Riforma della scuola: appello dei docenti calabresi ai consiglieri regionali

I docenti della Calabria hanno scritto un documento per rivolgersi direttamente ai consiglieri regionali. L'intento è quello di individuare "un'ampia convergenza sul voto di approvazione della mozione n° 39 depositata il 25 agosto 2015". La mozione, scrivono gli organizzatori dell'iniziativa, "mette in rilievo tutte le criticità della riforma (Legge n° 107 del 13 Luglio 2015) nei punti di incostituzionalità  che ledono le competenze regionali. La mozione ha il fine di adire la Corte Costituzionale, entro il 13 settembre, con un ricorso della Regione Calabria. Pertanto gli insegnanti calabresi chiedono anche il sostegno di tutti i sindacati, che invitano a partecipare alla seduta del Consiglio regionale del 31 agosto che inizia alle ore 14 a Palazzo Campanella a Reggio, insieme ai lavoratori della scuola". Le organizzazioni sindacali Usb, Orsa, Cgil Cosenza, Gilda, Flc Cgil, delegazione provinciale di Reggio hanno già annunciato la loro presenza al sit- in in programma lunedì prossimo a Reggio Calabria. 

"La riforma della scuola ha inserito odiosi elementi gerarchici"

"Recentemente il Consiglio regionale pugliese ha approvato all’unanimità una mozione affinché sia adita la Corte costituzionale sulla legge ‘La Buona Scuola’. Di concerto con il movimento dei docenti calabresi e sentiti tutti i sindacati, presenterò una mozione in Consiglio regionale della Calabria con la quale s’impegna il Presidente Oliverio e la Giunta regionale a sollevare la questione di legittimità sulla norma in questione". E’ quanto afferma Giovanni Nucera, capogruppo de La Sinistra che aggiunge: “La controriforma scolastica, ovvero la cosiddetta ‘Buona Scuola’ voluta dal Governo Renzi e approvata dal Parlamento il 2 luglio scorso, ha inserito odiosi elementi gerarchici all’interno della scuola, quella istituzione che fino ad oggi, nonostante le difficoltà economiche, si è sempre sviluppata, nel solco della Costituzione, come luogo di formazione di cittadini democratici. La figura del superpreside andrà a incidere notevolmente sull’autonomia dei singoli docenti che vivranno nel timore costante di dover assecondare il dirigente quando, invece, la Costituzione all’articolo 33 afferma la libertà d’insegnamento. Ricordiamo che una scuola libera è un diritto e non una concessione dello Stato". Aggiunge Giovanni Nucera: “Inoltre – sacrificato questo principio di democraticità per un falso mito di efficienza e produttività, che nei fatti non si traduce in un sostegno al merito degli studenti e dei docenti – il provvedimento non ha previsto un piano pluriennale per la stabilizzazione dei precari che nella maggior parte dei casi sono docenti che da anni svolgono un ruolo fondamentale nella nostra scuola. Peraltro, in questa riforma non si spende nemmeno una parola per il diritto allo studio e contro la dispersione scolastica. Una Buona Scuola – non quella renziana – può cambiare il destino di una intera nazione. Per questo motivo, esprimo solidarietà a tutto il mondo della scuola che si trova a subire, dopo anni di continuo depauperamento delle risorse, anche un intervento di riforma che invade perfino materie del Contratto nazionale di lavoro. Le legittime richieste di dialogo del mondo della scuola si sono scontrate con un Governo sordo che dimostra di essere decontestualizzato e talmente lontano dalla scuola reale da preferire un esercizio di forza muscolare, perdendo un’occasione storica di riformare la scuola insieme a chi la scuola la vive ogni giorno". 

 

Riforma Scuola, secondo Graziano (Cdl): "Renzi penalizza i precari calabresi"

