Calabria: il pendolo che oscilla tra depressione retribuita e ottimismo incosciente

E lo sapevo, io; e manco c’è stato bisogno di attendere! Alla classifica della qualità della vita del Sole 24 ore, che colloca al penultimo posto d’Italia la provincia di Vibo Valentia e all’ultimo quella di Reggio Calabria, ecco che arriva a volo di falco una raffica di ottimismo: in Calabria si sta meglio che a Milano perché i Calabresi hanno i sentimenti… Beh, io tutti questi sentimenti, non è che li abbia mai visti. Cominciamo dall’evidenza che, nella storia della cultura calabrese, io posso elencarvi decine di filosofi e scienziati, e migliaia di giuristi: ma se mi chiedete di poeti, resto quasi senza notizie, tranne qualche verseggiatore dialettale dal cattivissimo umore. E anche quel non molto di letteratura che ogni tanto spunta, sa più di sociologia che di creatività. Il calabromedio, esclusi i presenti, ignora la sublime arte dell’inutile, unico genuino sentimento non animalesco dell’animo umano; e, di fronte a qualsiasi cosa, si domanda quanti soldi abbia guadagnato con la Commedia l’Alighieri. Altro che sentimenti! Ma anche ammesso, la classifica del Sole 24 ore non si fonda sulla letizia o meno del campare: studia la realtà su parametri oggettivi, che non sono solo economici, però tengono conto anche delle condizioni materiali degli abitanti e delle prospettive dei loro figli e nipoti; e delle strutture sociali, culturali e della vita comunitaria. Già, se non ci sono cinema, teatri, stadi e altri luoghi d’incontro, ben difficilmente nasce e si mantiene la socialità; se le associazioni sono, detto in generale, più sette segrete che occasioni di dialogo; se è altissima la litigiosità per ogni sciocchezza… come si può parlare di qualità della vita? E siccome siamo fatti di anima e di corpo, se le strade sono percorsi di guerra, e scarsi i mezzi pubblici, la vita è scomoda, dunque di povera qualità. Se poi una persona, magari comoda per fatti personali, trova di suo gradimento vivere nel paesello, per carità, nulla di male; ma è un atteggiamento individuale, che non può essere in alcun modo proposto come modello a chi invece vorrebbe vivere nel 2016 e non in un non meglio definito passato spacciato per bello e buono. Insomma, la Calabria è un pendolo che oscilla tra depressione retribuita e ottimismo incosciente. Però, se volete consolarvi, Reggio sta benissimo sotto l’aspetto dell’ordine pubblico, centro classifica. Non lo dite in giro, vi prego, se no, come campano tutti i professionisti dell’antimafia segue cena? Già, Reggio è una città tranquilla, con pochissimi casi di violenze e roba del genere, quanto meno rispetto alla metà delle province italiane. Ma come, e che dire di Africo, Platì, San Luca… che dire? Che i tre paesucci messi assieme non fanno tanti abitanti quanti un grosso condominio di Milano; perciò eventuali sporadici crimini ivi commessi nelle statistiche non entrano nemmeno. Nei romanzi sì, nei film, nei convegni, nelle sfilate, nelle fiaccolate antimafia: ma non nei numeri, stando al Sole 24 ore. Chi avrà ragione? 

 

 

  • Published in Diorama

Vibo ultima in Italia, l'appello di Lo Schiavo: "Lavoriamo insieme per il riscatto"

