati al Palmieri. Giunto in prossimità della Ferdinandea, il Re visitò le Reali Ferriere constatando l’ ingente produzione d’acciaio. Soddisfatto della situazione, Ferdinando II tornò a Napoli non dopo aver accolto e graziato il centro di Mongiana che da tempo chiedeva l’autonomia dall’iniqua Fabrizia, cosa che inquinò per sempre i rapporti con quest’ultima, come apprendiamo dalle parole del colonnello Pacifici che così scrive:”questo villaggio di Mongiana che in sé contiene 3 reali stabilimenti nel quale il più proficuo e prosperante si è quello della novella fabbrica d’armi, ha una popolazione composta da varie famiglie naturali(…) 100 anime, 3 o 400 individui fidati addetti al lavoro nello stabilimento. I naturali sono modestamente urbanizzati sia per buona indole e per come sono stati educati da impiegati e ufficiali d’artiglieria. Esiste un numero di persone istruite (…) il villaggio suddetto ha la disgrazia di essere aggregato al comune di Fabrizia composto da gente rozza e incolta sotto la cui arbitraria amministrazione giaciamo (…)”. Mongiana, a seguito di questa accorata lettera, riceve la grazia di essere eretta a Comune. Senza ombra di dubbio e senza titubanza per la grazia concessa, il Re tornò quindi a Napoli carico di progetti e di osservazioni fatte proprio in groppa al calesse; si adoperò per far sì che le opere mancanti venissero compiute. Si dice che le promesse di un Re a quel tempo fossero come quelle di un marinaio, ma non per Ferdinando, il quale ordinò di portare a termine ciò che aveva assunto l’impegno di far realizzare, ovvero:” aprire una strada per le miniere passando per Ferdinandea, costruire la strada per l’Angitola, sviluppare Ferdinandea senza tralasciare Mongiana, costruisce una caserma militare a Mongiana, ed abbellire la chiesa “. A conti fatti l’impegno fu mantenuto; lo stesso impegno che ebbe nella visita a Monteleone nel 1833 quando promise al popolo un orfanotrofio ed una scuola di agraria, cose che fece costruire. Il periodo aureo di Mongiana crebbe notevolmente sotto Ferdinando, tanto è vero che l’Opificio delle Serre divenne il fiore all’occhiello della siderurgia borbonica, vanto quindi del Re. Questo fu davvero l’ultimo viaggio del Re, purtroppo infatti, a pochi anni di distanza, quando oramai Mongiana aveva raggiunto l’acme del suo successo economico, giunse Garibaldi con la conseguenza che il fiorente comparto venne decapitato. ” Il 21 agosto 1862 con la legge n° 793 il Governo italiano decise di includere Mongiana nei beni demaniali da alienare e con la legge n° 1435 del 23 agosto 1873 sancisì la definitiva caduta del comparto”.

  • Published in Cultura

Il Mezzogiorno in mezzo al guado

Dai tempi più remoti il meridionalismo oscilla pericolosamente tra i due estremi dell’esaltazione e dell’abiezione. Tranquilli, non ce l’ho solo con i gruppuscoli odierni, ma con anche con il sommo Platone che celebrava Crotone e Locri oltre il loro merito, e con tutti i poeti e viaggiatori di passaggio che hanno creato il mito della bellezza e prosperità della terra; e con tutti quelli che invece hanno pianto e piangono le miserie del Sud assai più che miserie non fossero. Il Sud è, tutto sommato, una storia e una realtà media. Veloci esempi: non ha grandissimi poeti e letterari, però ha sommi filosofi; ha una sola grandissima città, però una popolazione disseminata in moltissimi piccoli centri vivaci; accolse ondate immigratorie, però non fu mai spopolato, e la sua emigrazione è recentissima rispetto ad altri; non conobbe istituzioni rappresentative neanche nobiliari, ma i suoi paesi e le città ebbero da sempre istituzioni comunali; non fu mai ricchissimo neanche ai tempi della mitica Magna Grecia, però mai patì la fame; non vanta molte glorie militari, però potrei elencarvi un buon numero di condottieri e guerrieri… Insomma, una storia media.

Vedete, gentili lettori, la grande storia, che è storia di gloria e di sangue e mai di pace, avviene quando in una terra ci sono grandi ricchezze e grandi povertà, cosa mai accaduta tra gli Abruzzi e lo Stretto, terra media. La più grave carenza del Meridione è la politica, intendo dire non le astratte ideologie, di cui anzi abbonda, ma il senso del reale, del possibile, della scansione temporale dei procedimenti sociali. A questa dovremmo porre riparo, se vogliano fare qualcosa per il Sud.

Secondo me: Bisogna porre fine agli entusiasmi infantili e immotivati sul passato, che soddisfano le corde vocali degli strilli al Re e i palati delle cene, ma non producono nulla di concreto; a parte che non si fondano sul vero. La storia è meglio lasciarla agli storici, i quali sanno distinguere un documento da una patacca. Devono essere ugualmente vietati i piagnistei più o meno patriottardi. Lo stesso per gli entusiasmi immotivati e infantili per il futuro, magari da affidare a sogni d’indipendenza. Mi diverte pensare ai 666 gruppuscoli che dovessero indicare il futuro re, se già manco ci si mette d’accordo per celebrare una data assieme! Serve mobilitare le energie intellettuali non nei vaghi sogni di gloria, ma nello studio della natura delle cose e della possibile utilizzazione. Esempio, se parliamo di turismo, studiare il turismo del Sud e non “Rimini, Ibiza, Acapulco”: se no facciamo come nella mia città, che costruirono un acquario mai visitato da nessuno, e alla prima pioggia saltarono le macchine e, caso unico nella storia, i pesci morirono affogati: ma l’intento era fare concorrenza a Genova! Ergo, basta chiacchiere e superbia piccolo borghese fondata sul nulla.

Le parole dividono, i fatti uniscono. Bisogna dunque individuare qualche azione concreta, che obblighi i governi italiani e le loro diramazioni locali, e l’Europa, a considerare il Meridione come una realtà capace di esercitare pressione politica, elettorale, economica. Faccio questi discorsi da anni su riviste e in convegni: l’ultima volta, l’anno scorso a Gioia del Colle, e tutti giurano che faranno così. Ma, per dirla con i nostri cugini spagnoli, plumas y palabras el viento las lleva.

Ora qualcuno risponderà ingiurie generiche e bidet di Caserta: tutti gli altri, muti!

  • Published in Diorama
Subscribe to this RSS feed