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Serra, ok alla rinegoziazione dei debiti del Comune con prescrizioni

Clima da campagna elettorale a palazzo Chimirri che con l’andare avanti della seduta scema e si trasforma in confronto costruttivo. Il consiglio comunale (assenti Carmine Franzè e Giuseppe Raffele) ripropone lo scontro, anche aspro dal punto di vista politico, fra opposte fazioni e prende atto, dopo un acceso dibattito, degli “errori materiali” commessi su 2 delibere del 6 maggio e, in particolare, su quella relativa all’elezione del presidente del consiglio. Superato lo scambio di accuse sul rispetto dovuto ai dipendenti, Rosanna Federico segnala che “non c’era l’urgenza per dichiarare l’immediata esecutività della delibera di elezione” del presidente del civico consesso e Mirko Tassone invita a “non fare confusione fra esecutività ed eseguibilità” per poi sostenere che Giuseppe De Raffele “non era legittimato a convocare la seduta di approvazione del rendiconto 2014”. Per Raffele  Lo Iacono, che specifica di “non avere intenzione di ricorrere al Tar ma che bisogna chiarire gli errori”,  è certo che “non c’è un falso” e che si tratta di incongruenze sulle presenze e sulle assenze. Il consigliere d’opposizione chiede però di “portare in consiglio la comunicazione sul riaccertamento sui residui” e definisce, di conseguenza, “monca” la seduta. Sulla questione interviene il capogruppo di Forza Italia Nazzareno Salerno che parla di “un errore di trascrizione che non ha sostanza tale da rendere l’atto inefficace” ribadendo che “se la minoranza ha dubbi deve ricorrere al Tar”. Il punto passa con 8 voti favorevoli e 3 contrari, come l’approvazione del verbale della seduta precedente. Il sindaco Bruno Rosi opera una breve relazione sulla rinegoziazione di “3 posizioni precedenti” di 331mila, 209mila e 896mila euro con la proroga della scadenza al 2044. Operazione che “consentirà di liberare 57mila euro per ogni anno”. Su questo aspetto si soffermano le riflessioni di Lo Iacono e di Tassone con quest’ultimo che sottolinea che, con la crescita complessiva degli interessi, il debito passerebbe da “1 milione e 400 mila euro a 2 milioni e 700 mila euro” e che quello della rinegoziazione è “un’operazione criminale fatta dal governo nazionale che getta il peso del debito sulle generazioni future”. Salerno riconosce che ci saranno dei costi da sostenere ma nota anche i benefici che “danno respiro” in un momento in cui “è difficile  per i Comuni contrarre mutui”. Passa, con i voti della maggioranza, la proposta dello stesso Salerno di “aderire alla rinegoziazione previa acquisizione della relazione tecnico-finanziaria del responsabile di Area e del Piano di ammortamento della Cassa Depositi e Prestiti dai quali dovrà evincersi la convenienza per l’Ente”.

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