Filogaso, in allestimento i paramenti liturgici per la Madonna del Carmelo

L’anno scorso, nel mese di luglio, poco prima della festa della Madonna Del Carmelo, la ricorrenza religiosa più importante di Filogaso cui partecipano ogni anno tutti i cittadini, molti dei quali emigrati in ogni parte di Italia e del mondo che ritornano per l’occasione al proprio paese, fu allestita una mostra per esporre il nuovo vestito della Madonna.

La mostra riscosse un enorme interesse e favore del pubblico che infatti commentava in modo entusiasta la fattura e la bellezza dell’abito confezionato dai fratelli Teti: Vincenzo e don Giovanni, parroco in una parrocchia della provincia di Vibo Valentia. I due fratelli sono dotati di un talento naturale e di una versatilità per il cucito ed il ricamo ineguagliabili. Non hanno frequentato scuole di cucito e taglio e non hanno avuto come maestri, pur eguagliandoli se non addirittura superandoli, sarti di grido cui ispirarsi. La loro unica maestra ed ispiratrice è stata la mamma che nel tempo libero amava molto ricamare. Molte sono state le opere sacre da loro eseguite per varie chiese della provincia.

Il racconto dell’apparizione della Madonna in sogno che chiede a Vincenzo la confezione di un abito e la presenza, al Santuario di Pompei, di una donna che si avvicina ai due fratelli chiedendo di poterlo vedere, le stoffe utilizzate, le fasi e le tecniche di realizzazione e il tempo impiegato a realizzarlo sono dettagliatamente raccontati da don Giovanni in un opuscolo dal titolo: “Un abito chiesto dal Cielo”

I fratelli Teti, dopo aver offerto il vestito alla comunità di Filogaso ed alla Confraternita della Madonna Del Carmelo, in uno slancio di ulteriore generosità e mossi solo da una grande fede nella Madonna, si accingono a regalare gli arredi liturgici. Un lavoro lungo, faticoso e costoso, iniziato a luglio dell’anno scorso che comprende i seguenti paramenti: conopeo, tende e mantovane, involucro azzurro stellato della mensa, tovaglia trasversale con tutto l'inno carmelitano in latino, il flos carmeli, copri altare, due servizi mensa, banchetto reggi statua, tenda della nicchia, camice celebrante principale e tre casule per la concelebrazione, di cui la principale porta nello stolone lo stemma del Comune ed il disegno del prospetto principale della chiesa della Madonna Del Carmelo. I paramenti, a conferma della capacità creativa ed artistica dei fratelli, sono finemente ricamati, rappresentano un unicum ed arricchiscono le opere di arte sacra esistenti nelle varie chiese. Sicuramente questo nuovo omaggio sarà accettato dai cittadini di Filogaso con lo stesso entusiasmo con cui fu accolta l’anno scorso l’offerta del vestito e, finalmente, la  Madonna, nell’approssimarsi della festa, potrà indossare l’abito da Lei voluto, e la chiesa durante le funzioni religiose in suo onore sarà addobbata, come si augurano di cuore i fratelli Teti che si affidano alla sua volontà, con i paramenti da lei, stando a quanto sognato da Vincenzo, così tanto desiderati.

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Incidente sul lavoro a Filogaso, due operai muoiono folgorati

Tragedia sul lavoro a Filogaso, nel Vibonese, dove questa mattina hanno perso la vita due operai.

Le vittime, V.I., 42 anni di Lamezia Terme e G.D.P., 43 anni, romeno residente a San Petro a Maida, sono morte folgorate mentre cercavano di sistemare le grondaie del municipio.

Secondo le prime indiscrezioni, i malcapitati, durante l'attività, avrebbero inavvertitamente toccato dei cavi elettrici. 

Sul posto, oltre ai soccorritori il cui intervento si è rivelato vano, sono accorsi i carabinieri della Stazione di Maierato che hanno avviato le indagini del caso.

