'Ndrangheta: omicidi del 1992, tra gli accusati spicca il nome del boss Grande Aracri

Nell’ambito di un’articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Bologna – Direzione distrettuale antimafia -, la Polizia di Stato ha dato esecuzione a tre misure cautelari in carcere disposte, dal gip del capoluogo emiliano, nei confronti di tre persone ritenute esponenti apicali della ‘ndrangheta.

Destinatari del provvedimento sono: Nicolino Grande Aracri, di 56 anni, capo indiscusso dell’omonima cosca; Nicolino Sarcone, di 52 anni, ritenuto esponente di vertice del sodalizio ‘ndranghetistico operante in Emilia e Angelo Greco, di 52, considerato il capo della ‘ndrina, esistente nel torinese, distacca di San Mauro Marchesato, facente capo al locale di Cutro.

Per gli inquirenti, i tre sarebbero responsabili degli assassinii di Nicola Vasapollo, ucciso nella sua abitazione di Reggio Emilia, mentre si trovava agli arresti domiciliari, e di Giuseppe Ruggiero, raggiunto nella sua casa di Brescello, dove si trovava ai domiciliari, da sicari vestiti con uniformi dei carabinieri.

Per i due delitti, nel 1997, erano già stati condannati all’ergastolo Raffaele Dragone e Domenico Lucente.

I provvedimenti eseguiti oggi, rappresentano l’epilogo delle indagini avviate sulla scorta delle dichiarazioni rilasciate dai due collaboratori, Angelo Cortese e Antonio Valerio, i quali materialmente, avevano preso parte all’omicidio di Ruggiero.

Nel dettaglio, a premere il grilletto contro Vasapollo sarebbe stato Sarcone, il quale avrebbe agito su ordine di Nicolino Grande Aracri.

Greco, Sarcone e Grande Aracri sarebbero, inoltre, i responsabili, a vario titolo, dell’omicidio di Ruggiero, per elimare il quale la ‘ndrina mise in campo un corposo gruppo di fuoco.

Nell’occasione vennero impiegate tre autovetture rubate, tra le quali una “Fiat Uno”, appositamente camuffata in “gazzella” dei carabinieri, abbandonata sul luogo dell’omicidio, e due autovetture di copertura utilizzate, poi, per la fuga.

L’attenta attività di riscontro effettuata dalla Squadra Mobile di Reggio Emilia, con il coordinamento della Squadra mobile di Bologna e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, ha consentito di raccogliere numerosi riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori.

Gli investigatori hanno visionato e studiato decine di fascicoli, anche, relativi ad altri fatti di sangue riconducibili alla guerra di mafia combattuta nei primi anni Novanta in Calabria e nel Nord Italia, in particolare nelle province di Reggio Emilia, Cremona e Mantova.

L’esame dei tabulati telefonici generati, nel 1992, dalle utenze telefoniche degli indagati, la identificazione di compagne ed amanti dell’epoca, la ricerca di autovettura in uso nel 1992 agli indagati, di controlli del territorio o di contravvenzioni al codice della strada elevati in quell’anno, lo studio delle cartine topografiche degli anni 1990 e quelle attuali hanno restituito un quadro indiziario che il gip di Bologna ha  ritenuto solido e robusto.

È stato ricostruito, per esempio, il percorso effettuato dal commando responsabile dell’omicidio di Ruggiero che aveva imboccato un ponte, esistente nel 1992, che, oggi, non c’è più ed è stato sostituito da un altro ponte sopraelevato.

 Il gip di Bologna ha riconosciuto sussistente l’aggravante mafiosa per entrambi gli omicidi che, quindi, possono essere inseriti in quadro di guerra ‘ndraghetistica combattutasi, anche a Reggio Emilia, in quegli anni.

 Oltre ai tre arrestati ci sono due ulteriori persone indagate e destinatarie di perquisizione eseguite nella giornata di oggi.

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