Logo
Print this page

Gianpiero Nisticò non omnis mortuus est

Non è la consueta retorica dire che non è morto in ogni parte di sé; è che spesso mi accade di incontrare di persona o sullo schermo del computer qualcuno che ricorda con interesse Gianpiero Nisticò. Molti lo hanno conosciuto in qualche sua attività, e certo non passava inosservato; altri ne hanno sentito parlare o hanno letto qualcosa di lui o su di lui. Piero, come lo chiamavano i più intimi, era di raffinata e poliedrica cultura letteraria, e di vaste curiosità in tanti campi. Come insegnante, fu di quelli che obbligano i ragazzi a stare con loro o contro di loro, e non permettono che restino indifferenti: e questo è il metodo, se così vogliamo chiamarlo, che suscita le inquietudini e fa crescere moralmente e intellettualmente. Chi è stato tra i banchi di fronte alla sua cattedra, in specie nel Liceo di Chiaravalle, lo ricorda così, o sia stato o non sia stato d’accordo con lui. Sapeva però stemperare il rigore della cultura con il gioco intelligente e la battuta di acuta ironia; e così insegnava la lingua italiana come la si deve parlare e non solo scolasticamente scrivere. A Chiaravalle diede vita, con Pino Lombardi e Francesco Squillace, ai Premi Nazionali, che, per serietà di critica e partecipazione assursero a genuino prestigio. Tra i premiati, grandi nomi di quegli anni: Gassman, Quilici, Berto. E mi sento obbligato di onorare l’onestà e il coraggio intellettuale della Giuria, quando assegnò, nel 1976, il primo premio per l’inedito a me, sfidando ogni malevolenza e insinuazione. Ero giovanissimo, allora. Come preside di scuole di più luoghi, e in particolare a Serra San Bruno e Vibo Valentia, si segnalò per creatività e iniziative, in un tempo in cui non era ancora così ovvio che la scuola facesse qualcosa di autonomo. Di particolare valore le conferenze del Morelli, con la collaborazione del preside Namia. Non mancò una sua produzione letteraria originale: versi; studi sul Machiavelli; l’edizione critica dei versi di Mastro Bruno; alcuni lavori teatrali; articoli e saggi. Non possiamo esimerci dal lamentare che avrebbe potuto fare di più piuttosto che disperdere energie. Ci riferiamo alla politica, che egli nobilmente riteneva si facesse con il pensiero e la cultura; e si trovò in mezzo a “male gatte” che usavano altri artigli che i versi e la letteratura e le lezioni dei filosofi. Innamorato, diciamo troppo innamorato di Cardinale, ne fu sindaco, inevitabilmente impegnandosi in paesane questioni. Con tutto questo variegato e combattuto passare fra le attrattive della ragion pura e quelle della ragion pratica, Gianpiero conservò la sua umanità forte e tenera, una sorta di fanciullino o non sarebbe stato poeta, con grande bisogno di amicizia e di affetto in famiglia e dovunque andasse; e questa eredità di affetti dura dopo tanto tempo. Era nato il 24 novembre 1940 a Trieste, la città della madre; e subito portato a Cardinale, dove volle vivere, e dove si spense, immaturamente, il 30 gennaio 2003. Aveva sempre detto di sé che era “trottu e hiumara”, una trota del fiume Ancinale.


Associazione Culturale "Tempi Moderni" - via Alfonso Scrivo, 30 - 89822 Serra San Bruno

ilredattore.it - quotidiano online - Reg. n. 1/15 Tribunale Vibo Valentia

Copyright © 2015 il Redattore.it. Tutti i diritti riservati.