La caduta di Costa e il futuro di Vibo

La fine anticipata dell’amministrazione Costa dovrebbe indurre tutti: partiti politici, associazioni culturali, comitati di liberi cittadini che si stanno formando in questi giorni per partecipare con propri uomini alla competizione elettorale, ad una riflessione e ad un'analisi per individuare le cause che ne hanno determinato la caduta, se non altro per evitare di commettere gli stessi errori.

Quando avvengono fatti del genere è difficile stabilire chi abbia le colpe maggiori tra gli attori in campo; se ha sbagliato di più il sindaco  al quale vengono attribuite troppe rigidità caratteriali, o i consiglieri ed i partiti che lo sostenevano, o la minoranza troppo divisa al suo interno per svolgere a pieno il suo ruolo.

Un dato è certo, al comune cittadino, non addentro alle segrete cose, sfuggono le vere motivazioni dello scioglimento del consiglio.

Erano molto più chiare, anche se meno condivisibili, la volta precedente quando lo stesso sindaco fu sfiduciato per la prima volta.

I consiglieri di maggioranza non hanno prodotto alcun documento, nè hanno votato in Consiglio una mozione di sfiducia.

Il modo con cui è stato sfiduciato Costa ricorda quello di Ignazio Marino a Roma. Sicuramente la città ha subito un degrado mai conosciuto nella sua storia recente e non basta il dissesto o il taglio delle risorse del governo agli enti locali per giustificarlo.

Ci sono  stati in alcuni casi  improvvisazione, inesperienza, carenza di conoscenza di legislazione tecnica, supponenza, rifiuto de  confronto con altri enti che hanno affrontato e risolto problematiche simili.

La  gestione quotidiana dei servizi, ad esempio, (penso alla raccolta differenziata ed alle strisce blu) è stata disastrosa e ha creato uno scontento crescente in tutti i cittadini.

Il distacco, già esistente, tra cittadini e politica, tra cittadini e partiti è aumentato, nonostante il sindaco fosse stato eletto da uno schieramento composto da liste civiche, senza l’apporto ufficiale dei partiti politici.

È stato proprio il consenso dei cittadini, oltre che degli eletti, a decretarne la fine traumatica dell’Amministrazione Costa. Essa, aldilà di ogni cosa, dimostra che non c’è politica se manca un disegno comune, un sentire comune, idealità certe, se mancano insomma i partiti.

Il “sovranismo” ed il “populismo” dilaganti ne sono la dimostrazione lampante.

C’è un assioma in politica che vuole che il partito o la coalizione che provocano le elezioni anticipate siano destinate poi a perderle.

È successo ai tempi della prima Repubblica ed anche a Vibo con la fine dell’esperienza Iannello. Se è vero l’assioma, il centrosinistra, può vincere questa competizione elettorale.

I presupposti ci sono tutti. Deve, prioritariamente, saper superare al suo interno divisioni, dissapori ed incomprensioni e poi stilare un programma credibile con pochi, ma qualificati punti quali l’ottimizzazione dei servizi, una viabilità più efficiente, il rilancio del turismo e del commercio. Soprattutto deve aggregare tutte le realtà vive della città quali le associazioni culturali, gli ordini professionali, gli imprenditori, i commercianti desiderosi di un vero cambiamento, con la consapevolezza che il rischio, in caso di fallimento, è di condannare la città ad un ruolo completamente subalterno e marginale nella realtà regionale e nazionale.

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