 

Filogaso, una nuova mostra per esporre il vestito della Madonna del Carmelo

Una nuova mostra, dopo il successo della prima svoltasi a luglio scorso, sarà allestita in corso Garibaldi, a Filogaso, dal 13 al 18 agosto, per esporre il nuovo vestito della Madonna del Monte Carmelo.

Un vestito realizzato in tessuto mille righe di colore avorio, fregiato con preziosissimi ricami eseguiti con fili d'oro e d'argento.

Il mantello, di colore celeste chiaro, che riporta una frase della supplica rivolta dai fedeli alla Madonna per far cessare il terremoto del 7 febbraio del 1783, è stato confezionato dai fratelli don Giovanni e Vincenzo Teti.

Il 16 luglio scorso, in occasione della festa della Madonna del Carmelo, in diretta streaming con gli emigrati in Canada e Argentina, si è svolta la cerimonia della vestizione con il nuovo vestito.

La prima vestizione risale probabilmente al momento della costituzione della congrega della Madonna del Monte Carmelo avvenuta nel 1621.

I vestiti realizzati nele corso degli anni, secondo una ricerca di padre Carmelo Silvaggio e da come si evince da alcune foto, sono stati numerosi.

Il nuovo vestito sarà benedetto dal vescovo Luigi Renzo. 

"Filogaso nel secolo breve", il nuovo libro di Nicola Iozzo

“Filogaso nel secolo breve” (Frammenti di storia locale); questo il titolo del volume (Libritalia edizioni) con il quale Nicola Iozzo, ricostruisce alcuni episodi significativi e culturalmente interessanti accaduti  nel secolo scorso nel borgo del Vibonese.

Il libro racconta le due Guerre mondiali, attraverso testimonianze, foto e lettere, dalla grafia e sintassi incerte, dei soldati “filogasesi” che hanno combattuto sui vari fronti.

L’autore si sofferma, poi, sulla costruzione del monumento ai caduti  in piazza del Popolo - nel luogo in cui erano state edificate le baracche per i senzatetto del terremoto del 1905 - e sulla rivolta nel 1935 sfociata nell’incendio del municipio e nell’arresto di 21 rivoltosi, tra i quali due donne.

Immancabile il riferimento ai ritrovamenti  avvenuti,  rispettivamente, nel 1940 e nel 1950, di antiche monete  romane risalenti ad un periodo storico datato dal III secolo al I secolo a.C - oggi  esposte nella sezione numismatica del Museo di Reggio Calabria - e di un “Dolium”.

Interessanti, inoltre, i fatti raccontati, ma soprattutto i ritratti dei protagonisti dei molti episodi narrati, alcuni dei quali ancora in vita.

Una parte del volume è infine dedicata alle famiglie nobiliari (Murmura, Romei, Teti, Cordopatri) e quelle più in vista ed emergenti (Condello) che si sono contese la supremazia politica, economica e culturale del paese, ricoprendo le massime cariche istituzionali e politiche

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Filogaso, un nuovo vestito per la statua della Madonna del Carmelo

Nelle comunità cristiane è molto diffuso il culto e la devozione per i santi, in particolar modo per quei santi a cui vengono attribuiti miracoli di guarigioni da pestilenze e da terremoti.

A Filogaso i fedeli  venerano la Madonna del Carmelo. Un culto che  risale al 1621, allorquando, come si evince dal breve papale conservato nella chiesa a Lei dedicata, fu istituita la Confraternita Della Madonna Del Carmelo che conta da sempre molti iscritti. Alla Madonna venne attribuito il miracolo della fine del terremoto del 7 febbraio1783 che colpì il paese radendolo al suolo e causando numerosi morti e feriti.

Un canto dialettale di supplica, tramandato fino ai giorni nostri , così recita : “ a li setti di fevraru nu flagellu troppu amarue Maria ndd’ha liberatu cu lu sue mantu sacru”

I priori ed i fratelli ogni anno organizzano per il 16 di Luglio, giorno dell’apparizione della Madonna nel 1251 a San Simone Stock, Priore Generale Dell’ordine, al quale donò lo scapolare come segno di salute e salvezza per le anime che non soffriranno il fuoco eterno, come ben raffigurate  nel dipinto della Madonna Del Carmine fra S.Giovanni e S.Elia e le anime purganti attribuito al pittore Lorenzo Rubino esposto sempre nella chiesa della Madonna, festeggiamenti civili e religiosi.

