Reggio, Scuderi (FdI): "Con il voto del referendum i cittadini hanno bocciato Falcomatà"

“Il percorso erroneo e controproducente intrapreso dall'Amministrazione cittadina guidata dal sindaco metropolitano, Giuseppe Falcomatà, è stato decretato dai risultati palesemente negativi del referendum costituzionale”. Con queste parole che non lasciano spazio a equivoci il portavoce provinciale di Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, Sebastiano Scuderi, ha commentato l'esito del referendum costituzionale rapportandolo alle tragiche condizioni in cui si trova la comunità della città in riva allo Stretto, rilevando come “i consensi della compagine che governa Reggio Calabria siano calati di oltre il 50% nel giro di due anni, passando dal 60 al 30%”.

“Una vera e propria disfatta – ha continuato Scuderi – dalla quale si possono trarre alcune conclusioni, prima fra tutte la bocciatura nei confronti del modus operandi di Falcomatà che, apprendendo molto in fretta dal suo mentore, il premier non eletto Matteo Renzi, ha inteso trasferire Giunta e Consiglio presso la direzione e la segreteria del Pd, azzerando il confronto all'interno delle sedi istituzionali. Per non tacere, poi, della presa d'atto generale dell'inconsistenza del progetto politico del centrosinistra per il rilancio della città”. “Tutto questo è inammissibile e inaccettabile e la comunità reggina – ha riflettuto ulteriormente il portavoce del partito della destra sociale – sta lentamente iniziando a comprendere come sia necessario risvegliarsi dal torpore cui si è caduti, perché è insopportabile che una classe politica e dirigente sia sprovvista di proposte e contenuti per la promozione di una terra le cui condizioni sono state compromesse notevolmente. Segno del fatto che, con buona pace di ottimisti e costruttori del nulla, le decisioni che ci riguardano sono prese altrove, per poi essere solo meramente ratificate da Falcomatà e i suoi compagni di apericena.

L'aver ridotto l'attività politica a mera comunicazione e propaganda e l'aver sostituito la proposizione di slogan e parole a effetto alla promozione di idee e proposte per il territorio, ha contribuito enormemente a quel processo di desertificazione sociale e morale che ha portato all'appiattimento e al disinteresse generale. Reggio Calabria non vuole scuse campate in aria ma ha necessità di una vera e consapevole assunzione di responsabilità. Fino ad oggi si è giocato alle spalle di un'intera comunità, ma adesso il gioco si è rotto”.

“L'esito di questo referendum – ha concluso Sebastiano Scuderi – ci ha dimostrato come una politica di avanspettacolo dove chi dovrebbe amministrare è ridotto a essere una comparsa che non conosce nemmeno il copione, non è più apprezzata dalla città. Ci sono questioni importanti di cui discutere che non possono più essere rimandate e che devono essere affrontate a casa nostra, non nelle segrete stanze di chissà quale sovrastruttura, dall'aeroporto alla autorità portuale unica, dal porto turistico ai servizi essenziali. Reggio Calabria, come del resto tutta la Calabria e l'intero Mezzogiorno hanno bocciato questi ultimi anni, adesso si volti pagina, per il bene di tutti”.

Referendum, Trotta (Fi Giovani): "Ha vinto la democrazia"