“Altro che gongolare per la ‘Buona scuola’. Quanto sta accadendo, ai danni del Mezzogiorno italiano, farebbe sorridere Maria Antonietta d’Asburgo! C’è una logica sprezzante, nell’affrontare le questioni da parte del Governo Renzi, che, come al solito, penalizza questa parte del Paese. Le nuove assunzione nella scuola, infatti, saranno un calvario per i docenti precari calabresi!” Lo afferma il consigliere regionale della Cdl Giuseppe Graziano, che spiega: “La nuova scuola di Renzi è il caos tutt’altro che calmo che vede migliaia di calabresi, giovani laureati dalle belle speranze pronti a sbarcare nel Nord Italia per perseguire le loro aspirazioni lavorative: diventare insegnanti. È questo l’effetto dell’ennesimo provvedimento in Senato di Renzi. Pensavamo che con la riforma della ‘Buona scuola’ si potesse dare, dopo anni di immobilismo e precarietà, una svolta alla complessa struttura dell’istruzione pubblica. Invece, la messa in ruolo di 103mila docenti, rischia di generare una confusione totale. Il Governo, ancora una volta, ha scelto la via più contorta per raggiungere l’obiettivo, mortificando anni di sacrifici degli italiani”. Che il provvedimento ministeriale “per l’assunzione di nuovo personale nelle scuole” provocherà “effetti nefasti”, sia in ambito sociale che economico, non ha dubbi Graziano: “Renzi non ne combina una giusta. Ci sono precari calabresi da venti anni che dopo aver conseguito la laurea, frequentato e sostenuto l’esame di abilitazione della scuola di specializzazione e del tirocinio formativo attivo, aver partecipato a master qualificati e costosi ed essersi abilitati, ora magari dalla Calabria si troveranno a Milano o Belluno. Proprio come se nelle scuole della nostra regione non ci fosse bisogno di nuovi docenti. Ma è mai possibile che, di riffa o di raffa, si pensi solo ed esclusivamente a fare gli interessi dei territori del Nord? Torna prepotente una questione meridionale che ci dovrebbe vedere tutti uniti e fortemente mobilitati. La vicenda delle nuove 103mila assunzioni nelle scuola è stata volutamente resa contorta. Tanto che lo stesso Miur, per rendere comprensibile un processo che si sarebbe potuto chiudere con una prassi più semplice e veloce, come quella di dare priorità alla messa in ruolo scorrendo le graduatorie e rapportandole alle regioni di residenza, ha dovuto perfino emettere un foglio d’istruzione. Un’assurdità – incalza Graziano – che scontenta tutti. I supplenti meridionali con più punteggio, in realtà, dovranno accettare le cattedre più lontane da casa, oppure aspettare qualche altro anno per coronare il sogno della cattedra fissa, mentre i colleghi posizionati in fondo alle graduatorie - quelli che potrebbero anche non avere mai insegnato - troveranno posto vicino casa e da subito. Una situazione intollerabile, con l’aggravante che, così come successo per gli asili nido e per le Università, le scuole del Sud si sono viste riconoscere dal Ministero dell’istruzione un numero forza lavoro necessaria di gran lunga sottodimensionato rispetto alle reali esigenze”.

 

Riforma della scuola, come finirà

Che volete, ho buona memoria, e nelle aule ci sono stato dal 1975 al 2011, e anche oggi faccio il preside del Liceo Coreutico; e leggo i giornali… Quante me ne ricordo, di riforme, e tutte la stessa commedia, come da copione:

-          scena Prima: il governo di turno o un suo ministro annunziano una riforma epocale con sfracelli e rilancio della Scuola;

-          scena Seconda: i professori, di solito con la testa tra le nuvole e che giornali non leggono, restano del tutto indifferenti;

-          scena Terza: arriva in sala docenti l’unico sparuto sindacalista di un sindacato senza iscritti, e informa i professori che la riforma rovinerà la Scuola; i professori, sempre senza aver letto un rigo, piombano nel panico e nell’ira funesta;

-          scena Quarta: gli studenti, che sono i meno interessati in quanto prossimi ad andarsene, iniziano l’autogestione;

-          scena Quinta: i professori, e soprattutto le professoresse, si convincono che l’autogestione sia un’attività della Scuola, e partecipano;

-          scena Sesta: i professori gridano, pietoso sofisma, che vogliono la riforma, ma non questa riforma;

-          scena Settima: tutti piangono per la privatizzazione della Scuola;

-          scena Ottava: gli studenti scendono in piazza; qualche tv li riprende; poi, via al parco;

-          scena Nona: i giornalisti ripetono che i professori sono contro, senza riflettere che se centomila hanno protestato, novecentomila no;

-          scena Decima: il governo ritira la riforma e cambia il ministro reo di averla sbagliata: come fece D’Alema con Berlinguer, e al suo posto mise un sorridente vocabolario tale De Mauro, con l’ordine di non riformare manco le tendine.

 Solo che stavolta, secondo me, c’è un coup de théatre, una scena Undicesima e inattesa: Renzi se ne frega, porta la riforma in parlamento, la fa approvare dai poveri peones di deputati, e la riforma passa. Scena Dodicesima, i professori tornano al loro posto; gli studenti, intanto promossi, lasciano la Scuola.

  • Published in Diorama
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