La Calabria dei campanili: tensioni fra Reggio, Cosenza e Catanzaro

È un po’ la fotografia di chi guarda prima al proprio orticello e poi alla più generale situazione. Da qualche anno sembra accentuarsi la tendenza ad assecondare le esigenze delle realtà geograficamente più vicine, trovando le più disparate giustificazioni a sostegno delle proprie azioni. È per la verità una caratteristica calabrese sempre esistita che con l’avvento della globalizzazione si pensava potesse diventare meno evidente. Invece ogni atto è visto con sospetto, perché i dubbi sulla controparte vengono alimentati da un modo di fare che solo di rado è lo specchio della limpidezza. Senza andare troppo indietro nel tempo, in riferimento al contesto politico-amministrativo, è facile trovare esempi di rivalità territoriali sotto la presidenza di Agazio Loiero, riscontrate anche nella competizione elettorale regionale del 2010 addirittura all’interno della stessa coalizione: chi non ricorda la frase “i catanzaresi remano contro la mia elezione perché gli rode che un reggino possa diventare presidente della Regione” pronunciata da Giuseppe Scopelliti con la conseguente risposta di Michele Traversa? Quella dell’ex sindaco della città dello Stretto è stata una legislatura contraddistinta da accuse di Reggio-centrismo determinate spesso da scelte relative a nomine o investimenti. Oggi qualcosa di simile accade con Mario Oliverio, ad esempio in relazione alle previsioni concernenti gli ospedali di montagna o alle ipotesi di istituire un Parco naturale regionale nel cosentino. Un conto è però discutere, un altro è accusare con termini più pesanti: la scritta su un cavalcavia della A3 “Oliverio nemico di Reggio” ha destato scalpore e fermi giudizi di condanna. La sensazione di scontro fra aree diverse si è avuta pure nell’ambito dell’elezione del presidente del Coni di qualche giorno addietro: la sfida fra il reggino Maurizio Condipodero e il cosentino Pino Abate (conclusasi 26 a 25, dopo un primo scrutinio terminato sul 25 pari con un’astensione) ha riproposto questo tipo di antagonismo. Quanto al calcio le tifoserie di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Vibonese e Reggina non sembrano voler brindare insieme… Ma questa è un’altra storia. Altri sono stati i passaggi, anche solo simbolici, della secessione di interessi che ciascuna delle province pervicacemente continua a perseguire. Fino a scadere nelle polemiche di bassa lega che, in epoca di social network, indussero Rosario Olivo, all’epoca sindaco di Catanzaro, a rispondere con disprezzo ad una banale, quanto velleitaria, iniziativa nata su Facebook con l’obiettivo di spostare il capoluogo di Regione a Reggio Calabria. Il primo cittadino, contravvenendo ai principi impostigli dal suo indiscusso lignaggio politico, scese nell’arena arrivando a chiedere la rimozione del gruppetto di nostalgici che si agitavano senza costrutto nel mondo virtuale. E, a ben vedere, quella che affonda le radici nel 1970, può tuttora essere considerata il tornante decisivo lungo la strada percorsa dalla Calabria. Una curva che portò tutti a sbattere sul muro dell’indifferenza reciproca e di un’atavica diffidenza da coltivare con quotidiano impegno. E’ la cultura ancestrale che impregna della tutela del “particulare” un’area del Paese in cui ancora un decennio addietro, in occasione delle elezioni regionali, un drappello di docenti universitari diede vita ad una lista che gli ideatori denominarono “Progetto Calabrie”. Una scelta che, indipendentemente dalle reali aspirazioni dei promotori, poteva apparire come una ulteriore conferma, l’ennesima, dell’incapacità di aspirare ad una dimensione unitaria a queste latitudini. Come, infelicemente, rappresentato, dallo scontro accesosi di recente tra Catanzaro e Cosenza, sulla realizzazione del nuovo ospedale. Ad emergere, in questo come negli altri casi citati, è il riflesso incondizionato per il quale, a prescindere dal  merito oggetto di discussione soltanto in una fase successiva, è ferrea la convinzione secondo cui la crescita di una porzione della regione comporta, come in un rapporto causa-effetto necessitato, un impoverimento di tutte le altre. Lo stesso atteggiamento che ha accompagnato la messa in funzione del reparto di Cardiochirurgia a Reggio Calabria: anche in una circostanza del genere, che dovrebbe essere interamente focalizzata sulla funzionalità di un progetto peraltro già esistente, si scatenano desideri istintivi di scavare fossati tali da impedire l’accesso al “nemico”. Tristi considerazioni in un’epoca marchiata a fuoco dal dibattito globale che si pone il problema dell’autosufficienza degli Stati-Nazione di fronte all’avanzata di giganti continentali in grado di spostare, forse irreversibilmente, il baricentro mondiale. 

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