Fabrizia, imprenditore crea un itinerario tra cultura e gastronomia e arrivano i turisti

Terra di lavoro quella di Fabrizia ma anche di scoperta di un ambiente culturale e gastronomico montano che lascia senza parole. A pensarci un imprenditore del luogo che ha deciso di creare un itinerario tra storia, cultura, ambiente e gastronomia che ha destato molta curiosità tra turisti e scolaresche. “La rosa delle delizie” non è soltanto un bar, rosticceria, pizzeria ma il vero fulcro pulsante di una complessa attività di promozione e riscoperta del territorio montano delle Serre vibonesi attraverso itinerari mirati e visite guidate nel bel mezzo dei quali c’è un pranzo con menù turistico che si propone di far scoprire i prodotti tipici locali. L’itinerario ideale parte alle 9:30 da Mongiana dov’è possibile ammirare il Parco di Villa Vittoria appartenente all’Arma dei carabinieri ambientali che consiste in un giardino botanico che si estende su 400 ettari; una vera e propria oasi naturalistica che nel corso degli anni è diventata modello di educazione ambientale, meta di studiosi proveniente da tutte le università italiane. Qui è possibile ammirare piante officinali, flora e fauna di vario genere. Si lascia la natura incontaminata per immergersi nella storia.

Nate nel 1771 sotto il regno di Ferdinando IV di Borbone, ma entrate a regime dieci anni dopo, le ferriere di Mongiana furono prevalentemente adibite alla produzione bellica e attive nel campo dell’ingegneria civile. Dai loro altiforni, infatti, uscirono i ponti sospesi di ferro sui fiumi Garigliano e Cadore (i primi nella Penisola, 1825-28), così come pure le rotaie della prima tratta ferroviaria italiana Napoli-Portici (1839). Con la restaurazione, dopo il Congresso di Vienna del 1815, per il polo siderurgico di Mongiana si avviò un periodo di crisi dalla quale si risollevò temporaneamente poco prima dell’Unità d’Italia. Il nuovo governo unitario decise il declino delle Reali Ferriere Borboniche che furono inizialmente vittima di carenze di finanziamenti e di un calo di produzione sempre più marcato, e successivamente della definitiva disfatta attraverso la vendita al pubblico incanto. L’asta pubblica si tenne a Catanzaro il 25 maggio 1874 e l’offerta più alta - un milione di lire - fu di Achille Fazzari. L’attenzione per l’area borbonica è oggetto non soltanto di una visita passiva ma, attraverso dispositivi tecnologici, il visitatore può interagire aprendosi alla conoscenza in una logica di coinvolgimento emotivo. L’obiettivo è raccontare, attraverso un virtual book, cosa c’è dietro a quei ruderi, la loro storia, la popolazione, il lavoro degli operai, la loro vita e il legame col territori. Il tutto con una grande attenzione verso il fascino del passato. Nuovi spazi multimediali, tablet, pannelli interattivi 3D, filmati, ricostruzioni virtuali, itinerari didattici per le scuole, ricostruzioni olografiche e tutto quello che la tecnologia avanzata offre, fanno di questo polo museale un centro di avanguardia per lo studio della storia borbonica, del decennio francese e della archeologia industriale. Alle 12,30 c’è la visita a Fabrizia e al suo borgo antico sorto dalla trasmigrazione delle genti di Castelvetere (odierna Caulonia) e di Roccella Ionica. Raggiunse l’autonomia comunale nel 1591. Il principe Fabrizio Carafa, da cui prende il nome, scelse questo luogo per la sua bellezza e vi fece erigere la sua dimora estiva. Il castello, esistente ancor oggi, rappresentò il fulcro di tutte le attività del feudo per lungo tempo. Secondo il “catasto onciario” o “catasto Carolino” (1746) la località annoverava un’elevata quantità d’artigiani e mestieranti vari tra cui: fabbri, sarti, mastri d'ascia, muratori, casari, custode di neve, chianchieri, massari e braccianti. Sugli argini della fiumara “Allaro” sorgevano numerosi mulini per la macina e diverse fornaci per la realizzazione di manufatti in argilla. All’inizio del Ottocento, il trasferimento del casato a Napoli coincise, insieme al rovinoso terremoto del 1783, con un lento ma inesorabile declino dei possedimenti del principato. A causa del devastante terremoto, l’intero territorio accusò un forte regresso economico, dal quale si riprese solo con l’avvento del dominio Francese; la ripresa ebbe come forte traino la presenza sul territorio delle Reali Ferriere, costruite durante il dominio borbonico e potenziate dai francesi. Qui in una montagna attrezzata perso il Passo dell’Abate caratterizzata da una natura incontaminate e suggestiva e da panorami lussureggianti incastonati in un mistico silenzio, è previsto il pranzo a base di prodotti tipici locali: carne grigliata, funghi autoctoni, salumi e formaggi faranno la felicità di ogni tipo di palato.

