Angelo Pelaia e la storia del cinema "Zizi" / PARTE I

Su un vecchio cinema parigino, il “Paradis”, Nicolas Barreau, in una “Una notte a Parigi”, ha scritto un intero romanzo. Una storia nella quale s’intrecciano la passione per il grande schermo e quella per una bella donna. E’ stata la lettura delle vicende tratteggiate dalla penna dello scrittore franco tedesco a richiamare alla memoria un altro cinema. Una sala cinematografica vera, autentica. Un luogo nel quale, per decenni, si sono intrecciati sogni, amori, desideri. Le cigolanti sedie in legno narrate da Barreau non potevano non riportare il ricordo al cinema “Aurora” di Serra San Bruno. Non avesse chiuso i battenti nel 2004, dopo la proiezione del film di Mel Gibson, “La passione di Cristo”, quest’anno avrebbe compiuto settant’anni. Ad offrirci l’opportunità di ritessere le fila di quello che è stato uno dei luoghi da cui è passata parte della modernizzazione dei costumi di quanti risiedevano nei centri delle Serre, sono stati la signora Franca Pelaia ed il fratello Brunello. E’ solo grazie alla loro cortesia, venata da un’eleganza d’altri tempi, se questa storia ha potuto prendere forma. Il 1945 è un anno difficile, gli echi della guerra non si sono ancora spenti. L’Italia meridionale è occupata da eserciti stranieri. A Serra si sono stabiliti gl’inglesi. I sudditi di sua Maestà hanno avviato un’opera di sfruttamento forestale senza precedenti. Si comportano in tutto e per tutto come un esercito d’occupazione e trattano la popolazione locale da veri e propri colonizzatori. Il clima non è dei migliori, anche perché in ogni famiglia c’è un soldato al fronte, molti sono finiti prigionieri in Germania ed in Russia, la situazione generale e deprimente. In un contesto del genere, c’è qualcuno che ha la forza ed il coraggio di guardare avanti. Del resto, come amava ripetere Carlo Dossi, “i matti aprono le strade che poi vengono percorse dai savi”. Nell’aprile del 1945, l’idea di Angelo Pelaia di aprire un “cinematografo” poteva sembrare, infatti, un’idea folle, senza futuro. Al contrario, l’idea si rivelerà un successo. Quando decide di aprire il Cinema, Angelo Pelaia ha quarant’anni ed è l’erede di una famiglia che ha la vocazione per gli affari. Il padre, Vincenzo, gestiva una rivendita di ferramenta situata all’angolo di Corso Umberto, all’estremità dell’immobile che ha ospitato la sala del cinema “Aurora”. Per rifornirsi di materiale si sobbarcava lunghissimi e scomodissimi viaggi in carro fino a Messina. A diversificare gli affari sarà, però, il figlio Angelo che avvia una redditizia segheria nella quale produce mobili e suppellettili per il Regio esercito. Nei locali che per alcuni decenni hanno ospitato la sala biliardi, Angelo Pelaia realizza letti, armadi ed arredi che, una volta portati alla stazione ferroviaria di Francavilla Angitola, vengono spediti in ogni angolo d’Italia. Di segherie a Serra ce ne sono tante, ma quella dei Pelaia ha qualcosa in più. Il quid che la caratterizza è la fantasia. Angelo Pelaia, infatti, applica il fordismo all’artigianato. Si tratta di un’intuizione geniale che gli consente di aumentare la produzione diminuendo i costi. Dalla sua segheria escono, infatti, decine di ruote da carro prodotte in serie e negli anni Trenta, gli infissi della scuola elementare “Azaria Tedeschi” e della Pretura. Angelo Pelaia, molto probabilmente, sente che i tempi stanno cambiando e decide di fare un investimento. Vuole avviare una nuova attività, qualcosa che a Serra si è vista soltanto episodicamente, con qualche compagnia itinerante o con le proiezioni dell’Istituto Luce. A dargli l’idea è viaggio a Milano, città nella quale era andato in aereo qualche anno prima in compagnia del direttore degli stabilimenti di Santa Maria, Longhi. E’ nel capoluogo meneghino che Pelaia pensa, per la prima volta, d’aprire una sala cinematografica a Serra. Passa qualche anno e l’idea si concretizza, il 28 aprile 1945, quando, tre giorni dopo la fine della guerra in Italia, nel salone che avrebbe dovuto essere il pianterreno della nuova casa dei Pelaia, apre il cinema “Zizi”. Per la proiezione viene usata una macchina donata dall’esercito inglese. Si tratta di una “Pio Pion” prodotta a Milano, che funziona con lanterna a carboni. Per la prima serata, in cartellone c’è “La signorina”, il costo del biglietto è di 17 Am-lire, la moneta d’occupazione introdotta dall’Am-got, in platea e di 26,50 in galleria. Alla prima proiezione gli spettatori sono 99, 37 in galleria, 62 in platea. L’incasso è di 203.450 Am-lire. Fin dal primo spettacolo si svilupperà una tendenza che andrà avanti per diversi anni. A scegliere la galleria saranno, infatti, prevalentemente gli abitanti del rione “Terrevacchia”, mentre quelli del rione “Spinetto” opteranno, quasi sempre, per la platea. Alla seconda proiezione del 1 maggio, “La signorina” registrerà 142 spettatori. La nuova sala cinematografica esercita un immediato richiamo non solo a Serra. Dai paesi vicini la gente arriva a piedi o con mezzi di fortuna pur di assistere allo spettacolo. Il successo è travolgente, il 4 maggio, a vedere “Un colpo di pistola” ci sono 208 spettatori. Sembrano tanti, ma sono destinati ad aumentare. Due giorni dopo, “Il fiore sotto gli occhi”, richiama un pubblico composto da  ben 255 persone. Il 21 maggio, quel nome buffo, “Zizi”, nato per caso, perché una delle figlie di Angelo Pelaia, la piccola Lisetta non riuscendo a pronunciare “cinema” ripeteva “Zizi”, chiuderà il sipario con “L’ultima Fiamma”. 

 

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