E’ una festa molto sentita e partecipata, la principale del paese, che richiama ogni anno molti emigranti da ogni parte dell’Italia e dall’Estero. Le comunità più numerose di emigrati a Toronto , a Buenos Aires ,a Beinasco, hanno voluto istituire lì, mantenendo, cultura, riti, tradizioni  del paese natio, la festa.

La statua della Madonna, diversamente da quelle di San Vito e Santa Rosalia, scolpite la prima da Giacomo Colombo per un compenso di 60 ducati  e festeggiata il 26 dicembre del 1719 e la seconda per 52 ducati nel 1734 da Carmine Lantatrice, entrambi scultori napoletani, non è datata ed è opera di uno scultore sconosciuto . La peculiarità della statua ,come tutte quelle da vestizione, è quella di non avere  un corpo bel delineato con tutte le sue articolazioni. Essa, infatti originariamente aveva il busto, le braccia e le gambe prive dei piedi. Uno dei tanti restauri, cui la statua fu sottoposta, avvenuto negli anni settanta ad opera di alcuni artisti “serresi” fu molto contestato dai fedeli non solo  per l’aggiunta di piedi  anatomicamente poco aggraziati ma anche per l’uso di colori cromatici che  non facevano risaltare l’espressività del viso. Il restauro successivo, avvenuto di recente, ad opera di un artista di Filadelfia, Maria Rosa Ruggiero, riportò la statua al suo splendore originale.

La vestizione, pratica risalente alla seconda metà del '500 in seguito al Concilio di Trento ( 1545-1563)  che ne approvò e favorì la diffusione, avviene normalmente con abiti di tessuto di lino grezzo e colori  simili a quello indossati dai frati carmelitani. La tradizione di Filogaso, tramandata fino a noi, vuole che alla vestizione della Madonna  partecipino  tutti i fedeli, diversamente da quanto avviene in altri paesi, e che sia fatta con abiti di colore bianco o avorio e con  il mantello di colore celeste. La proposta , nonostante  nei locali della Confraternita sia conservato un vestito  di  colore verde-acqua,  di vestire  la Madonna ogni mercoledì del Carmine non con l’abito tradizionale ma con l’abito carmelitano non trovò l’approvazione della maggioranza dei fedeli.

L’abito della Madonna anni addietro in occasione della processione pasquale si era strappato in più parti e occorreva pertanto comprarne uno nuovo.

Vincenzo Teti, molto devoto alla Madonna, al pari del padre e di tutta la famiglia, più volte ed in più occasioni ha sognato la Madonna con il vestito lacerato ed ha interpretato  questo sogno come il desiderio della Santa Vergine ad avere un nuovo vestito. Pertanto, in seguito al sogno, ha espresso il desiderio , dopo l’ assenso dell’arciprete e della  Confraternita, di offrire in dono l’abito che avrebbe confezionato insieme a suo fratello Giovanni, parroco in una parrocchia del vibonese .I due fratelli, infatti, pur non essendo sarti di professione e non avendo frequentato scuole di cucito e taglio, hanno un talento naturale, una capacità ed una bravura che uguaglia quella di firme prestigiose della moda italiana, ed una passione per il ricamo ereditato dalla madre. Molti e molto apprezzati  sono i lavori d’arte sacra da loro eseguiti

L’abito di tessuto mille righe  di colore avorio è fregiato con  preziosissimi  ricami eseguiti  con fili di oro ed argento  che  richiamano  quelli  d’arte sacra riprodotti in un abito antico della Madonna. Sul mantello, di colore celeste chiaro,  sono riportate l’inizio della frase  della supplica prima ricordata  Per completare il vestito i fratelli hanno impiegato tre lunghi anni lavorando costantemente e metodicamente ogni giorno portandosi addirittura il lavoro ovunque andassero anche quando si sono recati a Pompei in visita alla Madonna.