Riceviamo e pubblichiamo

"È stata una campagna referendaria lunga e per tanti versi accesa, da entrambi gli schieramenti.
Noi abbiamo preferito basare la nostra attività sulla correttezza, entrando sempre nel merito delle questioni e cercando quanto più possibile di renderci strumento intermedio d'informazione. Abbiamo lasciato agli altri la rabbia che di per sè non basta a governare un paese. Abbiamo lasciato ad altri la demagogia e la strategia del terrore che di per sè non bastano a vincere una battaglia referendaria, tant'è che l'Italia si è svegliata bocciando ampiamente questa Riforma.
Lo abbiamo fatto iniziando sotto il sole cocente e terminando nel freddo delle ultime settimane e a tal proposito voglio ringraziare i tanti giovani che insieme al partito hanno combattuto questa battaglia di libertà. Sempre con la stessa voglia di difendere le nostre idee. Con il fuoco dei sogni negli occhi che mai deve mancare ai giovani che vogliono spendersi per permettere all'Italia che vuole correre davvero di avere la meglio su quella dei cambiamenti gattopardeschi.
La Calabria, e Cosenza, hanno risposto con forza rifiutando la Riforma Renzi-Boschi per quasi il 70% degli elettori. Non é stato un voto pro o contro Renzi ma nel merito di un tentativo di revisione costituzionale invasivo e mortificante per il valore della libertà e per l'esercizio della sovranità.
Non è affatto vero, come egli vuole farci credere, che da solo ha collezionato il 40% dei voti. Dimentica che con lui c'erano Alfano, Verdini, Casini e tanti professionisti della politica con cui Renzi condivide la stessa idea di Stato, che probabilmente stanno già pensando al prossimo lido su cui approdare, che non sará quello del centrodestra. É riuscito a riesumare persino l'ex governatore della Calabria Agazio Loiero. La verità è che Renzi ha personalizzato il referendum per deconcentrare gli elettori dai fini della revisione proposta e dal comitato che l'ha redatta e sostenuta. 
Adesso ci aspetta una nuova stagione, in cui raddoppiare il nostro impegno per il bene della nostra terra, per il bene del nostro Paese, per il bene del nostro domani.
Le sue dimissioni, da premier ma non da segretario del primo partito in Parlamento, aprono la sua campagna elettorale per le politiche. Ed il Paese lo aspetterà per bocciare una politica fatta di slogan e di pressapochismo, che non attua nulla di tutto ciò che promette".

Vincenzo Trotta - Coordinatore provinciale Forza Italia Giovani Cosenza

Referendum, Ripepi (FdI): "Reggio ha bocciato il pupo e il puparo"

Riceviamo e pubblichiamo

"Reggio dice No a Renzi ed al suo figlioccio Falcomatà.  Il Sindaco e suoi compagni di apericena sono stati bocciati dai reggini che hanno detto 58.045 NO alle proposte indecenti di un’amministrazione a dir poco fallimentare.

Il suo atteggiamento da “caudillo” di periferia ha nauseato la cittadinanza che non ne può più di un’amministrazione malfunzionante in tutte le sue articolazioni e preoccupata solo di fare qualche favore al parente o all’amico di famiglia di turno.

Il mancato Senatore, che cercava in tutti i modi di imitare Renzi, non avendone la statura né fisica né politica, con la sua azione quotidiana, ne è stato la parodia. Reggio non ne può più di questi personaggi che, avendo fatto poco nella vita, tentano la carriera politica per trovare un posto al sole.

La città ha bisogno di essere amministrata nella sua quotidianità al fine di trovare al più presto  un progetto di riscatto per il suo futuro. Falcomatà ed i suoi prodi ne traggano le conseguenze e si dimettano liberando la città che sta perdendo quel poco che si era conquistato.

Questi due anni di verità assolute, di falsi applausi, di bugie e di enfasi alla faccia dei reggini, gli sono tornati indietro; i cittadini sono attenti ed hanno finalmente capito tutto! Il teatro e le messe in scena devono finire (o forse sono finite), le proposte di plastica anche.

Bisogna ritornare al dialogo ed al confronto leale e vero. Rinnovo l’invito a tutti i cittadini di venire a seguire i lavori del Consiglio Comunale:  se lo faranno forse non capiterà più di vedere gli scranni del Sindaco e dell’intera Giunta vuoti.

Ieri ed ancora oggi nessuna dichiarazione ufficiale degli sconfitti. Immaginiamo invece quali plausi da piazza se il Sì avesse vinto. Teatri aperti e sceneggiature già scritte per amplificare la bontà dell’azione amministrativa del Governo e dell’Amministrazione Falcomatà.

Il suo voler ridurre le sedute del Consiglio a discussioni da bar è stato l’insulto più grande che ha potuto fare alla città in questi due anni di assenza totale di azione amministrativa e politica.