"Ancora una volta una classifica che stima la qualità della vita delle città italiane, pone Vibo Valentia agli ultimi posti, sancendo addirittura - sottolinea in una nota Antonio Lo Schiavo, consigliere comunale dell'opposizione di centrosinistra a Palazzo Razza - una retrocessione di quattro posizioni rispetto all’anno precedente". La graduatoria stilata da Legambiente e Sole 24Ore sull’ecosistema urbano dei capoluoghi italiani, mettendo Vibo al 101esimo posto, ci rivela in maniera impietosa - rimarca l'ex candidato sindaco - ciò che sapevamo già da tempo. In realtà, non servono classifiche: ad oggi nessun programma di raccolta differenziata è stato avviato (addirittura ultimi in quest’ambito); nessun servizio di trasporto pubblico che possa incidere sul traffico cittadino; un solo chilometro di piste ciclabili; pochi spazi pedonali e, poi, la solita scarsa attenzione per la qualità dell’aria, dell’acqua, per l'utilizzo di energie rinnovabili. Tuttavia di fronte a questi risultati è inutile piangersi addosso. La classe politica deve dimostrare di avere le qualità per cambiare passo, ed è ora di ragionare tutti insieme su come dare un futuro alla nostra città. L’Amministrazione comunale dimostri, da parte sua, di avere idee e di avere la capacità di mettere in atto politiche pubbliche virtuose in campo ambientale che migliorino concretamente la vita dei cittadini. Voglio, pertanto, lanciare una proposta offrendo fin da subito la massima disponibilità per concretizzarla: si presenti un pacchetto organico d’interventi tali da migliorare i più comuni standard della qualità della vita, dall’avvio della raccolta differenziata ad una maggiore presenza di spazi pedonali e ciclabili, dall'intervento sulla rete idrica comunale fino ai trasporti pubblici e i servizi di mobilità alternativi. Si faccia in modo che da qui ad un anno la questione ambientale diventi una priorità della politica cittadina. Si punti, in sintesi, a scalare almeno 10-15 posizioni in queste 'classifiche' e si dia un segno di responsabilità verso i vibonesi. La strada è tracciata, non servono miracoli, lo insegna l’esperienza di Cosenza (non a caso ai primi posti in Italia) dove si è fatta una precisa scelta di campo in questo senso". "Si lavori quindi a questo obiettivo - è l'auspicio finale di Antonio Lo Schiavo - in uno spirito di compartecipazione tra maggioranza e opposizione e si dia sostanza alla volontà di riscatto che tutti a parole avvertiamo".    

 

 

Calabria: ultima anche l'università

 Il Sole 24 ore colloca in fondo ai 61 statali d’Italia gli atenei calabresi. Si può discutere sui criteri, si può magari gridare al complotto contro il Sud, ma non è un bel segnale. Io non entro nei particolari, leggo e basta. Del resto, non m’intendo di medicina, ingegneria, architettura, agraria, perciò non posso esprimere un giudizio sulle facoltà calabresi a ciò deputate. Di lettere e storia però un pochino ne mastico, e un criterio ce l’ho pure io: mi chiedo, dunque, cosa abbia mai fatto l’UNICAL per la storia e la cultura letteraria in Calabria. Nel 1999, centenario della Santa Fede, UNICAL, silenzio tombale. Nel 2001 correva il centenario della morte del granconte Ruggero: UNICAL, silenzio tombale. Nello stesso anno, di s. Nilo da Rossano, un secolo prima: UNICAL, silenzio tombale. Nel 2006, insurrezione della Calabria contro i Francesi, UNICAL, silenzio tombale. Nel 2007, il botto, la morte di s. Francesco di Paola: UNICAL, silenzio tombale. Nel 2001 Pietro De Leo fece molto per s. Bruno, ma si avvertì assai di più l’artiglio del Vaticano che la zampetta della Calabria. Ognuna di queste occasioni doveva servire a creare cultura attraverso studi, tesi di laurea, dibattiti… Niente, silenzio tombale. Sì, abbiamo commemorato con densi convegni la battaglia di Maida e quella di Mileto: abbiamo, ma senza nemmeno l’ombra dell’UNICAL. E questo per la storia. Per la letteratura, niente di nulla. Parlo di ciò che so. Ma non è che su qualche altro argomento si sia mai sentita alcuna voce delle Università: statistiche serie, proposte produttive ed economiche… niente. Il problema non è, dunque, se il tale o talaltro professore svolgono o meno il corso: Cicerone, che se ne intendeva, scrive che tutti sono abbastanza eloquenti in ciò che sanno! Il problema è cosa insegnare, e se ciò che s’insegna è utile non al fine di conseguire una laurea, ma di fornire agli studenti formazione adeguata al 2015. Infine, tutti pesci in barile su qualsiasi argomento che non sia strettamente professionale. Mai una critica, una provocazione, un suggerimento… Nel Medioevo prima di iniziare una guerra aspettavano di apprendere cosa ne pensassero Bologna o la Sorbona. Noi in Calabria non sentiamo nominare le nostre università manco per gli auguri di Natale.

  • Published in Diorama
Subscribe to this RSS feed