La teoria dell'asino e il risparmio

Tutti abbiamo sentito, prima o poi, che qualche volta bisogna accettare dei sacrifici per stare meglio in seguito.

A scuola si studia per essere, a fine anno, promossi e premiati.
Ora provate a immaginare che, arrivati a giugno, i professori informino gli studenti che l’anno scolastico non è finito, anzi continua, anzi non si sa quando e se mai finirà. A questo punto, non solo l’ultimo della classe, ma anche il più secchione dei Pierini si lamenterà per aver fatto sacrifici invano.

Agli Europei è stato detto più o meno così: togli questo, rinuncia a quello, pareggia il bilancio… e dopo un po’, sarai ricco e felice. Il ragionamento non veniva sostenuto dallo scemo del villaggio, ma da fior di economisti con tre o quattro lauree, e tonnellate di pubblicazioni in inglese su riviste giapponesi. E siccome ci hanno spiegato che uno più lauree ha più è intelligentone, gli Europei hanno fatto sacrifici, aspettando… no, essendo certi di diventare presto felici e ricchi.

Se non che, che è successo? Niente, è successo. Facciamo sacrifici, e non diventiamo minimamente ricchi, e tanto meno felici; e non vediamo all’orizzonte né i soldi né la felicità.
Ci sorge immediata la riflessione, che quanto scritto su riviste giapponesi in inglese dal professorone con sei lauree e dodici specializzazioni, le teorie del dottissimo siano alquanto sballate.
Vero che gli intellettuali, quando la realtà li ridicolizza, se la pigliano con la realtà e non con le loro teorie infondate; ma c’è poco da convincere la gente che ha mangiato, se invece prova la fame; o che, digiunando oggi e domani e dopodomani come un fachiro, l’anno prossimo mangerà più di Pantagruel.

C’era una volta un contadino che, per risparmiare, educò l’asino a non avere la biada; il risparmio riuscì in pieno, ma il somaro lasciò questa valle di lacrime. Non so se è chiaro.
Soluzione? Ma l’intervento della politica, con la spesa pubblica, che crea opere utili in sé ed è volano dell’economia. Il punto è che sia una spesa utile e onesta. Ed ecco perché occorre la politica, e non ci servono, anzi fanno danno, i politicanti e i dotti e i burocrati.

Nota filosofica: secondo Platone, i tecnici non devono decidere, ma solo eseguire.

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