Oggi dobbiamo andare avanti malgrado Falcomatà. Si dovrà recuperare al più presto il progetto del Museo del Mare e mettere da parte la vergognosa priorità del Roof Garden. Si dovrà mettere mano alla salvezza dell’Aeroporto e si dovrà rilanciare il porto di Reggio in chiave turistica, disinnescando la bomba ecologica che potrebbe devastare ulteriormente la nostra meravigliosa città. La città metropolitana dovrà puntare tutte le sue risorse sulla mobilità sostenibile e sull'integrazione delle periferie abbandonate. Reggio e Messina si dovranno integrare e vivere in assoluta simbiosi.

Questi sono i punti da cui potrà e dovrà ripartire la rinascita di Reggio. Comunque Reggio è viva ed ha reagito bocciando il pupo ed il puparo".

Massimo Ripepi - Consigliere comunale Fratelli d'Italia - Alleanza nazionale

Referendum, Guerrieri (Giovani Udc): "Difesa la costituzione da una deriva autoritaria"

"Un risultato elettorale frutto di grande di passione, di impegno e di sacrificio. Abbiamo sostenuto le vere ragioni del No, al di là di maggioranze attuali e future del Parlamento italiano. Abbiamo pensato prima al Paese, in un periodo storico di poltronismo diffuso, ed abbiamo saputo cogliere il vero sentimento degli italiani. La difesa della costituzione da una deriva autoritaria è il risultato di un popolo che vuole legittimamente riprendersi la sovranità e la rappresentatività che negli anni ha visto sottrarsi da un susseguirsi di governi tecnici e meno tecnici. Si lavori sin da subito per il bene del Paese a maggioranze ampie che mettano al primo posto la legge elettorale, con auspicio del proporzionale con preferenza".

E' quanto afferma in una nota stampa il portavoce nazionale dei giovani Udc, Michele Guerrieri.

Reggio, Caracciolo (Fi): "Il voto sul referendum una bocciatura per Falcomatà"

Riceviamo e pubblichiamo

"Significativo il voto di Reggio Calabria sul Referendum Costituzionale. Un voto che esprime altresì e senza dubbio una pesante bocciatura dell’Amministrazione Falcomatà.

Non sono bastati gli spot dall’ampio sapore elettorale per convincere i cittadini reggini. Non sono bastate le effimere passerelle in riva allo Stretto per esprimere un voto consapevole. Non è bastato l’intero mese di campagna referendaria marcata Pd.

I reggini hanno mostrato di aver necessità di un cambiamento. Ma quello vero che guarda alle istanze della gente e non si cela dietro inutili e sterili slide.

Quegli stessi reggini si sono accorti della stasi in cui versa Reggio, un immobilismo totale che imperversa nei settori dell’Amministrazione e che non rende giustizia ad una città che vuole riprendere un percorso di crescita e non vuole cadere nella trappola della mediocrità.

Una città al momento con una Giunta politicamente e pubblicamente sfiduciata dallo stesso Sindaco ormai più di un mese fa, che è stanca di attendere che le decisioni non siano volte al bene della collettività, bensì al bene di un partito.

E i risultati si vedono. Settori amministrativi senza guida e indirizzo politico, incapaci di tradurre le esigenze dei cittadini.

Perché si è atteso tanto? Quale diktat si sta ancora aspettando?

Reggio Calabria non merita questo. Se non si è in grado di governare la Città ci si dimetta al più presto perché Reggio non ha bisogno di chi svende gli interessi della città per il compimento di propri personali interessi".

Mary Caracciolo Consigliere Comunale – Forza Italia

 

Referendum, Martino (Udc): "schiacciante la vittoria del No al Sud"

"Il nostro primo commento sul referendum è di felicità per la vittoria del NO, che non vogliamo assolutamente strumentalizzare come sta succedendo adesso, con alcuni leader di partiti che pensano di prendersi il merito del voto popolare degli italiani".

E' quanto afferma in una nota, il coordinatore nazionale dei giovani dell'Udc, Marco Martino.

