Fabrizia. Considerazioni sui risultati del referendum: fra delusione, proteste e aspettative

Assorbita la delusione per le riforme mancate, mi sento di fare una riflessione sul significato vero di questo particolare ed eccezionale voto. È sotto gli occhi di tutti che si è trattato di una protesta. Eclatante protesta contro il “Governo” e, in primis, contro “chi” Governa. Pare altrettanto accertato il fatto che la protesta sia stata caldeggiata soprattutto dagli elettori più giovani, e ciò a buona ragione.

La gioventù degli ultimi decenni è stata fortemente penalizzata dall’esaurimento delle risorse e, di conseguenza, bastonata da una dilagante disoccupazione.

È assolutamente comprensibile la protesta, soprattutto contro i governanti (siano di destra o di sinistra poco importa, perché importano soltanto le conseguenze della loro inefficienza), ma la problematica questione dei poteri organizzativi dello Stato resta, e non è conveniente trattarla con pericolosa demagogia.

Lo Stato e i Governi non sono cattivi in sé, ma lo sono per come sono gestiti.

Allora, è vero che abbiamo il diritto e il dovere di cambiare i governanti per la scarsa produttività o non coerenza dell’azione politica o, peggio, per la disonestà, ma è altrettanto vero che sta a noi, quando ce ne viene data l’occasione, contribuire alla realizzazione degli strumenti necessari ad un buon governo.

I giovani, con somma ragione, hanno deciso di bocciare i riformatori insieme alle riforme, per la cattiva impressione che hanno dato nell’esercitare il potere con troppa lentezza rispetto alle promesse ed ai programmi sbandierati come di facile soluzione.

Ci si augura che la lezione serva per coloro i quali saranno chiamati a prendere il testimone di questo momento politico così difficile, drammatico soprattutto con riferimento alla devastatrice disattenzione nei confronti dei giovani ed alla dominante corruzione che depaupera senza pietà le scarse poche risorse ancora disponibili, non inghiottite dal sistema globalizzante delle multinazionali. Nell’augurata ipotesi che ci venga nuovamente concessa l’occasione di contribuire alle riforme, non tiriamoci indietro. Piangere sul latte versato non ha senso, ma se avessimo approvato questa riforma oggi avremmo uno strumento in più per pretendere: il Referendum propositivo inserito con la legge di riforma costituzionale appena bocciata.

Mi permetto, in conclusione, una breve riflessione paesana. A Fabrizia il risultato è stato fortemente controcorrente: il SI ha raggiunto la straordinaria cifra del 64.06%, mentre il NO si è fermato al 35,94%.

Vi è tuttavia la necessità di mettere l’accento sulla tipologia di votanti per comprendere il motivo della forte superiorità del dato riformista rispetto a quello conservatore.

Fabrizia è oramai un paese di quasi soli anziani, poiché la quasi totalità dei giovani, assolti gli impegni scolastici, partono per trovare lavoro. Pare che si stia attuando una nuova forte emigrazione giovanile soprattutto verso la Germania.

Allora, chi ha votato a Fabrizia dato che la gioventù è scarsa?

Soprattutto veterani, persone che hanno vissuto abbastanza per assistere all’auge e il successivo declino dell’economia e dell’industria italiana.

Persone che hanno capito che così non si può andare avanti e che occorre modificare le regole togliendo comodi alibi ai governanti, che si trincerano dietro i grandi numeri per far sì che nulla cambi.

Persone che, alla richiesta di un consenso per l’approvazione della riforma costituzionale, rispondevano tranquillamente e pacificamente: “Si, certamente, perché speriamo che cambi qualcosa per i giovani”.

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