Avvicendamento al vertice della Squadra Mobile della Questura di Vibo Valentia

Dopo un anno e mezzo di permanenza in questa sede, il Dirigente della Squadra Mobile di Vibo Valentia, Vice Questore Agg. dr. Tito Cicero, è stato trasferito alla Questura di Catania, ove prenderà servizio domani 3 maggio.

Il periodo di permanenza del dr. Cicero alla guida della Mobile è stato contraddistinto dal compimento di significative operazioni di polizia giudiziaria che hanno dato l’esatta misura delle sue non comuni doti professionali.

Sotto la sua guida, la Squadra Mobile ha duramente colpito il clan Mancuso di Limbadi e le consorterie satelliti degli Accorinti, La Rosa e Il Grande, attive nei comuni della “Costa degli dei”, con l’operazione nota come “Costa Pulita” che nell’aprile 2016 ha portato dietro le sbarre ventidue persone per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e altri gravi delitti. Anche il clan dei “Piscopisani”, contrapposto ai Mancuso, è stato colpito nel gennaio di quest’anno, con l’arresto per estorsione e lesioni aggravate dalle modalità mafiose dei sodali Rosario Mantino e Rosario Tavella.

L’impegno sul territorio del dr. Cicero ha condotto all’arresto di latitanti di primissimo piano tra i quali, nel gennaio del 2016, l’affiliato ai Santaiti di Seminara (RC) Antonio Cilona, condannato all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidio, sorpreso in un resort di Parghelia. Non meno importante l’arresto di Francesco Giuseppe Bonavita, resosi latitante per sfuggire ad ordinanza cautelare per associazione mafiosa e altro scaturita dall’operazione Costa Pulita e rintracciato a Praga il 14 luglio scorso dagli uomini del dr. Cicero. Il 21 dello stesso mese a Monterosso è stato scovato e arrestato in un casolare di Monterosso Giuseppe Alvaro, anch’egli gravemente indiziato del delitto associativo mafioso, esponente di primissimo piano dell’omonima cosca di Sinopoli (RC). 

Innumerevoli le operazioni antidroga, che hanno portato al sequestro di grandi quantitativi di stupefacente e alla distruzione di estese piantagioni di canapa indiana in tutta la provincia.

Quattordici gli scafisti sottoposti a fermo di indiziato di delitto in occasione di 8 diversi sbarchi di profughi avvenuti presso il porto di Vibo Marina tra il mese di luglio 2016 ed il febbraio di quest’anno.

Importante anche l’operazione “Settimo Cerchio”, scattata sulla scorta di un’indagine per omicidio, che nello scorso novembre ha portato a sgominare un giro di prostituzione minorile in cui è finito anche un parroco.

Il dr. Cicero sarà sostituito dal Commissario Capo dr. Giorgio Grasso, trentatrè anni, laureato in Giurisprudenza, Dirigente della Squadra Mobile della Questura di Bergamo, ove in passato ha ricoperto anche l’incarico di Dirigente delle Volanti e della Digos. Noto il suo impegno nelle indagini sull’omicidio della giovanissima Yara Gambirasio, culminate nell’arresto di Massimo Bossetti.

Gli omicidi al Nord ed i luoghi comuni sulla Calabria

Negli ultimi tempi sono accaduti alcuni fatti orrendi, quali l’uccisione della ragazzina Yara e quella della professoressa ingannata e strangolata… eccetera; e tutti accaduti nell’Italia Settentrionale e Centrale. Di tali omicidi viene dato ogni giorno amplissimo resoconto su tutti i giornali e tv eccetera, con dovizia di particolari pruriginosi.  Di Bossetti, presunto assassino e presunto figlio illegittimo, sappiamo ogni benché minimo particolare di cronaca rosa e nera. Della professoressa, anche di più. Se poi ci diamo alla fredda legge dei numeri, siamo indotti a concludere che il numero di delitti di sangue è nettamente superiore a Nord e Centro che a Sud; ma questo potrebbe spiegarsi con il divario di popolazione. Comunque, ne succedono tanti; e, ripeto, ce li raccontano in tutte le salse. Tutt’altro che silenzio stampa, dunque: però, prestate attenzione, ogni singolo caso viene affrontato come singolo caso. A nessuno viene a mente di sproloquiare che a Brembate o nella Bermagasca tutte le ragazzine vengano uccise da tutti i muratori abbronzati, e che la colpa sia del dominio veneziano o, prima, di quello visconteo. In Calabria è successo un caso torbido nell’ambiente degli spacciatori indigeni e zingari, a quanto pare: un pregiudicato e la sua convivente sono stati uccisi per immaginabili sporchi motivi; e con loro un bambino, che, con inopportuno nome de “il piccolo Cocò” è divenuto così noto da occupare larghissimi spazi sui mezzi di comunicazione, e divenire simbolo della mafia. E così larghi che si recò sul luogo il Santo Padre in persona. La mafia non c’entrava, a quanto pare, ma è un dettaglio. L’importante è che il mondo sa che forse uno di Brembate ha ucciso una ragazzina; ma sa che in Calabria vengono uccisi dalla mafia tutti i bambini, e perciò occorre la presenza del papa. Quello di Yara è un delitto isolato, quello di Cocò è un fatto universale. Perché accade questa distorsione? Le cause sono due:

  • -          la potenza dei luoghi comuni e delle frasi fatte nella penna e nella voce di giornalisti improvvisati e poveri di lingua italiana;
  • -          l’antimafia segue cena, cioè il fenomeno per cui ormai migliaia di calabresi campano, fanno soldi, acquisiscono fama e compiono carriere politiche, ostentando la lotta antimafia; a costoro serve la mafia, guai se non ci fosse la mafia! Infatti, appena si è saputo che sono stati gli zingari, Cocò è sparito anche dalle cronache locali.

 Non sarebbe ora di finirla, in Calabria, con tutti questi sciacalli, alcuni pochi in buona, i più in mala fede?

  • Published in Diorama
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