"Il dato della vittoria che più fa riflettere - prosegue il comunicato - è la vittoria schiacciante del No al Sud. Le riforme autoritarie hanno portato tanti italiani al voto, che hanno saputo ben difendersi dagli attacchi alla carta costituzionale redatta dai padri costituenti. Inutile nascondere la soddisfazione dopo mesi dove io ed il coordinamento da me guidato siamo stati impegnati con grande sacrificio, passione e coraggio in stretta sintonia con il partito nazionale capitanato dall’On. Lorenzo Cesa. Gli italiani  - continua Martino - hanno deciso, le annunciate dimissioni sono comprensibili per la personalizzazione del premier sul voto e cosi si è ben sottratto dagli attacchi e dal conto che gli presenterà la fronda del suo partito. Il nostro NO non è stato frutto di comparazione tra governo e maggioranze varie, ma esclusivamente nel merito della riforma Boschi. Sul possibile Governo di scopo, integrante la maggioranza più estesa del Parlamento, il movimento giovanile - conclude al nota -  auspica che il vero scopo sia di breve termine.  e che metta al centro questioni importanti come la legge elettorale in evidenza, e poi porti gli italiani al voto, in modo da garantire una rappresentatività che da anni viene sempre più messa in discussione".

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Referendum, tutti i numeri del voto in Calabria

Sono aperti dalle 7 di questa mattina i seggi elettorali per il referendum costituzionale. Gli elettori chiamati ad esprimere il loro voto, entro le 23 di oggi, sono complessivamente 46.714.950, di cui 22.465.280 uomini e 24.249.670 donne.

IL REFERENDUM IN CALABRIA

Per quanto riguarda la Calabria, le sezioni allestite sono 2.414, mentre gli aventi diritto sono 1.553.741. Diversamente dal resto del Paese, in Calabria gli elettori di sesso femminile rappresentano la  maggioranza (804.337 donne -  749.404 uomini).

Il maggior numero di elettori, 573.558, risiede nella provincia di Cosenza dove sono state allestite 873 sezioni; a seguire quella di Reggio Calabria i cui 430.335 elettori sono distribuiti in 699 sezioni. Numeri decisamente più contenuti in provincia di Catanzaro dove, i 288.862 aventi diritto potranno votare in 422 sezioni. Infine, nelle province di Crotone e Vibo Valentia le persone chiamate al voto sono rispettivamente 133.133 e 127.853. Per quanto riguarda il numero delle sezioni, nel vibonese ne sono state predisposte 211, contro le 209 allestite nel crotonese.

Ai calabresi residenti nella regione vanno aggiunti quelli che vivono all’estero ed hanno votato per corrispondenza. I dati indicano che i calabresi chiamati a votare fuori dai confini nazionali sono stati stati 325.729, dei quali 168.886 uomini e 156.843 donne.

Al di là dei numeri, giova ricordare che per essere valido il referendum di oggi non necessita del raggiungimento del quorum. In altri termini non è necessaria la partecipazione di un numero minimo di votanti per considerarne valido l’esito.

IL QUESITO

Questo il quesito sul quale gli italiani sono chiamati ad esprimersi:

"Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente 'Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione' approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?".

Referendum: i sostenitori del "Sì" mi hanno convinto a votare "No"

Il protagonismo, spinto fino al parossismo, con cui il Governo sta facendo campagna elettorale per il “Sì” al referendum, la dice lunga sulla piega che, già da un pezzo, ha preso il Paese.

Per sua natura la riforma costituzionale dovrebbe nascere dal più ampio accordo possibile tra le forze politiche presenti in Parlamento.

Già di per sé è, quindi, un’anomalia che sia l’esecutivo a vararla ma, ancor più, anomalo è che il Governo eserciti tutto il potere di cui dispone per cercare di convincere i cittadini a votarla. Se poi il Governo che la propone e la propaganda non è mai stato votato da nessuno, l’intera vicenda assume contorni ancor più singolari.

Paradossale è, inoltre, la narrativa renziana, fatta di lezioncine imparate a memoria, di banali trovate  pubblicitarie e di piccole furberie da imbonitore di mercato rionale.

Il tutto per cercare di far passare una riforma raffazzonata, demagogica, ingannevole che, qualora venisse approvata, terrebbe l’Italia legata, per altri cinquant’anni, ai suoi peggiori vizi.

