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Dasà, fiaccolata fra dolore e incredulità: “Basta morti sul lavoro”

Quelle fiammelle accese sembravano dare sostanza ad una speranza che adesso è flebile, oppressa dal dolore più cupo. Una speranza che, però, si alimenta con la partecipazione attiva di una comunità intera che non vuole più lacrime versate sul sudore di chi esce di casa per portare un tozzo di pane ai propri pargoli, ma poi non rientra perché la sua vita viene spezzata dalla mancata sicurezza sui luoghi di lavoro.

Una comunità affranta, quella che insieme a tanti amministratori delle Preserre ha voluto far sentire il suo assordante silenzio. Ma quei cartelloni, che sembravano scritti con il sangue, trasudavano sofferenza e indignazione: “Basta morti sul lavoro”, “La sicurezza sta alla base del lavoro”, “La vita è preziosa - Obbligatorio lavoro sicuro”.

Dopo la Santa Messa, per le vie di Dasà, c’erano diverse fasce tricolori poggiate sul petto di coloro che vogliono guidare i loro cittadini verso un domani meno angusto; c’era chi porta il suo piccolo contributo alla collettività con il quotidiano impegno in un’associazione culturale il cui ruolo è fondamentale, soprattutto in termini di capacità di aggregare, in un’area in ritardo di sviluppo; c’erano tanti giovani e tanti anziani che hanno capito che è il momento di ribellarsi ad uno stato di bisogno che deforma gli equilibri del vivere sociale e che talvolta uccide.

E a ribadirlo è stato il sindaco Raffaele Scaturchio che questa iniziativa l’ha pensata, promossa, fortemente voluta. Ha voluto che la sua comunità rimanesse unita, anche se ferita dalla perdita di Domenico Fatiga, lavoratore che ha abbandonato questo mondo su un cantiere a Maierato. Il suo destino non deve più toccare a nessuno: è una battaglia di civiltà da portare avanti senza indecisioni e senza tentennamenti.

Dasà è caduta, ma ha ancora voglia di rialzarsi.

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