L’abito, che sta riscuotendo un’enorme ammirazione da parte dei cittadini di Filogaso e di visitatori dei paesi vicini, è esposto in una casa in prossimità dela chiesa Matrice fino al 7 giugno. .

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Discarica a S.Onofrio, le ragioni del "No" dei cittadini di Filogaso e Stefanaconi

La scelta del sito per la discarica  rischia di essere degradata ad una  querelle tra sindaci  o peggio ancora tra cittadini di comuni vicini  con i quali intercorrono da sempre rapporti di buon vicinato e di stima reciproca pur nella diversità culturale e storica di ciascuno. La scelta ,invece, impone una riflessione sugli aspetti tecnici –scientifici-ambientali  e politici che essa comporta. Nei verbali delle varie riunioni dell’ATO ,tranne in qualche intervento , mancano i criteri generali  prima di quelli tecnici che il sito dovrebbe avere per un insediamento così importante. Tali criteri dovrebbero rientrare in un piano più generale dello sviluppo della provincia, delle sue potenzialità,  delle sue risorse naturali, dei suoi insediamenti produttivi presenti e futuri e dei dati economici. In questo senso non è indifferente scegliere un sito piuttosto che un altro. Nella discussione tra i sindaci sembrano invece prevalere altre considerazioni  basate su preconcetti, sul temuto inquinamento del proprio territorio, su un paventato utilizzo improprio e sconsiderato dell’impianto, sugli appetiti che potrebbe scatenare e  su una sostanziale contrarietà dei propri amministrati.  Non è un caso che sono pochi i sindaci che hanno manifestato la disponibilità di accogliere l’impianto nel proprio paese.  Una scelta così importante avrebbe dovuto coinvolgere invece tutte le categorie sociali della Provincia, i sindacati, le associazioni ambientaliste, i partiti politici nessuno di loro invece ha battuto ciglio. I partiti si sono defilati per l'assenza di un orientamento comune e condiviso  tacendo o esprimendo posizioni diverse da quelle assunte a livello regionale e nazionale. I sindacati hanno completamente ignorato il problema e non si comprende il motivo del loro atteggiamento, la stessa cosa hanno fatto le associazioni ambientaliste .Un problema cosi importante non può essere disgiunto dalla situazione generale della Provincia, dai costi benefici in termini occupazionali , ambientali, turistici,  dal fatto  che la realizzazione della discarica potrebbe rappresentare un'occasione di crescita o addirittura decrescita del territorio. Probabilmente la Regione avrebbe dovuto ,nel determinare gli ambiti territoriali , escludere la nostra provincia proprio in virtù della sua vocazione turistica ed ambientale. Il flusso turistico nella provincia è maggiore che nelle altre province ed incide considerevolmente sul pil della Regione. In questo senso la proposta di alcuni sindaci di consorziarsi con Lamezia in deroga alla legge regionale non è peregrina

I  criteri tecnico-scientifici ed ambientali per la scelta del sito  dai quali non è possibile derogare sono quelli previsti  dalle numerose  leggi e sentenze nazionali e  regionali esistenti  sono così sintetizzabili:

1)             Distanze minime dai centri abitati,

2)             Classificazione zona sismica della zona,

3)             Distanza da embrioni acquiferi,

4)             Parchi o aree protette.

Il sindaco ed i cittadini di Filogaso, il comitato per il no sorto a S. Onofrio che ha raccolto più di mille firme contro la discarica, i cittadini ed il sindaco di Stefanaconi ,nonché presidente della Provincia , nelle numerose riunioni tenutesi hanno sempre sostenuto che il sito scelto in località “ Vajoti” ricadente nel territorio di S.Onofrio, non  rispecchia i requisiti di legge per i seguenti ordini di motivi:

1) L’ubicazione della discarica dista a circa un chilometro e mezzo dal centro abitato di Filogaso,