Alle 15 è prevista la partenza per Serra San Bruno e la visita al complesso della Certosa e del museo. È il primo monastero certosino d’Italia, il secondo di tutto l’Ordine, e sorge in un pittoresco bosco alla periferia di Serra San Bruno. Si tratta di un vasto complesso fondato tra il 1090 ed il 1101 da Brunone di Colonia, fondatore dell’Ordine dei certosini e della Grande Chartreuse vicino a Grenoble. La chiesa conventuale, originariamente di stile gotico, verso la fine del ‘500 fu rimaneggiata, su probabile progetto del Palladio. Tra i secoli XVI-XVIII subì successivi restauri, fin quando il terremoto del 1783 la distrusse. Verso la fine dell’ottocento fu riedificata, conservando dell’originario complesso, i resti della quattrocentesca cinta muraria, ruderi della grandiosa facciata rinascimentale della chiesa, gran parte dell’ordine inferiore del secentesco chiostro, la secentesca fontana barocca e il vecchio cimitero dei certosini. La Certosa di Serra San Bruno, oltre a caratterizzare la vita religiosa, sociale e culturale delle serre, fin dai primi tempi dalla sua fondazione, occupò un posto importante nell’ambito del settore dell’artigianato. Santa Maria del Bosco prende il nome dalla chiesa di S. Maria, che si erge al centro di giganteschi abeti bianchi, dove San Bruno, fondatore dell’ordine certosino, faceva penitenza e fu sepolto. Il bosco, negli anni ’50 è stato sottoposto ad una efficace opera di miglioramento e ricostituzione seguita da una oculata gestione tecnica ed amministrativa, che lo rendono oggi uno dei boschi meglio conservati delle Serre calabresi. Situato all’interno delle mura del monastero, il Museo della Certosa è la porta attraverso la quale la gente comune penetra all’interno del mondo certosino. Nel suo interno vi si trovano tutte le informazioni sulla Certosa nonché sulle tappe della formazione dell’Ordine dei certosini. Di particolare suggestione è la possibilità per il visitatore di conoscere lo svolgimento della vita nel monastero e la partecipazione al mistero della loro scelta di vita. Nelle numerose sale è possibile ammirare le varie ambientazioni che descrivono le attività a cui i monaci si dedicano quotidianamente. Interessante è la ricostruzione  dell’ambiente della cella tipica di un monaco certosino, con al suo interno il “cubicolo”, con alcune suppellettili di uso quotidiano. Altre sale mostrano alcuni laboratori dove i monaci realizzano dei manufatti. L’ultima sala del Museo, invece, è dedicata, oltre alla documentazione delle Certose nel mondo, e alla biblioteca. Alle 17:50 e prevista la ripartenza ed il rientro in sede con la consapevolezza di aver assaporato un luogo incantevole, il Comprensorio montano delle Serre, ricco di arte, storia, cultura e spiritualità.

info: cell. 320.8188846 email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

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