La Calabria, prima e dopo l'unità d'Italia

La querelle sulle vicende pre e post unitarie dell’Italia, è stata studiata e dibattuta da moltissimi ricercatori. Ne son venute fuori delle verità storiche che mettono in risalto ciò che in passato era il Regno delle Due Sicilie. Sud Italia, con una economia positiva, dati Quaderni Banca d’Italia. Sud con uno stato sociale e culturale avanzato. Sud con lavoro e senza disoccupazione, dati SVIMEZ. La Calabria, oggi la è regione più povera dell’intera Europa, ma nel periodo pre unitario, dati SVIMEZ, era una delle regioni più industrializzate della penisola italiana e lo rimase, nonostante la chiusura della sua industria pesante, sino alla prima guerra mondiale. Solo dopo l’unificazione, nasce la questione meridionale, con il Sud ridotto a colonia del Nord che, avendo un nuovo bacino di acquirenti, oltre 9 milioni di “affamati”, diventa più ricco e opulento. Fiumi d’inchiostro sono stati versati da autorevoli storici: Gramsci, Lucarelli, Gobetti, ecc…, ma nonostante ciò nulla è mutato nel Sud e in particolare in Calabria.

E’ risaputo, che l’economia è il motore della storia. Ma l’economia viene attivata da scelte politiche. Di conseguenza, non avendo la Calabria economia, essa non ha politica. E, non essendoci la politica, i politici calabresi è come se non esistessero. Esistono i “partiti”, sia di destra, sia di sinistra, sia di centro, ma sono tenuti in scarsa considerazione nella stanza dei bottoni romana.

Non si spiega come mai pur avendo il meridione, e in particolare la Calabria e la Sicilia i più alti rappresentanti dello Stato: Mattarella, Grasso e Minniti, non si riesca a migliorare le sorti del Meridione. Mi viene da pensare, che i nostri governanti nelle loro riunioni, giochino a Monopoli, è che i veri governanti siano altri. Mi viene da pensare che il potere risieda altrove e non nel senato o alla camera dei deputati. Potere occulto, vero potere, che vuole mantenere, il Sud come un mercato per il Nord.

Le disparità si avvertono. Gli investimenti pubblici: 296 euro pro-capite al centro-nord, 107 al Sud. Nella P.A. la spesa corrente al Sud è pari al 71% di quella del centro-nord.

Sarebbe ora di reagire, iniziando a colpire l’economia del nord che cresce grazie al Sud. Il 14% del PIL del centro nord è dovuto ai consumi delle regioni Meridionali. Dove la ex Fiat potrebbe vendere i suoi prodotti? In Germania? In Francia? In Giappone? Non credo proprio. E la Parmalat? E la Motta? Dove potrebbero vendere? Sempre giù al Sud. Le propagande televisive ci bombardano, invitandoci ad acquistare tali prodotti, come se il meridione non producesse nulla, come se il Meridione fosse una landa desolata. Mi soffermo solo sulla produzione dell’olio d’oliva. Il Sud produce quasi il novanta per cento di tutto l’olio nazionale. La Calabria si attesta al 34%, la Puglia al 36%. L’Umbria l'uno per cento, la Toscana il 2. Ciò nonostante le aziende del centro nord “oliano” tutta l’Italia. Da dove portano il loro olio? Non si potrebbe pensare ad una politica agricola di trasformazione e vendita del prodotto direttamente nei luoghi e dai luoghi di produzione?

Come uscirne?

Si potrebbe e si dovrebbe, incentivare il “compra solo prodotti del Sud”. Si potrebbero ritirare tutti i risparmi depositati nelle banche e negli uffici postali, gestite tutte dai capitalisti del nord. Si potrebbe chiedere ai nostri amministratori regionali che legiferassero affinché le aziende del Nord che vendono i loro prodotti qui da noi pagassero le loro tasse nei luoghi di vendita. Ma non basta, bisogna recidere alla radice la mala politica impostaci dall’alto e fare leva sul forte senso di appartenenza di un popolo che ha sempre subito che ora ha voglia di dire basta. In Calabria non esiste un movimento o un partito che abbia a cuore le sorti della regione. I molti che si astengono dal votare lo fanno perché non credono nei politici attuali e nelle loro promesse. In passato in Calabria fu fondato il Movimento Meridionale che avrebbe potuto far sentire la voce dei cittadini calabresi, purtroppo non ebbe molta fortuna. Se è vero che la storia è fatta di corsi e ricorsi credo che dopo aver sviscerato le vicende storiche del passato e fattone le dovute considerazioni, sia giunto il momento di creare una entità politica, un movimento politico popolare che, a fianco delle associazioni culturali, ridia la voce ai meridionali e ponga in essere azioni democratiche atte a far emergere e portare a compimento le giuste istanze di un popolo che si è “rotto” di emigrare, di pagare tasse, di essere considerato il figlio di un Dio minore e di ricevere solo le elemosine da parte di uno Stato che continua a discriminare i cittadini del Sud.

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