2) Manca un’indagine geotecnica e geologica che assicuri la stabilità del sito al carico cui verrà sottoposto, ( la zona è altamente sismica tanto che l’epicentro del terremoto del 1659 fu individuato proprio a Filogaso),

3) Il sito ricade in una zona idrogeologica significativa ( a poca distanza scorre il fiume Mesima) ,

4) Il sito è soggetto a forti venti che soffiano in direzione del paese,

5) È a ridosso di un bosco la cui vegetazione ed i prodotti del sottobosco famoso per i funghi verrebbero fortemente compromessi,

6) Il sistema viario non è idoneo a sostenere l’immancabile aumento del traffico,

7) si compromette lo sviluppo di una zona che presenta diversi insediamenti produttivi.

Il sopralluogo dei tecnici regionali pare abbia confermato l’esistenza di alcune criticità del sito. Il sindaco di S.Onofrio e l’Assemblea dell’Ato, con in testa il sindaco di Vibo,  nonostante le ragionevoli osservazioni ,  non vogliono recedere  da una scelta così  invisa ai cittadini ed hanno scelto quel sito  subordinandolo  agli esiti dello  studio di fattibilità   il cui finanziamento dovrebbe essere a carico della Regione.

L’ordinanza della governatrice Santelli ha fatto  precipitare una situazione  alquanto controversa  acuendo il malcontento di tutti i cittadini pronti ad intraprendere qualsiasi iniziativa per la salvaguardia del loro ambiente ,del loro territorio, della loro salute

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L'antica tradizione del funerale condizionata dal coronavirus

Da quanto si legge sulla carta stampata e sui social uno dei divieti,  tra quelli imposti dal Governo e finalizzati al distanziamento tra le persone per impedire la propagazione dell’epidemia da covid, più disattesi  è  lo svolgimento dei funerali con la presenza di persone. In molti paesi della Calabria e non solo, il rito funebre per dare l’ultimo saluto al defunto ed accompagnare il feretro al cimitero è pregno di simboli, storia e costumi. Una delle usanze più diffuse era la presenza delle donne vestite a lutto con i capelli sciolti che piangevano il defunto e ne ricordavano le sue virtù in vita raccomandandolo con le loro parole e nenie ai parenti defunti per una buona accoglienza nell’aldilà (nell’antica Roma si chiamavano prefiche). “ Palumba mia”, “ cori mio” replicavano la moglie ed i parenti più stretti in un pianto disperato e sofferto seguito da intense preghiere.

Un’altra usanza diffusa in passato era la presenza di donne accanto al feretro con il braciere.

Quello che colpisce nella foto allegata che ritrae lo svolgimento di un funerale a Filogaso nei primi anni degli anni sessanta è appunto la presenza di queste quattro ragazze, ora donna mature, con il braciere portato in testa disposte ai quattro lati del feretro. Non è chiaro il motivo della presenza del braciere, né sono riusciti a dare una spiegazione plausibile, se non quella di una vecchia tradizione, le persone anziane del paese. Probabilmente  il rito si rifà alla tradizione religiosa cristiana ed in particolare alla liturgia evangelica del mercoledì delle ceneri e alla benedizione del fuoco il venerdì e sabato santo. Più in generale  ricorda la frase latina “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris “ (ricordati, uomo, che polveri sei e in polvere ritornerai), la distruzione e la rinascita,  la potenza di Dio, la purificazione dell’uomo.

In quella foto c’è anche la partecipazione di un’intera popolazione  di ogni ceto ed estrazione sociale dal commerciante, al contadino, agli artigiani, ai professionisti che esprimono con la loro presenza vicinanza e partecipazione al dolore dei parenti del defunto. Si notano uomini vestiti con abiti semplici e di poco valore tipici  di una società prevalentemente contadina, colpisce ,invece, l’abbigliamento di  alcune donne, le più anziane. Indossano il classico vestito tradizionale tipico di allora, diverso in ogni costituito da una gonna lunga nera c, il classico “dubretto”, ed in testa una tovaglia nera rivoltata. Alcuni sono stati protagonisti della vita politica del paese ,altri si sono distinti per laboriosità ed impegno. Tutti indistintamente , anche le donne, hanno partecipato all’emancipazione ed alla crescita sociale ed economica del paese. Molti di quei costumi ed usanze sono caduti in disuso con il passare del tempo. Un’altra foto di un altro funerale svolto poco tempo dopo certifica il cambiamento. Non più i portantini, non più i bracieri e le prefiche, ma il carro funebre ed i fiori.