 La vittoria del “Sì” consegnerebbe, infatti, la sovranità popolare nelle mani dei partiti, o meglio di un partito. Dietro allo schermo del taglio ai costi della politica e della diminuzione del numero dei parlamentari, si nasconde in realtà un progetto finalizzato a contrarre gli spazi riservati alla sovranità popolare. Una cosa sarebbe stata, infatti, superare il bicameralismo perfetto eliminando il Senato, un’altra far eleggere, come accadrebbe in caso di vittoria del “Sì”, i senatori ai consiglieri regionali, ovvero ai rappresentanti politici più colpiti da scandali, ruberie e inchieste giudiziarie.

Nel caso in cui si dovessero affermare le ragioni di Renzi & Co, i senatori sarebbero, quindi, nominati dai Consigli regionali, con il risultato di dare più potere a partiti politici, ormai, delegittimati dal loro stesso agire. Un potere ulteriormente accentuato dal premio di maggioranza, previsto dall’Italicum, che consegna il 55% del Parlamento al partito che rappresenta il 40% degli elettori, con il risultato che, in presenza di alte percentuali d’astensione, il potere legislativo e di conseguenza quello esecutivo diverrebbero appannaggio, quasi esclusivo, di un’esigua minoranza.

Come se non bastasse, per limitare ulteriormente la partecipazione dei cittadini, la riforma prevede un sostanzioso aumento (da 500 mila 800 mila) del numero di firme necessarie per poter proporre un referendum abrogativo.

Certo, si potrebbe obiettare che viene inserito in Costituzione, l'obbligo di far discutere le leggi di iniziativa popolare dalla Camera, ma si tratta  del classico specchietto per le allodole. In ragione del ferreo controllo esercitato dall'assemblea, qualunque iniziativa del genere potrà essere respinta senza alcuna fatica.

 Nella direzione che rafforza il partito di maggioranza relativa va, anche, il riordino delle competenze regionali, che sarebbe giusto e opportuno, se non fosse, finalizzato a limitare ulteriormente ogni ostacolo potenziale all'onnipotenza dell'esecutivo.

Chiamare tutto questo "deriva autoritaria" può essere eccessivo, tuttavia non v’è dubbio che la riforma, così com’è stata architettata, dà un incondizionato "mani libere " al governo, il che potrebbero non essere un male, se non fosse che l’attuale esecutivo, oltre a non essere stato eletto da nessuno, è composto, per la gran parte, da figuri che nella migliore delle ipotesi avrebbero sfigurato anche come consiglieri circoscrizionali.

Non si può, inoltre, cedere al ricatto della “ingovernabilità”, poiché, per citare Sartori, "una dose di instabilità è preferibile alla stabilità di un cattivo, o pessimo, governo".

Del resto, che le ragioni del “Sì” siano a dir poco fragili, lo testimonia il clima da paura che si sta cercando di diffondere nel Paese. A sentire i sostenitori della riforma, Renzi in primis, sembrerebbe che, a conclusione dello spoglio, in caso di vittoria del “No” dovrebbe abbattersi sull’Italia il furore dei cavalieri dell’Apocalisse.

Lo stereotipo del terrore, con cui si cerca di sbarrare la strada alla democrazia e ad orientare le scelte nella direzione voluta dai padroni del vapore, già di per sé dovrebbe mettere in guardia gli elettori. Tanto più che, nel caso dovesse passare il “No”, non ci sarà nessun salto nel buio, come dimostrano le recenti vicende in cui l’evocata catastrofe (vedi Brexit o Vittoria di Trump) non si è mai concretizzata. A ciò si aggiunga che, se l’Italia riesce a sopportare Renzi ed i suoi ancillari alleati (da Verdini ad Alfano), vuol dire che ha maturato anticorpi tali da poter resistere a qualunque genere di contraccolpo.

Infine, a convincere gli indecisi a votare “No” dovrebbero essere gli agit prop della grande finanza, schierati a ranghi compatti a favore del “Sì”. Se l’Unione europea, il Financial Times, Goldman Sachs e le altre banche d'affari, ovvero coloro i quali hanno trascinato l’Italia nella crisi che ha impoverito le famiglie e depredato i giovani del loro futuro, stanno con Renzi, ci sono ragioni a sufficienza per prendere posizione dall’altra parte della barricata e votare “No”.

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