Caso Marò, fissata una mobilitazione per il 26 marzo: “Difendiamo Max e Salvo”

“Il prossimo 30 marzo al Tribunale Arbitrale dell'Aia si aprirà il dibattito sulla richiesta di misure provvisorie per Salvatore Girone e Massimiliano Latorre: ultima speranza per permettere ai due militari di attendere in Italia la conclusione dell'iter dell'arbitrato internazionale che deciderà, non prima del 2018, a quale paese compete la giurisdizione sulla vicenda”. È quanto si legge in una nota di Nicola Marenzi e del gruppo “Coordinamento Marò liberi”. “In attesa di queste scadenze – rilevano - il silenzio sta diventando sempre più fitto: nessun commento sulla stampa, nessun comunicato da parte del Governo. Ma a questo silenzio, sempre più simile ad una congiura, non si sono arresi numerosi cittadini che, con costanza e determinazione, in questi anni si sono organizzati nella rete non solo per dimostrare solidarietà ai nostri due connazionali ma anche e soprattutto per lanciare campagne di informazione sulla vicenda e sulla sua strumentalizzazione da parte dell'India. Più di quattro anni di messaggi lanciati dalle pagine di Facebook e dagli hastag di Twitter che hanno accompagnato le tappe di queste incredibile storia in un continuo tentativo, da una parte, di sollecitare i politici ad una reazione e, dall'altra, di mantenere alta l'attenzione di tutti gli italiani su questa violazione di trattati internazionali e di diritti umani. Fra le tante iniziative – spiegano - pensate, proposte e gestite autonomamente dallo spontaneo coordinamento in chat di semplici cittadini è ora nata l'idea di uscire dalla rete e scendere nelle piazze con un ‘Flash Mob’ dedicato alla distribuzione di un volantino che ricordi agli italiani Salvatore e Massimiliano. Ecco allora l'appuntamento che sta correndo nella rete per sabato 26 marzo alle ore 10 nelle piazze delle nostre città: dove saremo e quanti saremo dipenderà solo dalla disponibilità di ciascun italiano a dedicare non solo un pensiero ma anche una azione per denunciare questa vergogna. I gruppi si stanno formando sulla pagina dell'evento (Nelle nostre Piazze per Max e Salvo) e sono aperti a tutti, singoli cittadini ed associazioni d'arma ma non a simboli o bandiere di partiti o movimenti politici perchè questa vicenda è già stata troppo strumentalizzata dai politici indiani ed italiani. Numerosi o pochi che saremo il 26 marzo non ha importanza: è solo una tappa – viene precisato - fra le molte fatte e che saranno promosse nel futuro. Così come non ha importanza la firma di questo comunicato: non abbiamo sigle o nomi ma siamo solo cittadini che non vogliono abbandonare ad un destino deciso da altri il destino di due nostri connazionali. Vi aspettiamo nelle piazze – è la conclusione - il 26 marzo e ci potete sempre trovare, per impegnarvi con noi, nella pagine Facebook dedicate ai nostri marò”.

I marò e l'ennesima figuraccia dell'Italia

 Il governo italiano ha collezionato l’ennesima figura barbina a proposito dei marò, questa volta presso un Tribunale del mare che si trova ad Amburgo, e che dev’essere presieduto da Ponzio Pilato, giudice a latere il principe Amleto, che del resto abita da quelle parti; e se ne lava le mani. Sarei curioso di sapere chi era l’avvocato italiano, se era competente in diritto internazionale o solo un amico di qualcuno con stipendio. Figuraccia, ripeto. Ma ora statemi a sentire: questa faccenda puzza fin dall’inizio, e continua a puzzare. Ricapitoliamo: due fucilieri di Marina si trovano sopra una nave commerciale, in funzione di difesa della medesima contro eventuali “pirati”; si avvicina una barca, e i due sparano, uccidendo due persone; la nave, invece di prendere il largo, entra micia micia in un porto indiano come fosse Taranto o Spezia, e i due marò vengono arrestati; da quel 2012, succede di tutto, tranne un processo. E ristatemi a sentire. Quando io sono stato messo di guardia, ben sessanta volte contate, se io avessi, nelle debite forme, sparato a un essere vivente – gatto o colonnello che fosse – il risultato sarebbe stato una bella licenza premio di gg 7 + viaggio, avendo compiuto un banale dovere secondo un ordine che perveniva dalle seguenti persone:

-          presidente della Repubblica;

-          ministro della Difesa;

-          capo di Stato Maggiore;

-          comandante VII Regione militare;

-          colonnello comandante del Reggimento;

-          capitano della Batteria;

-          sottotenente comandante del picchetto montante;

-          sergente del picchetto medesimo.

 Ero dunque coperto, copertissimo da ordini permanenti. Ora domandiamoci se i due marò avevano la stessa copertura da:

-          presidente della Repubblica;

-          ministro della Difesa;

-          capo di Stato Maggiore;

-          eventuale comandante dell’Oceano Indiano;

-          ufficiali responsabili.

 Se, infatti, io fossi l’avvocato difensore dei due, nel processo che mai si terrà, come primissima attività chiederei a quali ordini obbedissero i due militari; e se a comandare su di loro erano le autorità militari italiane o il capitano civile della nave commerciale. E se i due spararono di loro iniziativa o qualcuno gliel’ordinò. E già, perché la nave in porto ce la condusse il capitano civile, e non sappiamo se si consultò con le autorità militari o fece il comodo suo. Da chi dipendevano, i due? Insomma, memore dei miei turni di guardia e dell’ordine di sparare con sette giorni di licenza premio, ma solo se obbedivo a precise ed esplicite regole, io di leva, mi chiedo come mai invece due militari professionisti si siano cacciati in un simile guaio, e deduco che ordini chiari non ne avevano, e stavano su quella nave in posizione boh, ambigua.  Se è vero, vuoi vedere che alla fine il processo più tardi si fa e meglio è per più d’uno? Anche per l’India, che non si degnò manco di avvertire i suoi cittadini che sulle navi europee c’era gente armata, ed era meglio farsi riconoscere. Esattamente come doveva fare chi si avvicinasse alla mia garitta, e se no io gli dovevo (non “potevo”, “dovevo”) sparare a bersaglio, prendermi i sette giorni di premio e dormirci tranquillo sopra per aver compiuto uno spiacevole ma patriottico dovere. Secondo voi, in India successe qualcosa del genere?

  • Published in Diorama
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