La partecipazione corale al lutto è rimasta ed il divieto in questo periodo pesa molto in ciascuno di noi.

Il pensiero, tuttavia, che l’assenza momentanea, possa salvare vite umane ed evitare nuovi lutti  deve prevalere su  ciascuno e su ogni cosa.

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L'antica tradizione del funerale condizionata dal coronavirus

Da quanto si legge sulla carta stampata e sui social uno dei divieti,  tra quelli imposti dal Governo e finalizzati al distanziamento tra le persone per impedire la propagazione dell’epidemia da covid, più disattesi  è  lo svolgimento dei funerali con la presenza di persone. In molti paesi della Calabria e non solo, il rito funebre per dare l’ultimo saluto al defunto ed accompagnare il feretro al cimitero è pregno di simboli, storia e costumi. Una delle usanze più diffuse era la presenza delle donne vestite a lutto con i capelli sciolti che piangevano il defunto e ne ricordavano le sue virtù in vita raccomandandolo con le loro parole e nenie ai parenti defunti per una buona accoglienza nell’aldilà (nell’antica Roma si chiamavano prefiche). “ Palumba mia”, “ cori mio” replicavano la moglie ed i parenti più stretti in un pianto disperato e sofferto seguito da intense preghiere.

Un’altra usanza diffusa in passato era la presenza di donne accanto al feretro con il braciere.

Quello che colpisce nella foto allegata che ritrae lo svolgimento di un funerale a Filogaso nei primi anni degli anni sessanta è appunto la presenza di queste quattro ragazze, ora donna mature, con il braciere portato in testa disposte ai quattro lati del feretro. Non è chiaro il motivo della presenza del braciere, né sono riusciti a dare una spiegazione plausibile, se non quella di una vecchia tradizione, le persone anziane del paese. Probabilmente  il rito si rifà alla tradizione religiosa cristiana ed in particolare alla liturgia evangelica del mercoledì delle ceneri e alla benedizione del fuoco il venerdì e sabato santo. Più in generale  ricorda la frase latina “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris “ (ricordati, uomo, che polveri sei e in polvere ritornerai), la distruzione e la rinascita,  la potenza di Dio, la purificazione dell’uomo.

In quella foto c’è anche la partecipazione di un’intera popolazione  di ogni ceto ed estrazione sociale dal commerciante, al contadino, agli artigiani, ai professionisti che esprimono con la loro presenza vicinanza e partecipazione al dolore dei parenti del defunto. Si notano uomini vestiti con abiti semplici e di poco valore tipici  di una società prevalentemente contadina, colpisce ,invece, l’abbigliamento di  alcune donne, le più anziane. Indossano il classico vestito tradizionale tipico di allora, diverso in ogni costituito da una gonna lunga nera c, il classico “dubretto”, ed in testa una tovaglia nera rivoltata. Alcuni sono stati protagonisti della vita politica del paese ,altri si sono distinti per laboriosità ed impegno. Tutti indistintamente , anche le donne, hanno partecipato all’emancipazione ed alla crescita sociale ed economica del paese. Molti di quei costumi ed usanze sono caduti in disuso con il passare del tempo. Un’altra foto di un altro funerale svolto poco tempo dopo certifica il cambiamento. Non più i portantini, non più i bracieri e le prefiche, ma il carro funebre ed i fiori.

La partecipazione corale al lutto è rimasta ed il divieto in questo periodo pesa molto in ciascuno di noi.

Il pensiero, tuttavia, che l’assenza momentanea, possa salvare vite umane ed evitare nuovi lutti  deve prevalere su  ciascuno e su ogni cosa.

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